Le elezioni politiche in Irlanda si sono concluse con la vittoria del Sinn Féin, forza nazionalista di sinistra che gli avversari continuano ad associare all’IRA. Il Sinn Féin è risultato quindi il partito che ha preso più voti, superando i due principali partiti del Paese, i conservatori del Fianna Fàil e del Fine Gael, che dagli anni ’30 ad oggi si sono alternati al Governo.
Al Sinn Féin è andato il 24,5% delle preferenze, cioè 10 punti percentuale in più rispetto ai consensi totalizzati nel 2016. Il secondo partito è il Fianna Fail, che sotto la guida di Micheal Martin ha raggiunto il 22,2% delle preferenze, seguito dall’altro principale partito conservatore del Paese, il Fine Gael del primo ministro uscente Leo Varadkar, che ha totalizzato il 20,9% delle preferenze.
Il Sinn Féin è diventato così il primo partito d’Irlanda, ma non quello con più seggi in Parlamento. In base alla legge elettorale che vige attualmente in Irlanda, al Sinn Féin vanno 37 dei 160 seggi a disposizione, mentre ne vanno 38 al Fianna Fail e 35 al Fine Gael.
Altri 12 seggi spettano invece ai Verdi, mentre ai laburisti e ai socialdemocratici ne toccano 6. Un altro seggio spetta poi all’alleanza tra i due partiti di sinistra Solidarity e People Before Profit, e i 21 seggi restanti verranno distribuiti tra partiti indipendenti.
L’Irlanda alle elezioni anticipate
Al voto in Irlanda ci si è arrivati dopo una serie di crisi di Governo che hanno indebolito il primo ministro uscente Leo Varadkar, leader del partito conservatore Fine Gael. I sondaggi politici citati dall’Irish Times, da Politico e dal Financial Times ci avevano visto giusto, dando per vincente il partito nazionalista Sinn Féin che per la prima volta nella storia della Repubblica irlandese entrerà a far parte del Governo di Dublino.
Un cambio di direzione quindi anche per l’Irlanda, che per 90 anni è stata guidata sempre dagli stessi due partiti conservatori: il Fine Gael guidato dal primo ministro uscente, e il Fianna Fail, guidato da Micheal Martin.
Questi partiti conservatori sono entrambi filoeuropeisti e collocabili nell’area di centrodestra, ma da sempre rivali per motivi storici che affondano le proprie radici nel periodo in cui il Paese lottava per l’indipendenza dal Regno Unito.
Come importanza politica il terzo partito era proprio il Sinn Féin, nome che in gaelico irlandese vuol dire “noi stessi”. Questa forza politica è molto più affermata nell’Irlanda del Nord, dove da sempre si schiera a favore dell’indipendenza dalla Gran Bretagna per l’Irlanda unita.
Un notevole sostegno al Sinn Féin è arrivato in questi ultimi anni anche dal resto d’Irlanda, in particolar modo da quando la crisi economica del 2008 ha colpito il Paese, e gli elettori hanno smesso di considerare il Sinn Féin come un “single-issue party” cioè come una forza politica che ha un solo obiettivo, in questo caso quello dell’unità dell’Irlanda.
Il Sinn Féin si presenta quindi come un partito contrario alle politiche di austerity dell’Ue, in linea con lo spagnolo Podemos, e con Syriza in Grecia. Tra le battaglie che il Sinn Féin ha sposato in questi ultimi anni, quella per legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso (2015) e quello per la legalizzazione dell’aborto (2018) conquistando in questo modo una sempre più ampia fetta dell’elettorato più giovane.
Il Sinn Féin ha comunque trovato notevoli difficoltà ad imporsi nell’Irlanda di Dublino, in particolar modo per via dei suoi rapporti con l’IRA. Il partito infatti durante il conflitto nordirnladese, che si è concluso nel 1998 con l’Accordo del Venerdì Santo, era il braccio politico dell’IRA e spingeva quindi per l’unificazione dell’Irlanda e per la separazione da Londra.
Un’immagine che spaventava una parte dell’elettorato, immagine dalla quale il partito ha quindi cercato di distanziarsi. Per offuscare il ricordo degli anni in cui il Sinn Féin era strettamente collegato all’organizzazione paramilitare dell’IRA, si è deciso di cambiare la leadership che è passata da Gerry Adams, nativo di Belfast e a capo del partito da 35 anni, a Mary Lou McDonald.
La McDonald è una ex europarlamentare da sempre attiva su temi cari ai progressisti, ritenuta molto abile a lavorare all’interno di una coalizione, ma cosa più importante dovrebbe finalmente dare al Sinn Féin un’immagine diversa. “La nuova leader non deve negare intervista dopo intervista di essere stata un membro dell’IRA” ha infatti scritto Politico, a conferma dell’importanza prioritaria del tema del nuovo volto per il partito.
La ‘vittoria mutilata’ del Sinn Fèin
Il Sinn Féin, con il suo nuovo volto ripulito dall’ombra dell’IRA, ha portato a casa il risultato e si è piazzato primo alle elezioni politiche. Una vittoria che però non gli consentirà di avere un numero di seggi sufficiente per governare da solo, così come un numero di seggi sufficiente non lo hanno le altre forze politiche, a cominciare proprio dai due principali partiti irlandesi, il Fianna Fail e il Fine Gael.
Il Sinn Féin si è presentato alle elezioni con soli 42 candidati, mentre i seggi della Camera bassa del Parlamento irlandese, il Dail, sono 159. Un numero di candidati piuttosto basso quindi, che si scontra con quello del Fianna Fail, 84 candidati, e del Fine Gael, 82. Secondo Politico, il basso numero dei candidati rifletterebbe le difficoltà che il partito sta riscontrando nell’adattarsi ad una crescita di consensi molto rapida, ed avrebbe limitato la sua vittoria.
Il Sinn Féin è poi un partito al cui interno convivono, non sempre in armonia, diverse correnti. Un partito diviso sulle politiche economiche di sinistra ad esempio, ma anche e soprattutto per il suo passato al fianco dell’IRA, e questo potrebbe penalizzarlo in vari modi anche all’indomani dell’ottimo risultato conseguito alle urne.
Un sistema elettorale che non premia certo l’ascesa del Sinn Féin, visto che prevede un vantaggio per le cosiddette “seconde scelte” penalizzando invece quei partiti che risultano molto impopolari tra i non-elettori.
In pratica l’elettore può assegnare sulla scheda più di una preferenza, numerando i candidati. In questo modo, chi vota ad esempio uno dei principali partiti conservatori, che pertanto si riconosce almeno in parte nel secondo dei due, darà il proprio voto al proprio partito, esprimendo come seconda scelta il secondo dei due, ma di certo non darà nessuna preferenza al Sinn Féin, che è invece su posizioni molto distanti.
Ma ora che il dado è tratto e il Sinn Féin in un modo o nell’altro è risultato il primo partito d’Irlanda, si prospetta uno scenario ancor meno incoraggiante. I due partiti conservatori infatti, da sempre su posizioni molto simili, ed entrambi collocabili nell’area di centrodestra, potrebbero decidere di trovare un accordo per formare un Governo insieme, magari insieme ai Verdi o coi Laburisti, escludendo però i nazionalisti del Sinn Féin.
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