Non è facile immaginare quale sarà lo sviluppo degli eventi che stanno interessando il Movimento 5 Stelle, che in questi giorni, per non dire settimane o forse mesi, si trova ad attraversare una fase di crisi identitaria nella quale è totalmente immerso da ogni punto di vista.
Metà dell’elettorato che gli ha dato fiducia nel marzo del 2018 è tornato sostanzialmente da dove era venuto, per lo più dall’astensione per essere chiari, con buona parte di indecisi che sono tornati tali, e che in un eventuale ritorno alle urne potrebbero decidere proprio di astenersi. Di certo però non ridarebbero il proprio voto al Movimento 5 Stelle, non a quello che sembra essere diventato.
Ed è proprio questo il punto, perché il Movimento 5 Stelle è cambiato, si è evoluto secondo alcuni, parere positivo che proviene perlopiù da chi si riconosce nelle forze di centrosinistra, ma è peggiorato, stando a sentire l’anima più “di destra” di un movimento che di anime ne ha fin troppe.
Sono cambiate le alleanze quindi, e se la leadership di Luigi Di Maio fino ad ora è sempre stata la costante del Movimento 5 Stelle, tra un paio di settimane appena potrebbe non esserlo più. Insomma il Movimento 5 Stelle è sicuramente cambiato da quando è nato il primo Governo Conte, ma il punto è che continua a cambiare, per diventare cosa però non è ancora dato saperlo.
Quel che sembra ormai certo è che la leadership di Di Maio potrebbe avere una scadenza ormai vicina, perché è stato lui stesso a dire di essere pronto a cedere il posto. Che siano state parole sue o meno, la fonte da cui giunge la notizia è il M5s e la notizia non è stata smentita.
Nel futuro del M5s due strade, e si inizia con gli Stati generali
È stato attaccato sia dall’esterno che dall’interno del Movimento, Luigi Di Maio, che sembra spesso ritrovarsi suo malgrado a ricoprire il ruolo di capro espiatorio. Di fatto è probabilmente l’unico esponente del M5s in grado di gestire le numerose anime che compongono la creazione di Beppe Grillo, una forza politica giovane, e come un giovane si trova in quella fase in cui cerca la propria identità.
L’epoca Di Maio sembra volga a termine, con il suo annuncio di dimettersi dal ruolo di capo politico, e nel futuro del Movimento si profila un bivio. A marzo, il giorno 14, in programma il meeting degli Stati generali, evento con il quale si potrebbe iniziare a capire quale strada prenderà il M5S.
Se si passerà ad una gestione collegiale, affidata quindi a un direttorio all’interno del quale sussista comunque una figura di primus inter pares, identificabile ad esempio nello stesso Luigi Di Maio, qualora lo volesse, o ancora in Beppe Grillo. Oppure si opti per la vecchia formula del capo politico ‘indiscusso’ come è stato fino ad oggi.
In passatto era stato lo stesso Grillo a mostrare una certa diffidenza riguardo alla guida collegiale, ma non è da escludere che il suo punto di vista col tempo sia cambiato. Possiamo dire per certo che è cambiato il suo approccio nei confronti di una forza politica come quella del Pd. D’altra parte nessuno dei grillini della prima ora si sarebbe mai aspettato la benedizione che Grillo ha dato all’alleanza con i dem, eppure c’è stata.
Ma nel futuro del Movimento 5 Stelle potrebbe esserci veramente di tutto, e non sono pochi coloro che temono che alla fine possa esserci una vera e propria spaccatura. Un’esplosione secondo alcuni, con ‘pezzi’ di M5s che vanno a finire, come ora sembra stia già accennando ad accadere, nella Lega, nel gruppo Misto, o persino in Italia Viva o in Fratello d’Italia.
Luigi Di Maio lascia la leadership del M5s, staffetta con Di Battista?
Uno scenario, quello di un passaggio della leadership da Luigi Di Maio ad Alessandro Di Battista che non è da escludere, e che piacerebbe ai ‘puristi’ del Movimento 5 Stelle. La posizione di Di Maio è quella di un Movimento che si propone come terza via, non con la Lega e non con il Pd, ma disposto a convergere su obiettivi, su temi, con delle finalità che non sono quelle del risultato elettorale o della vittoria fine a se stessa.
Niente alleanza in caso di tornate elettorali, non si sostengono candidati del Pd o della Lega o di qualsivoglia partito politico, ma sì al dialogo costruttivo. Una linea che sembra sempre più lontana da quanto sembra delinearsi in quest’ultimo periodo, con un avvicinamento al Pd a scapito dell’identità originale del Movimento.
Non ci sarebbe quindi, almeno nella visione di Di Maio, l’alleanza fissa con il Pd, nè tantomeno la fusione in uno dei due poli. Niente abolizione della regola dei due mandati quindi, che comunque nei 5 Stelle sarebbero in molti a vedere di buon occhio, e questo aprirebbe la strada ad un eventuale ritorno del Dibba, che di mandati alle spalle ne ha solo uno.
Eppure se il Movimento dovesse prendere la direzione che viene indicata dal suo fondatore, e appoggiata da altri nomi noti come quello di Roberto Fico, o Giorgio Trizzino, nel futuro 5 Stelle potrebbe esserci proprio l’asse con il Pd.
Alessandro Di Battista invece, come accennato, sembra più sulla lunghezza d’onda di Di Maio, e lo ha detto a chiare lettere in una lettera che ha inviato a Il Fatto Quotidiano, nella quale elogia il lavoro svolto dal collega Di Maio.
Poi ci sono altri nomi ai quali guardare con interesse nel tentativo di leggere quello che è il processo di cambiamento che attraversa il Movimento 5 Stelle. Uno di questi è il sindaco di Torino, Chiara Appendino, il cui mandato come primo cittadino scade nel 2021.
Il documento dei senatori 5 Stelle
La figura del capo politico non piace però ad alcuni senatori del Movimento 5 Stelle, che mentre alcuni esprimono un malcontento generico e privo di sostanza abbandonando la forza politica nella quale sono stati eletti a favore di posizioni più comode, se non altro tentano di cambiare ciò che ritengono non vada bene, restando al suo interno e rispettando l’impegno preso con gli elettori.
Così mentre i deputati Massimiliano De Toma e Rachele Silvestri lasciano il M5s aderendo al gruppo Misto, portando così il numero di deputati pentastellati da 213 a 211, un gruppo di senatori del MoVimento presenta un documento con il quale si chiede di eliminare la figura del capo politico e si auspica una gestione collegiale ed assembleare sulla linea politica.
Non solo, nello stesso documento si chiede la riforma del sistema delle rendicontazioni, e lo stop alla figura del garante del Movimento. Beppe Grillo dovrebbe quindi ricoprire il ruolo di presidente della forza politica che ha creato.
Nello stesso documento si tiene a precisare che non vi è alcuna intenzione di generare uno strappo nella maggioranza, e si conferma l’impegno con il Pd e le altre forze di centrosinistra nel portare avanti il programma dell’attuale esecutivo.
Insomma i cambiamenti riguarderebbero Di Maio e Grillo in sostanza, ma anche il sistema delle rendicontazioni. Per le restituzioni infatti si propone di versare tutto su un conto corrente gestito da un organismo di trasparenza, con lo scopo di lasciare ogni risorsa all’interno dello stesso Movimento.
Bisogna poi vedere come verranno gestiti i vari casi dei parlamentari 5 Stelle poco inclini alle restituzioni. Infatti non sono pochi quelli che hanno rendicontato poco e niente per l’anno 2019, e il tempo è decisamente prossimo a scadere, così si inizia a pensare già alle possibili espulsioni.
“Si precisa che il documento illustrato da alcuni senatori del movimento 5 Stelle durante l’odierna assemblea non prevede alcuno ‘stop al ruolo del garante del Movimento'” riferisce l’ufficio stampa del M5s “né alla figura del capo politico. In tale documento è stata avanzata la proposta di dar vita a un ‘organismo collegiale democraticamente eletto’“.
Altra interessante novità dovrebbe riguardare poi la piattaforma Rousseau, che dovrebbe essere sottratta a Casaleggio e destinata ad un gruppo di garanti.
Paragone: “con Di Battista lavoreremo insieme”
In tutto questo caos a 5 Stelle si va a collocare poi la figura di Gianluigi Paragone espulso dal Movimento 5 Stelle pochi giorni fa dopo non aver votato la manovra economica 2020.
Paragone infatti è stato intervistato dalla trasmissione Mezz’ora in più su Rai 3, dove ha espresso l’intenzione di avviare un progetto proprio insieme ad Alessandro Di Battista.
“Io e Alessandro Di Battista vogliamo mettere insieme qualcosa di culturale che si richiama alle origini del Movimento, magari un gruppo di lavoro o uno spettacolo teatrale. Siamo in contatto da tempo e abbiamo le idee chiare” ha detto Paragone, che ha poi aggiunto: “tutti sanno che i compagni di scuola e di paese di Di Maio sono stati piazzati nei ministeri, il Movimento non può fare questa cosa. Luigi non si dimette, farà di tutto per rimanere appiccicato al suo potere”.
Un nuovo progetto politico? Un partito? Paragone non delinea un piano preciso, ma su quello che aspetta il Movimento 5 Stelle ha delle chiare convinzioni, e spiega che è destinato ad “una naturale implosione”.
“Io e Alessandro sicuramente dobbiamo mettere in piedi qualcosa di culturale rispetto alle posizioni di un tempo di M5s, essere ancora antisistema” spiega ancora Paragone, che nel descrivere la sua idea accenna anche al determinante ruolo dei social “pensiamo a un gruppo di lavoro, che trova nelle pagine social un elemento di condivisione” e poi annuncia: “magari daremo vita a uno spettacolo teatrale che spieghi il perché di certe cose”.
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