Il referendum alla fine si farà lo stesso, ma la raccolta firme organizzata dal Partito Radicale si è rivelata un completo flop. L’obiettivo da raggiungere nelle piazze italiane era quello di 500 mila firme, che avrebbero consentito un referendum confermativo senza quorum, ma il totale delle firme che sono alla fine pervenute al conteggio si è fermato a 669.
Un disastro, si direbbe, ma la colpa non sarebbe dei Radicali, un flop che non dipenderebbe nemmeno dalla scarsa condivisione della causa, ma sarebbe invece colpa dei media. Proprio così, perché a sentire gli organizzatori della raccolta firme, intorno alla questione del referendum sarebbe calato il totale silenzio stampa, e senza informazione quella di raggiungere le 500 mila firme era diventata una missione impossibile.
I Radicali hanno quindi parlato di “censura” da parte dei mass media, e hanno poi invocato l’aiuto della Lega. “Abbiamo dato il nostro contributo affinché anche la gamba istituzionale, quella della raccolta firme tra i senatori andasse a buon fine” hanno dichiarato il segretario Maurizio Turco e la tesoriera del Partito Radicale Irene Testa “dobbiamo innanzitutto ringraziare la Lega per aver raccolto il nostro appello e i senatori firmatari per aver consentito che si tenga il referendum”.
Alla fine infatti il referendum ci sarà, grazie alle firme degli ultimi ritardatari. Il quorum da raggiungere con le firme dei parlamentari era di 64, e grazie alla Lega il target è stato raggiunto e superato. Verso le 15 di ieri, i tre promotori dell’iniziativa per il referendum contro il taglio delle poltrone, Andrea Cangini e Nazario Pagano di Forza Italia, insieme a Tommaso Nannincini del Partito Democratico, si sono presentati in Cassazione per depositare le 71 firme raccolte.
Quorum superato con 7 firme in più di quelle necessarie, e non tarda ad arrivare il commento dei parlamentari del M5s che ironizzano: “non hanno resistito alla voglia di tenersi strette le poltrone e a quanto pare è arrivato l’aiutino della Lega”.
“Non vediamo l’ora di dare il via alla campagna referendaria per spiegare ai cittadini che ci sono parlamentari che vorrebbero bloccare questo taglio, fermando così il risparmio di circa 300 mila euro al giorno per gli Italiani che produrrebbe l’eliminazione di 345 poltrone” aggiungono poi i 5 Stelle.
Una raccolta firme che ha esitato a decollare anche tra i parlamentari in realtà, visto che il numero delle firme raccolte sembrava insufficiente fino a poco prima della scadenza. Alcuni sottoscrittori infatti avevano ritirato il proprio consenso, in particolare quelli dell’area politica che si colloca vicino a Mara Carfagna, quel centrodestra cui tutto sommato la sopravvivenza del Conte bis non dispiace.
“Quello sul taglio dei parlamentari è un referendum salva-poltrone” ha scritto proprio Mara Carfagna in una nota “è un vero e proprio trucchetto che ha come unico obiettivo quello di costringere gli Italiani a eleggere nuovamente mille parlamentari, anziché seicento. Per questo ai colleghi senatori che mi hanno chiesto un parere ho detto: non prestatevi a un giochino di Palazzo che screditerà la politica, squalificherà Forza Italia, resusciterà il populismo”.
Nella stessa nota della Carfagna si legge ancora: “la riduzione dei parlamentari è stata approvata con il sì di Forza Italia appena tre mesi fa, dopo quattro letture. Chi vuole il referendum per rimandare il taglio dei parlamentari lo dica apertamente, ci metta la faccia e non utilizzi giochi di palazzo”.
I nomi di coloro che vogliono il referendum contro il taglio dei parlamentari, e hanno apposto la propria firma, non sono però ancora noti. La lista definitiva dei firmatari infatti non è stata ancora resa pubblica. Pare comunque che tra di essi ci siano due parlamentari che hanno lasciato il M5s, Ugo Grassi e Francesco Urraro, mentre hanno ritirato la propria i senatori del Pd Francesco Verducci e Vincenzo D’Arienzo.
Da quanto si è appreso il cambio di posizione dei due senatori dem dipenderebbe da “un fatto politico nuovo” e cioè dalla presentazione della proposta della nuova legge elettorale sul modello tedesco, vale a dire un proporzionale con soglia di sbarramento al 5%.
Ha ritirato la propria firma anche il senatore del Movimento 5 Stelle Mario Michele Giarrusso che ha spiegato: “l’ho ritirata perché la mia posizione è stata strumentalizzata da alcuni e travisata da altri. Rimango dell’idea che dare la parola ai cittadini con un referendum confermativo senza quorum, è una scelta in linea con la nostra storia di impegno per la democrazia diretta” e ha poi concluso: “a me dispiace aver lasciato la bandiera della democrazia diretta nelle mani di chi non la merita”.
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