Lo scopo di questo secondo esecutivo, almeno in quelle confuse fasi iniziali, doveva essere solo quello di scongiurare l’aumento dell’IVA previsto dalle clausole di salvaguardia, ed approvare la riforma costituzionale che prevede il taglio dei parlamentari. Dopodiché, dicevano gli stessi esponenti del Movimento 5 Stelle, si sarebbe anche potuto ridare la parola agli elettori.

L’idea di un Governo di scopo però non piaceva del tutto, in particolar modo al Pd di Nicola Zingaretti, e alla fine, dopo una gestazione travagliata, si è giunti ad un accordo per avviare il nuovo esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Un’alleanza, quella tra il M5s e il Pd che ha fatto storcere il naso a una buona parte dell’elettorato grillino, una parte che sarebbe stata ancora più consistente se solo metà di quell’elettorato non si fosse perso per strada nel corso degli 11 mesi di governo giallo-verde.

Ed eccoci ora con una manovra economica approvata e già pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Sterilizzate le clausole di salvaguardia, e l’iter per la riforma costituzionale che porterà al taglio dei parlamentari sta procedendo. Eppure il futuro del Governo è quanto mai incerto, e non è da escludere che possa cadere questo stesso mese di gennaio 2020.

Sono almeno 4 le situazioni delicate che il Governo a trazione 5 Stelle – Centrosinistra dovrà affrontare. Prima tra tutte proprio quella che riguarda il referendum sulla legge elettorale.

1.Il referendum sulla legge elettorale

Il primo punto debole di questo Governo è rappresentato proprio dall’iter che porterà, o che dovrebbe portare, al taglio del numero dei Parlamentari.

Sono previsti due referendum separati, ma che riguardano la stessa riforma. Il primo, che è già stato approvato, è previsto per il 12 gennaio, ed è stato indetto su iniziativa del Movimento 5 Stelle e serve a ridurre il numero dei parlamentari.

Il secondo referendum invece è stato proposto dalla Lega, e mira ad introdurre in Italia un sistema elettorale sul modello di quello britannico. Su questo secondo referendum è attesa però la sentenza della Corte Costituzionale che dovrebbe pronunciarsi entro la data del 15 gennaio prossimo.

A vederci tutti i presupposti per una crisi di governo è la stessa Bloomberg, che ritiene che l’esecutivo a trazione giallo-rossa potrebbe fare la stessa fine di quello guidato da Matteo Renzi, che non sopravvisse al referendum costituzionale del dicembre 2016.

Stiamo parlando di situazioni molto diverse, è vero, soprattutto perché fu proprio Matteo Renzi a personalizzare quel referendum, facendolo diventare un verdetto sul suo operato, ed il verdetto fu impietoso nei sui confronti.

In questo caso il referendum potrebbe decretare la fine dell’esecutivo per ragioni ben diverse, legate proprio alla sua natura. Infatti se l’esito del referendum dovesse determinare l’approvazione della riforma costituzionale e quindi il taglio del numero dei parlamentari, molti di coloro che siedono oggi alla Camera e al Senato, potrebbero iniziare a vedere di buon occhio un ritorno anticipato alle urne, prima che il nuovo sistema entri in vogore.

2.L’asse Renzi-Salvini

Ecco un altro punto debole del Governo giallo-rosso. La figura di Matteo Renzi, da tempo ambigua nei confronti dell’esecutivo, potrebbe determinare la fine prematura del Governo, così come è stato proprio per sua iniziativa che questo stesso Governo ha avuto inizio a settembre.

Ma in che modo Renzi potrebbe essere il tallone d’Achille del Governo? Sostenendo l’altro Matteo. Ma cerchiamo di capire esattamente cosa sta succedendo. Il 20 gennaio ci sarà il voto della Giunta per le Immunità del Senato col quale si potrebbe autorizzare i magistrati a procedere con il processo contro Matteo Salvini, attualmente indagato per sequestro di persona per quanto accaduto nel mese di luglio.

All’epoca Matteo Salvini era il titolare del Viminale ed aveva impedito ad una nave di salvataggio con dei migranti a bordo di attraccare sulle coste siciliane.

Proprio nel mese di gennaio quindi, come accennato, ci sarà il voto della Giunta per le Immunità del Senato, ed è qui che entra in gioco Matteo Renzi, il quale, stando a quanto egli stesso ha dichiarato, è pronto a sostenere il leader del Carroccio.

3.Le elezioni regionali in Emilia Romagna

Le elezioni regionali in Emilia Romagna potrebbero realmente compromettere irreparabilmente la stabilità dell’attuale Governo. Il rischio che il candidato del centrosinistra, Governatore uscente della Regione Stefano Bonaccini, possa essere sconfitto dalla candidata della Lega Lucia Borgonzoni è concreto e tangibile.

Il centrosinistra in questo caso, dopo l’Umbria, perderebbe una seconda regione rossa. In Umbria la sconfitta fu pesante, ma non poteva destabilizzare il Governo per due motivi. Prima di tutto senza nulla togliere all’Umbria, si tratta di una regione con meno di 800 mila aventi diritto al voto, mentre l’Emilia Romagna è una delle più popolose d’Italia.

In secondo luogo in Umbria il Pd e il Movimento 5 Stelle hanno corso insieme presentando un candidato comune, con esito disastroso per i 5 Stelle. In Emilia Romagna invece il M5s presenterà un proprio candidato, e questo potrebbe risultare determinante per la sconfitta degli alleati di governo, che anche se dati in vantaggio dagli ultimi sondaggi politici, potrebbero perdere anche se di misura.

4.Revoca delle concessioni autostradali e crisi dell’Ilva

Sono in realtà due problematiche separate e distinte, che in modi diversi potrebbero determinare la caduta del secondo Governo Conte.

La crisi dell’ex Ilva ha messo duramente alla prova la solidità del Governo, che ha dovuto far fronte ad una trattativa estenuante, dalla quale dipendono migliaia di posti di lavoro nonché la sopravvivenza del comparto siderurgico italiano, che se compromessa esporrebbe il Paese al mercato delle importazioni, dalle quali finirebbe per dipendere completamente per il fabbisogno interno.

La trattativa con ArcelorMittal continua a procedere a rilento, ed il Governo non può escludere ancora nessuna soluzione, dalla partecipazione dello Stato con la Cassa depositi e prestiti, alla riconversione dell’intero stabilimento. Un eventuale insuccesso nella gestione di questa delicata situazione potrebbe costare caro all’attuale esecutivo.

Ancora più pericolosa invece la questione della revoca delle concessioni autostradali, sulla quale spinge con forza il Movimento 5 Stelle che continua a chiedere la risoluzione del contratto con il gruppo Atlantia di proprietà della famiglia Benetton.

Le altre forze che compongono la maggioranza continua a frenare, e sembrano poco disposte a cedere terreno al M5s, il cui leader Luigi Di Maio ha già annunciato l’inserimento di una misura ad hoc nel decreto Milleproroghe.
E secondo Bloomberg la sopravvivenza del Conte bis potrebbe dipendere anche da questo.

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