Se ne era parlato un paio di settimane fa, della possibile espulsione del senatore del Movimento 5 Stelle Gian Luigi Paragone, che non aveva votato la fiducia al Governo sulla manovra economica 2020. Un No che gli è costato alla fine la cacciata dal movimento fondato da Beppe Grillo.
Si pensava che le probabilità di una espulsione fossero basse, essendo Paragone un senatore di peso, consigliere di Luigi Di Maio, eppure alla fine è stata proprio quella la decisione presa dal Collegio dei Probiviri, composto da Raffaella Andreola, Jacopo Berti e Fabiana Dadone.
Una decisione che è stata comunicata all’interessato il primo gennaio, a sostegno della quale vengono addotte diverse motivazioni, una delle quali proprio il voto contrario sulla legge di bilancio, espresso, secondo la “sentenza” dei probiviri, in difformità dal gruppo parlamentare.
Paragone: “sono stato espulso dal nulla”
Su Facebook il giornalista televisivo, senatore del Movimento 5 Stelle eletto nelle politiche del 2018, ha commentato l’espulsione pubblicando la foto di una pagina di carta intestata di Palazzo Madama con una scritta a penna che recita: “sono stato espulso dal nulla. C’era una volta il 33%… Ora…”
Era metà dicembre quando Gianluigi Paragone aveva richiamato su di sè l’attenzione dei probiviri, in occasione della votazione della fiducia posta dal Governo sulla Legge di Bilancio 2020. In quei giorni il senatore fu anche intervistato da Agorà su Rai 3, e in quell’occasione aveva rilasciato delle dichiarazioni che non potevano non scuotere i vertici del Movimento 5 Stelle.
“Perché dovete parlare di Di Maio come capo politico?” chiese provocatoriamente Paragone ad Agorà “non ha più il potere del capo politico, ce l’ha solo scritto sul biglietto da visita”. Un commento che naturalmente Luigi Di Maio non apprezzò, ma allora, come anticipato, in pochi credevano che si sarebbe arrivati davvero all’espulsione, anche perché i numeri in Parlamento sono un problema che continua a crescere di giorno in giorno per i 5 Stelle.
Le repliche non tardarono ad arrivare. Si espresse anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che aveva definito “opinione oggettivamente sbagliata” quella espressa da Paragone, e aveva anche aggiunto: “Di Maio è stato riconfermato dai cittadini. Ci sono 300 parlamentari circa dei 5 Stelle che lavorano dalla mattina alla sera e si rimettono alla maggioranza”.
“Poi c’è qualcuno che va nelle trasmissioni un giorno sì e l’altro pure, a dire che non è d’accordo che poi arriva un punto che uno si chiede: ma se non sono mai d’accordo con questo gruppo, forse non è arrivato il momento di dimettermi e tornare a fare il mio lavoro?” diceva Bonafede.
Un commento arrivò anche da parte del ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli che annunciò l’apertura “automatica di una procedura davanti ai probiviri”. Infatti la procedura fu aperta proprio nei giorni in cui Beppe Grillo e Davide Casaleggio si erano incontrati a Roma coi gruppi parlamentari del M5s per un’assemblea straordinaria.
In quell’occasione però Paragone non fu presente, anzi si trovava con alcuni attivisti tra i quali c’era proprio l’ex deputato Alessandro Di Battista. A dimostrare la presenza del Dibba alcuni scatti che sono stati pubblicati su Il Tempo.
Il voto contrario alla fiducia posta dal Governo sulla legge di bilancio non fu però l’unica occasione in cui Gian Luigi Paragone aveva preso le distanze dal Movimento 5 Stelle. Quando ci fu la crisi del primo Governo Conte che portò alla fine dell’alleanza con la Lega di Salvini, Paragone votò contro l’alleanza con il Pd per la formazione del nuovo esecutivo.
Contrario fu anche il voto sulla risoluzione sul cosiddetto fondo Salva Stati e a metà dicembre è arrivato anche il no sulla manovra economica, che Paragone ha spiegato dicendo: “è una manovra in cui manca la nostra visione del Paese e non potevo votarla. Dovremmo dare delle risposte a tutti quelli che ci hanno votato, ma non lo stiamo facendo”.
E quanto alla possibilità di essere espulso dal Movimento per quell’ennesima presa di posizione in difformità rispetto alla linea della sua forza politica, Paragone aveva commentato: “hanno voluto costruire un movimento basato sul vaffa. Se vorranno cacciarmi, lancerò loro il mio vaffa e gli aggiungerò anche il dito medio. Poi mi opporrò, questo è sicuro. Non glie la renderò facile, dovranno sudare”.
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