Dopo la crisi d’agosto causata dal colpo di mano dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, e la nascita del nuovo governo a maggioranza Pd-5 Stelle, per un po’ sembrava che si fosse raggiunta una certa stabilità. La sensazione però ha avuto vita breve, perché l’esecutivo da un pezzo a questa parte ha iniziato a incassare un colpo dietro l’altro, e ora sembra sul punto di finire a tappeto.

“Il governo non cadrà né ora né a gennaio” ha provato a rassicurare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, parole che seppur dette con convinzione non hanno tranquillizzato nessuno, e soprattutto non bastano a rassicurare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che stando a quanto scritto da Marzio Breda su Il Corriere, nutre seri dubbi sul futuro del governo giallo-rosso.

All’esecutivo non ha fatto bene la scissione dei renziani che ha portato alla nascita di Italia Viva, un partito che sostiene la maggioranza a intermittenza, portando avanti una logorante opposizione interna. Non ha giovato il pessimo risultato raccolto, specie dal M5s, in occasione delle regionali in Umbria, una regione rossa dal dopoguerra che passa al centrodestra. Ennesima conferma di quanto gli Italiani stiano delegittimando l’attuale maggioranza.

Ma i colpi andati a segno sono davvero tanti, e non è tanto quello il problema, quanto il fatto che il peggio sembra proprio debba ancora arrivare. Le criticità che il governo Conte bis sta per affrontare potrebbero metterlo seriamente a rischio, dal nodo dell’ex Ilva a quello del Mes, per non parlare del temuto esito delle elezioni regionali in Emilia Romagna.

“Altro nodo quel Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità) su cui le polemiche politiche hanno già sfiorato l’isteria, irritando il presidente, e che costituisce un banco di prova con l’Ue” spiega Breda sul Corriere “Urgente è poi la decisione per una legge quadro sulle autonomie differenziate, materia che i 5 Stelle detestano”.

E purtroppo non è tutto. “Dal 20 del mese prossimo la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi sull’iniziativa referendaria presentata dal leghista Calderoli per eliminare la quota proporzionale dal sistema di voto, e ciò potrebbe destabilizzare i progetti di alcune forze politiche” si legge ancora sul Corriere “e un punto interrogativo pesante rappresenta il taglio dei Parlamentari, operativo dal 12 gennaio, sempre che qualcuno non raccolga prima le firme per un referendum confermativo”.

E se anche fin qui, in qualche modo, il governo M5s-centro sinistra dovesse reggere l’impatto, un altro duro colpo, probabilmente determinante arriverà a gennaio, con il verdetto delle elezioni regionali in Emilia Romagna.

Qui il problema non è solo che il centrosinistra rischia seriamente di perdere la regione rossa per antonomasia, una regione che oltretutto non conta solo sei o settecentomila elettori come l’Umbria, ma anche e soprattutto il fatto che il M5s ha deciso di correre per conto proprio con un candidato proprio, mostrando in maniera evidente quanto sia lasca la stretta di mano che unisce le due forze alla guida dell’attuale esecutivo.

Un’alleanza che sempre di più sembra destinata ad avere vita breve nonostante le parole dello stesso Beppe Grillo, chi lo avrebbe mai detto, che ha dato la sua benedizione all’inaspettata e maldigerita unione. Un problema che non si risolve facilmente anche perché se stringe il vincolo con il Pd, il M5s perde consensi e peso politico. Se il vincolo si allenta, il M5s potrebbe recuperare qualcosa, ritrovare la propria identità perduta, ma nel frattempo la Lega e il centrodestra cambiano il colore della cartina dell’Italia.

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