L’addio da parte di ArcelorMittal allo stabilimento siderurgico dell’ex Ilva di Taranto è ormai pronto. L’azienda franco-indiana ha infatti depositato in tribunale l’atto di recesso dal contratto di affitto per l’acciaieria più grande d’Europa. Una mossa invero già preannunciata da tempo, ma sulla quale il governo cerca ancora di intervenire con una contromossa.
I sindacati intanto lanciano l’allarme e avvertono: “la produzione si sta già fermando, con effetti irreversibili”. Ed ecco che l’esecutivo si ritrova a presentare tramite i commissari dell’ex Ilva un ricorso d’urgenza contro il recesso che per il premier Conte resta assolutamente illegittimo.
In attesa che sia pronto un piano B, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si prepara ad intavolare una nuova trattativa con l’ArcelorMittal, ma la data dell’incontro resta da concordare. Una situazione che invece di sbrogliarsi sembra però complicarsi ulteriormente, soprattutto vista l’opposizione da parte del Movimento 5 Stelle al ripristino dello scudo penale.
Promettono battaglia in particolare i parlamentari pugliesi del M5s, e per l’esattezza quelli tarantini, che si oppongono fermamente all’ipotesi del ripristino dello scudo penale. Lo stesso Luigi Di Maio da loro man forte e chiarisce la posizione ufficiale del MoVimento “se fai un disastro ambientale paghi” afferma il leader pentastellato.
Una questione che ormai assume tutte le connotazioni di uno scontro politico ed il Partito Democratico entra in allarme. “Senza una voce unica” si rischia il collasso della maggioranza, avvertono i dem, e intanto circola la voce, smentita però da Palazzo Chigi, che il premier Conte stia programmando una nuova visita a Taranto, mentre il ministro Speranza parla di un “rafforzamento dei presidi sanitari” nel capoluogo pugliese.
La trattativa con ArcelorMittal
Il presidente del Consiglio, dopo aver invitato i ministri a portare proposte che portino ad una soluzione valida della questione dello stabilimento dell’ex Ilva, attende risposta dalla società franco-indiana in merito al meeting. Non si sa infatti quale sarà la data dell’incontro tra il governo e ArcelorMittal, che ancora non risulta essere stato fissato, quel che è certo invece è che la società ha presentato presso il tribunale di Milano l’atto di recesso.
Se la trattativa con ArcelorMittal dovesse fallire non resterebbe altra strada da percorrere se non quella legale. Tra le soluzioni alternative però il premier sta valutando anche la cessione a nuovi partner industriali, si fa ad esempio il nome di Jindal, già precedentemente invocato in vano. La società indiana infatti era arrivata seconda, dopo ArcelorMittal appunto, nella gara di assegnazione del bando per l’ex Ilva, ma aveva in questi giorni smentito un suo possibile interessamento per l’acciaieria tarantina.
Altra possibile soluzione potrebbe essere quella dell’entrata in gioco dell’impresa statale Fincantieri. D’altra parte, spiegano fonti vicine a Giuseppe Conte, bisogna tentare “il tutto per tutto” pur di evitare la chiusura dello stabilimento siderurgico.
Il “tutto per tutto” di Conte però comprenderebbe anche la disponibilità a concedere il reinserimento dello scudo penale. Vero è, e lo conferma il premier stesso, che per ArcelorMittal lo scudo penale è solo un pretesto, dal momento che la società ha chiaramente indicato un problema di natura industriale, ma il reinserimento dello scudo toglierebbe all’azienda ogni alibi in merito al recesso dal contratto.
Ma quando il premier tenta di spiegarlo ai parlamentari tarantini del Movimento 5 Stelle si trova ad andare contro un muro di gomma. In prima fila tra i contrari al reinserimento dello scudo Barbara Lezzi, non tarantina ma leccese, che al presidente del Consiglio risponde “te lo puoi scordare”. “Ma non capisci la gravità della situazione?” ribatte Conte, e intanto Luigi Di Maio si limita a ribadire che il Parlamento è sovrano e tranquillizza in merito al fatto che il governo resterà compatto, e che tuttavia non accetterà “ricatti”.
Arriva poi la proposta di Stefano Patuanelli, che per risolvere il problema suggerisce una norma ad hoc, valida per un periodo di tempo limitato, agganciata ad un programma di decarbonizzazione, e tra le fila del M5s la proposta ad alcuni non dispiace.
Preoccupazione per gli sviluppi della vicenda la esprimono anche i sindacati, che seppur su posizioni diverse chiedono ad ArcelorMittal di proseguire il confronto. Per il ministero del Tesoro è imperativo che la fabbrica resti attiva e funzionante, ritenendola di importanza strategica per un Paese come l’Italia che utilizza l’acciaio per la produzione di automobili e macchine utensili.
Il ministro Roberto Gualtieri parla quindi di “soluzione di mercato” mentre il capogruppo del Partito Democratico, Graziano Delrio, vede di buon occhio l’eventuale entrata in gioco della Cassa depositi e prestiti. “Il potenziale ingresso di Cdp è una buona idea” dice Delrio. Inoltre il governo sembra disponibile a dare un significativo contributo finanziando la cassa integrazione, dando sostegno sulla bonifica e facendo sconti gli impianti, anche per aprire la strada all’eventuale ingresso di Cdp.
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