Si sono concluse ieri in Spagna le quarte elezioni politiche in quattro anni, ma anche questa volta una vera maggioranza in grado di garantire un governo non c’è. “Sì, sì e sì, questa volta riusciremo a formare un governo progressista per sbloccare la situazione politica nel Paese” ha dichiarato il leader socialista Pedro Sanchez, poi rilancia la sfida e invita tutte le forze politiche “alla responsabilità”.
Lascia fuori però la destra estrema di Vox, lascia intendere Sanchez affermando che l’invito è rivolto a tutti “tranne a quelli che parlano di violenza e si autoescludono dalla convivenza democratica”. Solo che al di là delle dichiarazioni altisonanti la realtà politica spagnola non permette di fare grandi progetti al leader socialista, che da queste elezioni esce ancora più ridimensionato.
Infatti mentre la destra estrema di Vox ha raddoppiato i suoi consensi, diventando il terzo partito più votato in Spagna, i socialisti perdono altri seggi in Parlamento. In totale ci sono sei partiti, ma le alleanze possibili per Sanchez sono solo tre, ma nessuna maggioranza chiara, esattamente come si temeva alla vigilia di questo ennesimo appuntamento con le urne per i cittadini spagnoli.
I socialisti restano il primo partito ma perdono consensi
Il partito di Sanchez ha vinto le elezioni ma ha perso altri 4 seggi in parlamento. Rispetto al risultato che aveva conseguito nel mese di aprile scorso, quando di seggi ne aveva ottenuti 124, questa volta glie ne toccano solo 120, visto che la percentuale dei consensi è calata al 28%.
Un risultato che garantisce ai socialisti di rimanere il primo partito spagnolo, ma la loro posizione è sempre meno solida. La maggioranza nel parlamento spagnolo si raggiunge a 176 seggi sul totale dei 350 complessivi della Camera, un traguardo che si allontana ancora, ed ecco come mai l’esigenza di costruire un’alleanza con altre forze politiche.
Il Partito Popolare di Pablo Casado è riuscito a recuperare terreno rispetto al pessimo risultato conseguito sette mesi fa. I Popolari hanno ottenuto il 20,8% dei consensi ed ha così conquistato 88 seggi, ben venti in più di quelli che aveva prima.
Il vero vincitore di questo appuntamento con le urne, in un certo senso, è proprio il partito di estrema destra guidato da Santiago Abascal. Vox ha più che raddoppiato i suoi seggi ed è diventato il terzo partito spagnolo, passando da 24 a 52 seggi, per un totale di 3,6 milioni di voti, che corrispondono ad una percentuale del 15,1%. Il leader di Vox ha esultato per il risultato ottenuto gridando alla “fine della dittatura progressista”.
In netto calo invece il partito di Unidas Podemos guidato da Pablo Iglesias, che scende da 42 seggi a 35 fermandosi al 12,8% dei consensi. Un risultato che è forse dipeso anche dalla mancata intesa di governo coi Socialisti di Sanchez.
Disastroso invece il risultato del partito Ciudadanos che dai 57 seggi che aveva si ritrova con appena 10 seggi. Il partito unionista guidato da Albert Rivera ha subito un vero crollo, e si è ritrovato con percentuali a una cifra (6,8%). Riesce ad entrare in Parlamento anche se di poco, il partito di sinistra Mas Pais creato da Inigo Errejon e da altri fuoriusciti dalla formazione di Sanchez, ma si aggiudica solo 3 seggi grazie ad un misero 2,3%.
La strategia di Sanchez che non ha funzionato
Il leader socialista aveva fatto un appello prima del voto, chiedendo agli Spagnoli un voto che fosse in grado di dare finalmente un governo stabile al Paese “un voto per dare un governo alla Spagna” aveva detto, ma l’invito non è stato accolto, ed ecco ora un Paese più frammentato di prima.
La sua era una sfida lanciata contro i partiti di destra, e contro la sinistra di Unidas Podemos, una scelta quella di affrontare tutti nelle elezioni anticipate che avrebbe dovuto spingere gli elettori ad unirsi sotto i vessilli dei socialisti, a scegliere in modo ‘responsabile’, ma le cose sono andate diversamente. A Sanchez verrà affidato l’incarico di formare il nuovo esecutivo, questo è chiaro, ma la situazione non è cambiata affatto, insomma punto e a capo.
Ecco le possibili coalizioni di governo
Le forze politiche sono sei, ma con due di queste i socialisti non potranno stringere alcun accordo, si tratta di Vox e dei Popolari. Ne restano quindi solo tre e la strada si preannuncia in salita. Le forze di sinistra in Spagna sono rappresentate dai Socialisti di Sanchez (120 seggi) da Unidas Podemos (35 seggi) e da Mas Pais (3 seggi) ma il totale è 158 e bisogna trovare i deputati mancanti per arrivare alla maggioranza, che ricordiamo è 176.
Il leader di Unidas Podemos ha già accusato Sanchez di aver commesso un errore strategico nel precipitare il Paese in un’altra tornata elettorale. “La scelta di convocare nuove elezioni è stata perdente e ha peggiorato la situazione” ha dichiarato Pablo Iglesias.
Disapprovazione anche da parte dei Popolari. “Oggi i Popolari hanno ottenuto un buon risultato elettorale, ma il Paese non ha ottenuto un buon risultato” ha detto il leader conservatore Pablo Casado, sottolineando poi l’incompatibilità tra il programma dei Popolari e quello dei Socialisti. Secondo Casado infatti “Sanchez ha perso il suo referendum. La palla è adesso nella sua metà campo. Deve decidere cosa vuole fare, perché la Spagna non può aspettare”.
Pablo Casado ha dichiarato che “i Popolari eserciteranno la loro responsabilità” parole che lasciano un certo spazio all’interpretazione. D’altra parte una eventuale coalizione di destra non potrebbe comunque formare una maggioranza di governo. Una formazione composta da forze di destra, che vedrebbe i Popolari insieme a Vox e Ciudadanos, raggiungerebbe solo 140 seggi, del tutto insufficienti per formare un esecutivo.
Mmentre se i Popolari si alleassero con i Socialisti i seggi sarebbero 208, ma è uno scenario poco realistico. Si tratterebbe di un’alleanza che coinvolgerebbe forze politiche molto diverse, aprirebbe la strada ai cosiddetti ‘estremisti anti-sistema’ e sarebbe di difficile composizione.
La lunga strada dei negoziati tra i partiti
Secondo Pedro Videla, economista della Iese Business School, Pedro Sanches “non ha fatto bene i conti con gli elettori”. “Forse si è fidato troppo dei sondaggi favorevoli al Partito Socialista quando ha convocato le elezioni” ha ipotizzato l’economista “I dati che abbiamo davanti dicono questo, ma aspetterei i negoziati che inizieranno subito, per vedere chi avrà avuto ragione”.
E Videla azzarda un pronostico. “Se dovessi scommettere un euro, in base alle informazioni che ho in questo momento, punterei ancora su Sanchez e su un governo monocolore socialista che otterrà il via libera dal Parlamento con l’astensione di Popolari e Ciudadanos” prospetta Videla, che descrive un governo con dei limiti “certo Sanchez dovrà accettare alcuni veti, in particolare sulle nuove tasse e sul dialogo con la Catalogna, ma penso sia questa la via più probabile per uscire dalla paralisi politica”.
I vari leader politici spagnoli dovranno rimboccarsi le maniche nei prossimi giorni, ed in qualche modo riuscire a sbloccare una situazione di stallo che va avanti ormai da troppo tempo. Una strada impervia, secondo Adela Cortina, filosofa e docente di Etica all’Università di Valencia. “E’ difficile avviare un dialogo in questo momento, dopo una campagna elettorale tanto aggressiva come quella che abbiamo vissuto” spiega Cortina “il dialogo ha bisogno di lavoro. Si realizza poco alla volta, bisogna allenarsi. Ma prima o poi bisognerà pure iniziare a cercare una soluzione al blocco politico”.
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