Il test Umbria ha prodotto risultati che già ora sono tangibili e chiari. Mentre il Partito Democratico chiede al Movimento 5 Stelle una alleanza strutturale, Luigi Di Maio chiarisce subito che per le elezioni regionali che si terranno a gennaio 2020 in Emilia Romagna e probabilmente nello stesso periodo anche in Calabria, i 5 Stelle andranno da soli.
Zingaretti chiede alleanza strutturale a Di Maio
Il parere espresso dal segretario del Pd in merito al rapporto con gli alleati di govero è piuttosto chiaro. “O si riscopre uno spirito comune o i motivi stessi di questo governo vengono meno” ha detto nel corso del programma Circo Massimo condotto da Massimo Giannini e Oscar Giannino di Radio Capital.
Non ci sta a rinunciare al prezioso appoggio del Movimento 5 Stelle per tentare di arginare il fenomeno Salvini, e in sostanza chiede di riprovarci, di non lasciar perdere così presto dopo un solo test, quello dell’Umbria, seppur dall’esito decisamente negativo. Solo che Il Pd sembra non rimetterci nulla in fatto di voti, quello che ha tutto da perderci, e sembra strano che sia solo Di Maio a rendersene conto, è il Movimento 5 Stelle, sceso intorno al 7% alle regionali in Umbria.
“Quella di Di Maio è una posizione debole” dice Nicola Zingaretti “perché il M5s governa con il Pd. E vuole governare per altri tre anni con il Pd e non un piccolo paese dell’entroterra ma la Repubblica italiana. E’ inutile giocare con le parole: o l’alleanza è unita da una visione del futuro o non c’è. Io credo che questa visione vada costruita al più presto”.
A Zingaretti viene chiesto di stilare le pagelle al governo, e lui dà sei e mezzo/sette sulle scelte, ma quattro sulla condotta politica, e spiega: “io non avevo l’ansia di farlo nascere a prescindere e non ho l’ansia di farlo cadere a prescindere. E nemmeno durare. E’ un elemento di cultura politica. Non si governa per se stessi, ma per gli altri”. Poi alla domanda se Conte potrebbe essere candidato premier per il centro-sinistra se il governo cadesse, il segretario del risponde: “deciderà l’alleanza. Io dico che ha lavorato bene”.
Di Maio: “non ci sono i presupporti per un’alleanza strutturale con il Pd”
Ma Luigi Di Maio ha stroncato sul nascere ogni sogno di un futuro insieme, o almeno questo si evince dalle sue parole di oggi. “Non ci sono i presupposti per un’alleanza strutturale con il Pd, i nostri militanti non la vogliono” spiega in modo semplice e diretto il leader 5 Stelle.
Poi aggiunge, in merito all’operato dell’esecutivo: “non mi sento insidiato da Giuseppe Conte, ma credo che questo governo sia una squadra che deve portare avanti insieme il programma di governo. Se facciamo squadra i cittadini potranno comprendere quello che stiamo facendo, altrimenti è difficile anche far comprendere quello che facciamo di buono”.
E in merito alla possibile alleanza anche per le prossime regionali del 2020 in Emilia Romagna e in Calabria, Di Maio ha chiuso tutte le porte. “Il voto in Umbria domostra che il M5S deve mantenere la terza via” ha detto il ministro degli Esteri “ieri ho incontrato i parlamentari di Emilia Romagna e Calabria, con loro ci prepariamo ad una campagna elettorale difficilissima. Andremo da soli, che non significa non mettersi insieme a liste civiche, o ambire ad un candidato presidente che vada oltre il Movimento”.
La visione di Zingaretti: il Pd nel futuro del governo
Lo stesso Zingaretti, in merito alla sconfitta alle regionali in Umbria, ha ammesso che è necessario correre ai ripari. “E’ evidente che dobbiamo cambiare qualcosa” ha detto il segretario dem a Radio Capital “ma l’unico argine alla destra è il Pd, ma non è sufficiente da solo”, il che è assolutamente vero, a meno che il Movimento 5 Stelle non ritrovi se stesso.
Il segretario del Pd rilascia un commento poi su Matteo Renzi, ed in particolare in merito alle accuse mosse circa la sconfitta in Umbria. “Reagisco quando si batte su teoremi falsi, come dire che si è perso in Umbria perché c’era l’accordo con i 5 Stelle, come hanno detto Renzi e altri” ha spiegato Zingaretti “vero che il progetto ha perso, ma se non ci fosse stato sarebbe stato molto peggio”.
Sulla manovra economica invece, per Zingaretti “ci vorrebbe un di più di coraggio nel rivendicare che questa legge di bilancio fa quello che andava fatto”. La linea europeista della manovra è chiaramente nelle corde del Pd più di quanto non sia in quelle del M5s, e secondo il segretario dem ci sono invece “un di più di polemiche rispetto alla sua forza” e aggiunge: “non sarebbe sbagliato che le forze di maggioranza rivendicassero, invece delle sciocchezze di luglio come la tassa sulle cassette di sicurezza, la strategia che il mondo apprezza e premia“.
Si avvicina intanto il congresso del Pd, e a tal proposito Zingaretti sottolinea l’importanza di ragionare nell’ottica di un profondo rinnovo, ma si dichiara contrario rispetto all’idea di cambiare il nome del partito. “Non credo che bisogna cadere nell’errore di cambiare tutto per non cambiare niente. Veniamo alla sostanza di contenuti politici, al superamente di un correntismo esasperato” spiega il segretario dem, e annuncia l’iniziativa del voto per la modifica dello statuto per il 17 novembre a Bologna, poi, già a inizio 2020 potrebbe svolgersi il congresso.
“Dopo 12 anni cambieremo lo statuto” ha concluso Zingaretti “rientra il concetto di congresso basato su tesi politiche, che dura 100 giorni, aperto alla società italiana, senza rinunciare ai gazebo. Si apre la più importante rivoluzione organizzativa di questa fase storica“.
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