Nessuno minaccia di far cadere il governo, ma anche se mancano dichiarazioni di questo genere a cui ci aveva abituati Matteo Salvini nel corso del precedente esecutivo, la situazione appare comunque piuttosto instabile. In quel caso però la situazione è rapidamente precipitata perché qualcuno sperava che si tornasse al voto, mentre nell’esecutivo giallo-rosso, e questa è l’unica cosa certa ormai, nessuno spera in un ritorno anticipato alle urne.
L’esito delle elezioni regionali in Umbria
Se la sonora sconfitta del Movimento 5 Stelle in Umbria ha contribuito a destabilizzare la maggioranza di governo, e in particolare la componente 5 Stelle, l’atteso confronto in Emilia Romagna a gennaio 2020 rischia di causare un vero e proprio terremoto in grado di mettere Ko il Conte bis.
Nel Movimento 5 Stelle si sono formate diverse opinioni anche completamente discordanti fra di loro. Di Maio, per iniziare dalla testa (sebbene questa risulti sempre più in bilico), ha già liquidato la prova di presentarsi agli elettori in alleanza con il Pd, visto l’esito disastroso dell’Umbria. Ma non tutti sarebbero dello stesso parere, e non sono in pochi quelli che lo accusano di essere stato troppo frettoloso.
Conte ha tentato di minimizzare il verdetto umbro, pessima strategia. Luigi Di Maio ne ha tratto subito le conclusioni: il M5S deve correre da solo. E’ infatti l’unico motivo per cui il movimento aveva raggiunto percentuali di consenso che ora sono appannaggio solo della Lega.
Per il leader 5 Stelle bisgona “fare in modo di ritornare nello spirito originario del Movimento, che è quello che se si presenta alle elezioni regionali non lo fa sempre con la strategia di vincere. Lo fa per portare i cittadini nelle istituzioni”.
Aveva convinto il popolo degli indecisi, e degli astensionisti, di quelli che i politici li ‘odiano’ tutti dal primo all’ultimo perché ‘sono tutti uguali’. Va da sè che stringere alleanze non è il modo giusto per incrementare i consensi, ma può essere necessario, quindi accettabile sebbene impopolare, quando non c’è altra scelta.
Insomma per gli elettori 5 Stelle, è tutto sommato accettabile che, una volta vinte le elezioni, si formino delle alleanze laddove non sia possibile governare altrimenti, ma non è accettabile formare delle alleanze per vincere le elezioni.
Il ritorno alle urne col taglio dei Parlamentari
Niente da fare. Se cade ora il governo si torna alle urne con la legge elettorale così com’è, e si elegge esattamente lo stesso numero di parlamentari che era stato eletto a inizio legislatura. Su questo il presidente Sergio Mattarella non ha lasciato molto spazio all’interpretazione.
Il Capo dello Stato è stato chiaro: non importa se la riforma costituzionale non è ancora entrata in vigore, vorrà dire che in caso di voto anticipato si eleggeranno 630 deputati e 315 senatori. D’altra parte le combinazioni per formare una maggioranza sono state già provate tutte. Il governo 5 Stelle-Lega è durato 14 mesi, mentre il Conte bis è nato appena un paio di mesi fa, e se non regge si torna al voto. Questa volta a dare ultimatum è il Presidente della Repubblica.
Sfortunatamente per Matteo Salvini e la sua coalizione, ma questo lui lo ha detto fin dall’inizio, nessuno vuole tornare al voto. Lo sa anche Mattarella, che sventolando questo spauracchio potrebbe riuscire a far rientrare tutti nei ranghi.
Cosa succederà ora al governo 5 Stelle-Pd?
Per ora il richiamo all’ordine di Mattarella sembra aver funzionato. Ieri i capi delegazione della maggioranza convocati da Giuseppe Conte per lavorare sulla manovra economica si sono ritrovati a lavorare in un “clima costruttivo”. Attorno al tavolo sedevano Di Maio, Fraccaro e Castelli per il M5S, Franceschini e Misiti per il Pd, Speranza e De Petris per LeU, Bellanova e Marattin per Iv.
Interessanti le parole di Matteo Renzi da New York. “Giuseppe Conte ha innanzitutto un presente, ovviamente ha anche un futuro” ha detto il leader di Italia Viva, che ormai ha sposato una linea molto più ‘matura’, e ha poi aggiunto che il premier deve essere “aiutato da tutti”.
Di certo il ruolo di Conte non è facile, visto che dopo aver combattuto per mesi coi capricci di Matteo Salvini, si ritrova ora a dover tenere a bada un Movimento 5 Stelle in stato confusionale, con una leadership sempre più in bilico; un Pd che ha perso la corrente renziana, anche se non tutta, con conseguente nascita di Italia Viva, in crescita nei sondaggi grazie ad un Renzi rinnovato.
Ai mercati però servono garanzie, specie in una situazione così delicata. Il timore, tutt’altro che infondato, è che qualcosa vada storto quando la Legge di Bilancio approderà in Parlamento per l’approvazione delle camere. Purtroppo il sentimento comune a tutti i parlamentari della maggioranza di non voler tornare al voto potrebbe non essere sufficiente a garantire la durata dell’esecutivo, da cui il richiamo al senso di responsabilità da parte del presidente della Repubblica.
Come detto, il momento è delicato, e ci sono almeno due contesti a rischio per l’attuale esecutivo guidato da Conte. Uno dei due è chiaramente quello dell’approvazione della Legge di Bilancio, quindi del Decreto Fiscale, e considerate alcune distanze di vedute, nel suo iter potrebbe pararsi più di un ostacolo
Il secondo contesto a rischio è quello della riforma della legge elettorale, per la quale il Movimento 5 Stelle ed il Pd sono ancora su due posizioni nettamente contrapposte. I piddini guardano ancora con interesse al sistema maggioritario, mentre i grillini, specie dopo la sconfitta in Umbria, non intendono affatto rinunciare al proporzionale.
E se le forze che sostengono la maggioranza, dal M5s al Pd, da Leu a Iv, sembrano aver ritrovato un minimo di coesione anche grazie alla posizione netta assunta da Sergio Mattarella in merito ad un’ipotetica caduta del governo, la Lega e tutto il centro destra appare perfettamente organizzato e pronto sui nastri di partenza alla prima occasione.
L’invito di Conte è quindi quello di dimostrare la “massima compattezza” in occasione del passaggio nelle commissioni e in aula della manovra economica. Se qualcosa dovesse andare storto a questo esecutivo non resterebbero molte opzioni, Mattarella è stato chiaro.
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