In occasione della sua prima visita ufficiale in Scozia, il nuovo primo ministro Boris Johnson non riceve, come d’altronde era facile immaginare, un caloroso benvenuto. Il successore di Theresa May risulta essere infatti il politico meno popolare in assoluto, non solo perché viene considerato un simbolo del nazionalismo inglese, ma anche perché ha più volte rivelato l’intenzione di portare il Regno Unito fuori dall’Europa anche senza alcun accordo. Gli Scozzesi poi hanno anche una ragione personale per disprezzare Boris Johnson. Durante il suo passato da giornalista infatti, Johnson ha definito gli Scozzesi “parassiti”.

Ma tutto questo naturalmente non gli ha impedito di recarsi ad Edimburgo per la sua prima visita ufficiale, dove ha annunciato finanziamenti dell’importo di 300 milioni di sterline per Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Se la linea politica di Johnson è volta a separare il Regno Unito dall’Europa da una parte, dall’altra mira a rafforzare il legame tra i 4 Stati britannici, ed è in quest’ottica che si è dato l’incarico ufficiale di Ministro dell’Unione.

Boris Johnson ha dichiarato a tal proposito: “sono orgoglioso di essere in Scozia oggi per mettere in chiaro che credo appassionatamente nella nostra unione. Voglio assicurarmi che ogni decisione che prenderò come primo ministro promuova e rafforzi la nostra unione.”.

Boris Johnson affretta i preparativi per la Brexit no-deal

Con Boris Johnson alla guida, il Regno Unito si prepara ad uscire dall’Ue entro il 31 ottobre. I preparativi per un’uscita senza accordo hanno subito una decisa accelerazione sotto la nuova leadership, ma questo porta Johnson in rotta di collisione con il Governo Autonomo di Edimburgo. Non solo, anche alcuni membri del suo stesso partito sono contrari ad una Brexit no-deal.

Ruth Davidson, leader del partito conservatore in Scozia si è detta fortemente contraria ad una uscita dall’Ue senza accordo, ed ha voluto sottolineare che una soluzione così drastica non era affatto contemplata ai tempi del referendum del 2016. 

La Davidson ha affermato: “non mi ricordo nessuno che parlava di un’uscita dalla Ue senza accordi stabiliti per mantenere gli scambi vitali tra la Gran Bretagna e la Ue. Ritengo che il Governo non dovrebbe sostenere un ‘no deal’ e, se lo farà, io mi schiererò contro.”

Quello tra Boris Johnson e Ruth Davidson è un conflitto interno da non sottovalutare, anche perché la leader scozzese gode di ampia popolarità a nord del Vallo, ed è riuscita a rilanciare il partito dei Tory in Scozia. Inoltre il fatto che Johnson abbia subito licenziato David Mundell, ministro responsabile della Scozia, contro le precise indicazioni della Davidson che gli chiedeva invece di mantenerlo nell’incarico, non è esattamente la migiore delle premesse. Al suo posto, Johnson ha nominato Alister Jack, al quale ha affiancato come sottosegretario Robin Walker. Il tutto nella totale disapprovazione da pare di Edimburgo.

Ma i guai con la Scozia non finiscono qui. Infatti anche l’incontro con la premier scozzese Nicola Sturgeon non promette bene visto che la leader del partito nazionalista scozzese (Snp) ha già ribadito la sua contrarietà alla linea politica di Boris Johnson. Nelle sue parole chiara avversione sia alla strategia del nuovo primo ministro, che nei confronti del partito conservatore. 

Gli Scozzesi non hanno votato per questo Governo Tory” ha affermato la Sturgeon “non hanno votato per questo premier, non hanno votato per Brexit e certamente non hanno votato per un no-deal catastrofico” e ha poi concluso “Boris Johnson ha formato un Governo di rapaci con l’unico obiettivo di portare la Scozia e il Regno Unito fuori dall’Unione Europea senza un accordo.”.

Per la leader scozzese è giunto il momento di dire basta al partito dei Tory, e per farlo propone un secondo referendum sull’indipendenza della Scozia. Nel 2014 il No vinse con il 55% dei voti, ma adesso le cose, almeno secondo il partito nazionalista scozzese, sarebbero cambiate per via del rischio di una Brexit no-deal. L’unica soluzione per la Scozia potrebbe effettivamente essere quella di ottenere l’indipendenza da Londra.

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