Contrastare gli effetti della crisi energetica è diventata una priorità in Europa, non tale da imporre un cambio di direzione nella gestione della crisi ucraina, ma abbastanza importante da indurre i governi, o quanto meno almeno alcuni, a destinare ingenti risorse.
Una ricerca pubblicata di recente dal think tank Bruegel ha rivelato che i governi europei hanno stanziato complessivamente quasi 500 miliardi di euro nel corso del 2022 per misure tese a sostenere i cittadini e le imprese che si trovano maggiormente esposti ai rincari sulle bollette di gas e luce.
La crisi energetica così come si presenta oggi è soprattutto il risultato delle scelte operate dai governi occidentali in merito alla crisi ucraina, e in particolare dalla decisione di imporre severe sanzioni economiche contro la Russia di Vladimir Putin.
La previsione di una imminente drastica riduzione dell’offerta di gas, conseguente al clima ostile tra i governi europei ed il governo russo, ha determinato aumenti di prezzo al mercato virtuale del gas di riferimento dei Paesi europei, il TTF di Amsterdam, sulla base del quale vengono calcolate le tariffe applicate sulle bollette.
Gli interventi dei governi europei per la crisi energetica
La situazione che i governi europei stessi hanno di fatto creato è caratterizzata da un’impennata insostenibile del prezzo dell’energia, con bollette della luce e del gas che migliaia di attività e di famiglie italiane non sono assolutamente in grado di pagare.
Si rendono necessarie quindi misure volte quanto meno a ridurre l’impatto, specie sulle categorie maggiormente esposte agli aumenti, della crisi energetica. Si tenta pertanto di intervenire contenendo i prezzi al dettaglio dell’energia elettrica, riducendo le tasse sull’energia e concedendo sussidi ai cittadini.
Complessivamente i 27 Paesi membri Ue hanno stanziato 314 miliardi di euro per misure il cui scopo dovrebbe essere quello di ridurre l’impatto dei rincari sull’energia, mentre il Regno Unito, sulla base dei dati pubblicati sempre da Bruegel, ha stanziato 178 miliardi di euro.
Se nel calcolo includiamo anche le risorse che sono state stanziate dai governi per nazionalizzare, salvare o fornire prestiti alle aziende energetiche in difficoltà, allora si arriva ad una spesa complessiva che sfiora i 450 miliardi di euro.
La Germania per contrastare la crisi energetica ha nazionalizzato l’importatore di gas Uniper, mentre il Regno Unito ha imposto un tetto ai prezzi all’ingrosso di elettricità e gas per le imprese.
La maggior parte delle misure introdotte dai governi europei per contrastare la crisi energetica nascono come misure temporanee, ma secondo l’analisi svolta dal think tank di Bruxelles, l’intervento statale è cresciuto fino a diventare “strutturale”.
Simone Tagliapietra, senior fellow di Bruegel, ha commentato il dato spiegando che si tratta di una politica che “non è chiaramente sostenibile dal punto di vista delle finanze pubbliche. I governi che dispongono di un maggiore spazio fiscale riusciranno inevitabilmente a gestire meglio la crisi energetica, facendo concorrenza ai loro vicini per le limitate risorse energetiche nei mesi invernali”.
Quali Paesi europei hanno speso di più per contrastare la crisi energetica
Al primo posto troviamo, come era prevedibile, la prima economia europea. La Germania, che è il Paese maggiormente esposto in quanto il più dipendente dalle forniture di gas provenienti dalla Russia, ha infatti stanziato 100 miliardi di euro.
Anche l’Italia ha stanziato ingenti risorse per contrastare la crisi energetica, con i suoi 59 miliardi di euro. Infatti il Bel Paese, insieme a Grecia, Croazia e Lettonia ha stanziato oltre il 3% del PIL per interventi nell’ambito della crisi energetica.
Ora però si attende una risposta da Bruxelles, e i governi dei singoli Paesi membri chiedono misure comunitarie dall’Ue, che siano in grado di dare una risposta coordinata ed efficace rispetto ai prezzi sempre più alti dell’energia.
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