Si tratta di un fattore di cui tenere conto tutte le volte che un esecutivo rischia di ‘andare a casa’ visto che insieme alla squadra di governo a rimetterci il posto sono anche tutti i Parlamentari eletti in occasione delle ultime consultazioni elettorali.
Il fattore è quello del vitalizio, che scatta dopo un periodo di tempo ben definito a decorrere dall’inizio della legislatura, e finché questo periodo di tempo non è del tutto trascorso è facile che i Parlamentari eletti per la prima volta siano poco inclini a dare il benservito al governo, non fosse altro che per raggiungere quel target ed assicurarsi una lauta pensione al raggiungimento dei 65 anni anche con soli 4 anni e poco più di contributi.
Un privilegio che oggi quanto mai prima pesa come un macigno su uno dei piatti della bilancia che indica la distanza tra cittadini e istituzioni.
I nuovi Parlamentari hanno già maturato il vitalizio?
E della questione vitalizio si torna puntualmente a parlare quando l’esecutivo si trova sull’orlo del baratro, ed è proprio questo che sta accadendo al governo di Mario Draghi dal momento in cui il Movimento 5 Stelle (il partito che ha vinto le elezioni del 2018) ha negato il proprio appoggio non votando la fiducia sul decreto Aiuti.
Ora restano sostanzialmente tre possibilità, una delle quali è il ritorno anticipato alle urne di una manciata di mesi rispetto al termine regolamentare della legislatura che sarebbe in primavera.
In breve quel che potrebbe accadere è che l’attuale presidente del Consiglio, le cui dimissioni sono state respinte dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riesca a riformare una maggioranza recuperando l’appoggio del Movimento 5 Stelle. Si tratta di uno scenario ritenuto alquanto irrealistico, e in alternativa potrebbe instaurarsi un governo tecnico la cui funzione sarebbe in sostanza quella di occuparsi delle questioni urgenti e dell’ordinaria amministrazione fino alla fine naturale della legislatura.
E poi c’è il ritorno anticipato alle urne, con le elezioni politiche per il rinnovo delle due Camere che si svolgerebbero a inizio autunno invece che in primavera. Ed è qui che si rende necessario porsi la domanda di cui sopra: i nuovi Parlamentari hanno già maturato il vitalizio? Perché se così fosse le probabilità che si vada al voto anticipato sono sicuramente più alte.
Quando maturano il vitalizio i nuovi Parlamentari?
La normativa che disciplina l’accesso al vitalizio per i Parlamentari è cambiata piuttosto di recente. A partire dal 2012 infatti per avere diritto alla pensione al raggiungimento del requisito anagrafico dei 65 anni, Deputati e Senatori devono aver maturato contributi da attività parlamentare per almeno 4 anni, 6 mesi e un giorno, altrimenti tutti i contributi versati sono automaticamente perduti.
Ed eccoci alla situazione attuale, con il presidente del Consiglio Mario Draghi che nella giornata di mercoledì si ripresenterà davanti alle Camere e se non riuscirà ad ottenere l’appoggio di una maggioranza più ampia non potrà fare altro che rassegnare le dimissioni davanti al presidente della Repubblica che questa volta potrebbe essere costretto a sciogliere le camere e indire elezioni anticipate.
Basta fare un rapido calcolo per capire che non sono ancora trascorsi 4 anni 6 mesi e un giorno di legislatura, il che significa che i Parlamentari eletti per la prima volta non hanno ancora maturato i contributi necessari per assicurarsi il vitalizio al raggiungimento dei 65 anni di età.
Questo vuol dire che se si andasse alle elezioni anticipate i Parlamentari eletti per la prima volta perderanno il vitalizio? In realtà no, perché nonostante il giorno X, cioè i 4 anni, 6 mesi e 1 giorno, sia il 24 settembre 2022, anche in caso di elezioni anticipate tutti i Parlamentari attualmente in carica resterebbero al loro posto almeno fino a quella data.
Elezioni anticipate, quando saranno e cosa prevede la legge
Dal momento che i Parlamentari resteranno comunque in carica almeno fino al 24 settembre 2022, i circa 50 mila euro di contributi versati non andranno persi. Ma come funziona esattamente?
In Parlamento siedono oggi 427 deputati al primo mandato e 234 nuovi senatori, che costituiscono rispettivamente il 68% della Camera e il 73% del Senato. Buona parte di loro, per via del taglio dei Parlamentari, non potranno tornare in Aula con le prossime consultazioni elettorali, ma almeno si saranno assicurati il vitalizio.
Perderebbero inevitabilmente alcuni mesi di stipendio, perché la legislatura terminerebbe comunque prima del tempo, ma a parte questo non perderebbero altro, e soprattutto non perderebbero la pensione a 65 anni.
La legge prevede infatti che i Parlamentari restino in carico fino alla prima seduta del nuovo Parlamento, e ciò non potrà avvenire, per via dei tempi tecnici necessari, prima del 24 settembre 2022.
A stabilire le regole è l’articolo 61 della nostra Costituzione, il quale afferma che “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti”.
Abbiamo pertanto un limite massimo fissato dalla Costituzione a 70 giorni, e in realtà abbiamo anche un quantitativo di tempo minimo. Infatti un decreto del presidente della Repubblica del 1957 stabilisce che sono necessari 45 giorni per la presentazione delle liste, un limite che peraltro si allunga fino a 60 giorni per via del voto degli italiani all’estero.
Infatti con un decreto del 2003 viene stabilito che il ministro dell’Interno è tenuto a comunicare al collega degli esteri l’elenco provvisorio degli italiani aventi diritto di voto e residenti all’estero almeno 60 giorni prima del voto. Inoltre dalle elezioni alla prima riunione delle nuove Camere possono trascorrere non più di 20 giorni, il che significa che dal discorso di Mario Draghi di mercoledì fino all’eventuale insediamento del nuovo governo a seguito delle elezioni anticipate dovrebbero passare circa 80 giorni, e si arriverebbe ai primi di ottobre.
In conclusione i Parlamentari eletti per la prima volta si sono già assicurati il vitalizio, quindi non esiste il rischio che facciano di tutto per evitare un ritorno anticipato alle urne che, pertanto, sembra essere una possibilità piuttosto realistica vista l’attuale situazione nel suo insieme.
In ogni caso, anche qualora un Parlamentare eletto per la prima volta dovesse terminare il proprio incarico prima di aver raggiunto il requisito contributivo di 4 anni, 6 mesi e 1 giorno per maturare il diritto alla pensione, può raggiungere comunque il limite previsto versando circa 3 mila euro al mese per riscattare i contributi mancanti.
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