Il lavoro è un aspetto cruciale e centrale nella vita di ogni individuo, un luogo in cui investiamo il nostro prezioso tempo e le nostre energie. Quando si parla di vita lavorativa, inevitabilmente si pensa alle relazioni con i colleghi e i manager, poiché queste relazioni condizionano il nostro benessere, influenzando anche la nostra vita al di fuori delle mura dell’ufficio.
Recentemente, si è diffuso un fenomeno problematico chiamato “quiet quitting,” ovvero l'”abbandono silenzioso,” che interessa la sfera lavorativa, ma può avere ripercussioni anche in altri ambiti della vita. Vediamo insieme cosa significa questo termine e quali conseguenze può comportare, oltre a scoprire come possiamo evitarlo.
Cos’è il Quiet Quitting? Significato e conseguenze
Il quiet quitting è un fenomeno sempre più diffuso nel mondo del lavoro e suscita preoccupazione tra i manager di numerose aziende. Si tratta di una pratica in cui i dipendenti, pur rimanendo formalmente all’interno dell’organizzazione, pongono dei limiti alle proprie attività lavorative.
Questo si manifesta attraverso il rifiuto di fare ore di straordinario e di svolgere attività al di là di quanto strettamente richiesto dal contratto.
Spesso, chi è coinvolto in questo fenomeno adotta un atteggiamento passivo e mostra scarso impegno e motivazione. Questo comportamento porta a un peggioramento delle relazioni tra colleghi e con i manager, e può addirittura portare all’isolamento sociale.
Inoltre, il quiet quitting può causare elevati livelli di stress lavorativo, culminando nella sindrome da burnout, una condizione cronica e debilitante.
Come e perché è nato il quiet quitting
Il quiet quitting è emerso come una controtendenza all’iperproduttività e all’performatività incessante che spesso sono diventate la “normalità” nel mondo del lavoro. Un importante catalizzatore di questo cambiamento è stata la pandemia da Covid-19, che ha rivoluzionato molteplici aspetti delle nostre vite, primo tra tutti il lavoro.
La crisi innescata dalla pandemia ha portato le persone a riconsiderare le loro priorità e a dare nuovo valore al tempo impiegato nella vita lavorativa. La necessità di conciliare vita privata e lavoro (la cosiddetta “life work balance“) è divenuta una priorità pressante. La conseguenza di questa esigenza è stata la ricerca di nuove soluzioni, spingendo alcune persone verso strategie disfunzionali, tra cui l’abbandono silenzioso.
Cosa possiamo fare per evitare il quiet quitting: 3 consigli
Il quiet quitting crea inevitabilmente situazioni di disagio per i manager e i dipendenti. Tuttavia, esistono strategie che le Risorse Umane possono adottare per migliorare la work-life balance e, di conseguenza, ridurre il fenomeno. Ecco tre punti fondamentali da considerare:
- Coinvolgimento: Ciascun membro di un’azienda dovrebbe sentirsi coinvolto nel progetto comune. Lavorare insieme e collaborare permette di raggiungere e superare gli obiettivi aziendali. Offrire un’autonomia graduale ai dipendenti aumenta la loro autoefficacia e motivazione.
- Leadership: Le figure apicali di un’azienda devono dimostrare una forte capacità di guidare i dipendenti verso gli obiettivi aziendali, senza mai perdere di vista il lato umano delle relazioni che si creano. Questa sensibilità umana è essenziale per raggiungere i risultati con minor sforzo.
- Formazione: La formazione è un elemento spesso sottovalutato nelle organizzazioni. Oltre a rafforzare le competenze specifiche per ciascuna mansione, la formazione contribuisce a creare un senso di appartenenza e offre uno spazio di ascolto sicuro.
Il fenomeno del quiet quitting, analizzato nei suoi significati e conseguenze, si lega strettamente alle dinamiche delle relazioni lavorative. Tuttavia, è importante ricordare che il cambiamento è possibile, e le organizzazioni possono adottare strategie mirate per migliorare il benessere dei dipendenti e ridurre questo problematico fenomeno.
Investire nell’autonomia, nella leadership e nella formazione può portare a un ambiente lavorativo più sereno e soddisfacente per tutti gli attori coinvolti.
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