Il prezzo del gas aveva raggiunto i 280 euro il megawattora nella giornata di lunedì 5 settembre dopo l’annuncio di Gazprom dell’estensione della durata di chiusura del gasdotto Nord Stream 1, poi però si è registrata un’inversione di tendenza con il prezzo del gas che è sceso al di sotto dei 200 euro il megawattora al TTF di Amsterdam in vista del vertice Ue di domani, venerdì 9 settembre.
Si è registrato quindi un calo del prezzo del gas del -30% circa nelle ultime ore, e questo ha dato un po’ di respiro alle borse in attesa delle decisioni che verranno prese in occasione del vertice Ue sull’energia fissato per la giornata di domani.
Attualmente il prezzo del gas è sceso a 195 euro il megawattora al TTF di Amsterdam, calando quindi sotto il livello psicologico di 200 euro per la prima volta da agosto dopo il record storico di 340 euro (ricordiamo che un anno fa il prezzo si attestava intorno ai 25 euro).
I temi cardine del vertice Ue sull’energia
Il primo tema caldo da affrontare durante il vertice che si svolgerà domani è quello dell’aumento dei requisiti sui collaterali per il margin call, cioè la liquidità richiesta dai listini alle utilities che si proteggono con i futures sul mercato dei derivati dall’aumento dei prezzi della materia prima, con le società che hanno già chiesto aiuto ai governi.
Tra le proposte sul tavolo del vertice di domani anche quella di limitare i prezzi delle importazioni di gas naturale dalla Russia, tramite i canali alternativi al Nord Stream 1.
Resta sul tavolo anche la proposta di tassare gli extra profitti delle compagnie energetiche, si parla in questo caso di windfall taxes, ma il settore è già in difficoltà per via di una situazione fortemente instabile e potenzialmente esplosiva in cui si fa sempre più concreto il rischio che le utenze con conti alle stelle decidano di non pagare in caso di bollette troppo care.
Il calo del prezzo del gas al TTF di Amsterdam di questi giorni rischia di rimanere un episodio isolato comunque, infatti secondo Patricio Alvarez, analista energetico di Bloomberg Intelligence “l’arresto indefinito del gasdotto Nord Stream 1 di Gazprom dovrebbe sostenere i prezzi e tenerli nettamente più alti rispetto alla media degli ultimi cinque anni”.
Poi vi è la questione delle scorte disponibili per far fronte ad un eventuale stop totale delle forniture di gas dalla Russia, Al momento si parla di siti di stoccaggio pieni all’82,5%, ma anche se si arrivasse al 100% non vi sarebbe alcuna garanzia di superare indenni (o quasi) l’invernata.
“Fortunatamente per questo inverno le scorte sono sane e sono state riempite relativamente bene” ha comunque osservato Anatol Feygin, responsabile commerciale per conto dell’esportatore statunitense di GNL Cheniere Energy.
“Molto dipende dal tempo, ma siamo ottimisti che nei prossimi mesi ci saranno abbastanza flessibilità e soluzioni sul tavolo. Tuttavia sarà necessario gestire la domanda” ha spiegato ancora l’esperto intervenuto al convegno Gastech di Milano.
I calcoli di S&P Global però mettono in evidenza che l’Europa non ha accumulato scorte a sufficienza per arrivare alla fine dell’inverno, anzi potrebbero bastare appena per arrivare alla fine dell’anno, e a gennaio ci si potrebbe trovare già in deficit di circa 20 miliardi di metri cubi.
In Regno Unito nessuna tassa sugli extraprofitti delle compagnie energetiche
È questa probabilmente la principale differenza tra l’approccio dell’Unione Europea e quello del Regno Unito rispetto alla crisi energetica e all’aumento dei prezzi che andrà a pesare su imprese e famiglie.
Infatti nei vari Paesi europei si stanno introducendo misure a favore del sistema produttivo e delle famiglie, con Germania, Svezia e Finlandia che hanno previsto un intervento da 100 miliardi di euro, sulla scia del quale anche la nuova premier britannica Liv Truss ha deciso di muoversi, annunciando che presenterà un ampio pacchetto di misure destinate ad aiutare le famiglie e le aziende a sopravvivere all’ulteriore impennata dei prezzi dell’energia attesa per l’autunno,
La premier che ha sostituito Boris Johnson ha però escluso la possibilità di un intervento volto a tassare gli extraprofitti delle compagnie energetiche.
Secondo i calcoli dei funzionari del ministero dell’economia britannico il nuovo pacchetto di salvataggio dovrebbe contenere misure per oltre 100 miliardi di sterline e dorebbe prevenire la forte recessione prevista per l’autunno per via di bollette energetiche in aumento del +80%.
Anche l’economia britannica sta accusando un duro colpo, e lo si evince chiaramente osservando i tassi di inflazione, che hanno raggiunto i massimi da 40 anni, con salari che scendono al ritmo più veloce degli ultimi 20 anni. Per i prossimi mesi in UK ci si aspetta una recessione che sarà difficile evitare, e la premier sta valutando riforme che vadano ad agire sull’offerta, compreso il taglio delle tasse sui salari e l’abolizione del previsto aumento dell’imposta sulle società.
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