La frenetica corsa per aumentare i livelli di stoccaggio di gas in vista dell’inverno dovrà subire un altro rallentamento per via dello stop del gasdotto Nord Stream 1 programmato per i giorni dal 31 agosto al 2 settembre.
Si tratta dell’ennesimo stop delle forniture di gas dalla Russia e con esso scattano i nuovi aumenti che portano il prezzo del gas oltre i 288 euro in Europa. Si tratta di un aumento del +17% che ha portato il prezzo del gas verso un nuovo record dovuto, questa volta, ad un problema di natura meramente tecnica, e non a questioni politiche.
L’annuncioi della nuova interruzione delle forniture di gas all’Europa attraverso il Nord Stream 1 è arrivato nella giornata di venerdì 19 agosto, quando l’azienda ha fatto sapere che tra fine agosto e inizio settembre il gasdotto sarà fermo per manutenzione per tre giorni.
La società ha spiegato che “l’unica unità di compressione del gas Trent 60 verrà fermata per tre giorni” e che “il trasporto del metano verrà sospeso”. Se lo svolgimento dei lavori sarà privo di intoppi di natura tecnica con l’unità, il trasporto del gas sarà riportato a 33 milioni di metri cubi al giorno. Gazprom ha anche precisato che la serie di lavori di “manutenzione ordinaria sarà eseguita insieme agli specialisti di Siemens”.
Prezzo del gas preoccupa la Germania, sempre più vicina alla recessione
Resta molto alto il livello di attenzione in tutti i Paesi europei per quel che riguarda lo stato degli stoccaggi. Il rischio quanto mai tangibile è quello che le scorte si rivelino insufficienti a soddisfare l’elevata domanda della stagione fredda, e questo ulteriore stop programmato non fa che peggiorare le prospettive.
A preoccupare è soprattutto la situazione della Germania, fortemente esposta in quanto molto dipendente dalle forniture di gas provenienti dalla Russia. Parliamo della prima economia in Europa e al tempo stesso di quella maggiormente legata alle forniture russe, pertanto quella che rischia di subire l’impatto più pesante.
Il ministro dell’Economia tedesco, Robert Habeck, ha infatti commentato la situazione affermando: “abbiamo ancora un inverno molto critico davanti a noi. Dobbiamo aspettarci che Putin riduca ulteriormente il gas”.
Nessun accenno al fatto che è stato l’ente regolatore tedesco, mesi orsono, a negare il via libera al Nord Stream 2, o al fatto che l’eventuale stop delle forniture deciso da Putin sarebbe comunque una conseguenza della scelta, puramente politica, di schierarsi al fianco di Volodymyr Zelenski e di sanzionare la Russia di Vladimir Putin.
Ora la Germania rischia di pagare un caro prezzo per le scelte compiute nel corso degli ultimi mesi, eppure lo stesso ministro dell’Economia non trattiene un certo ottimismo, affermando che la Germania ha “buone possibilità di superare il prossimo inverno senza adottare misure drastiche, ma si trova comunque di fronte a un periodo difficile”.
La Germania non spegnerà le ultime tre centrali nucleari per risparmiare gas
Una delle possibili soluzioni, in Germania, è quella del nucleare, quindi in netto contrasto con la svolta green su cui il Paese e l’intero sistema Europa aveva continuato a spingere negli ultimi anni. La priorità ora non è l’ambiente, come appare evidente, ma perseguire determinati obiettivi per raggiungere i quali occorre operare scelte politiche che ampliano le distanze tra Paesi europei e Russia.
Le ultime tre centrali nucleari ancora attive in Germania resteranno ancora accese proprio per sopperire alla carenza di gas, anche se il ministro tedesco ha escluso che la cosa possa durare oltre la fine del 2022. L’intento è quello di risparmiare gas almeno fino alla fine dell’anno sfruttando quelle ultime tre centrali nucleari che avrebbero dovuto essere già dismesse nel rispetto della tabella di marcia green.
Una decisione che fa storcere il naso al leader dei Verdi, che ha affermato infatti: “con il proseguimento del funzionamento delle centrali nucleari, il consumo di gas potrebbe essere ridotto di un massimo del 2%. Per quel poco che ne guadagneremmo è una decisione sbagliata”.
La Germania in recessione se non termina la crisi energetica
A lanciare un allarme quanto mai preoccupante è il numero uno della Bundesbank, Joachim Nagel, il quale ha espressamente detto che “se la crisi energetica peggiora, sembra probabile una recessione il prossimo inverno. L’economia tedesca ha affrontato situazioni difficili nella prima metà dell’anno. Tuttavia, se si aggiungessero ulteriori problemi di consegna, ad esempio a causa del prolungato basso livello dell’acqua, le prospettive economiche per il secondo semestre si deteriorerebbero ulteriormente”.
Partendo dalle ultime stime degli analisti, Nagel ha ricordato che in Germania il tasso di inflazione potrebbe arrivare addirittura al 10% nei mesi autunnali, e non si può escludere la possibilità di un aumento dei prezzi oltre il 6%.
Lo stesso Nagel ha anche esortato i lavoratori a tenere a mente la situazione economica quando negoziano i propri salari, ed è stato ancora il numero uno della Bundesbank ad evidenziare che il fatto che l’inflazione tedesca sia in gran parte guidata dai costi energetici “significa che dovremo spendere più della nostra produzione economica per importare energia. E ha poi tenuto a precisare che dal suo punto di vista i sindacati “hanno agito in modo molto responsabile negli ultimi 25 anni: questa volta faranno lo stesso, ne sono fiducioso”.
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