Il recente riaccendersi del conflitto in Israele ha suscitato reazioni a catena che non si sono limitate solo all’ambito politico e umanitario, ma hanno anche avuto un impatto significativo sui mercati economici globali.
Senza entrare nel merito delle questioni politiche, concentriamoci sulle possibili conseguenze economiche della guerra in Israele, in particolare sul prezzo del gas naturale, del petrolio e, di conseguenza, sul carburante e sulle bollette energetiche.
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Impatto della guerra in Israele sui mercati globali
All’apertura dei mercati statunitensi all’inizio della settimana successiva all’escalation del conflitto, gli investitori hanno reagito prontamente agli eventi in Israele.
Inizialmente, si è osservato un significativo aumento dei prezzi del petrolio greggio, dell’oro e del dollaro statunitense. Tuttavia, nei giorni successivi, il valore di questi asset ha mostrato una certa stabilizzazione.
Il gas naturale è stata l’unica commodity che ha visto un aumento dei prezzi in modo anomalo, registrando un incremento del 5% nei giorni successivi all’attacco di Hamas a Israele.
Questo aumento potrebbe essere attribuito al fatto che una significativa parte del gas naturale utilizzato a livello globale proviene dal Medio Oriente e dal Nord Africa, in particolare da paesi come l’Iran, l’Arabia Saudita, il Qatar e l’Algeria.
Tuttavia, anche per quanto riguarda il petrolio, la situazione è tutt’altro che definitiva. Potrebbe complicarsi ulteriormente se i principali produttori di petrolio nel Medio Oriente decidessero di agire come fecero durante la guerra dello Yom Kippur del 1973.
In quel frangente, i paesi arabi membri dell’OPEC (l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) innalzarono artificialmente il prezzo del petrolio greggio e interruppero le forniture ai paesi filoisraeliani.
Se l’Iran, il settimo produttore mondiale con una produzione giornaliera di 3,3 milioni di barili, adottasse una simile misura, il prezzo del petrolio potrebbe salire in modo significativo.
Oltre al settore energetico, le compagnie aeree sono state anch’esse influenzate dalle conseguenze economiche del conflitto in Israele. I titoli di compagnie come Delta, United, American Airlines, International Airlines Group (proprietaria di British Airways) e Lufthansa hanno subito un calo in risposta all’instabilità generata dalla guerra.
Gli investitori stanno cercando di proteggersi dalle conseguenze economiche del conflitto, e questo è evidenziato dal fatto che l’oro, tradizionalmente considerato un bene rifugio, ha registrato un aumento del 3,5% dall’inizio della guerra in Israele.
Possibili sviluppi economici futuri
Per valutare appieno le conseguenze economiche della guerra in Israele, è necessario attendere la conclusione del conflitto, che, secondo il primo ministro, si preannuncia lungo e complesso, molto diverso da quello del 2021 che durò 11 giorni.
Il Medio Oriente attuale è più instabile, e gli Accordi di Abramo, siglati nel 2020 tra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Marocco, difficilmente verranno estesi ad altri paesi.
Fino a questo momento, l’oscillazione dei valori delle materie prime e delle obbligazioni non è stata catastrofica, e il tasso di cambio tra il dollaro statunitense e lo shekel, la moneta israeliana, è aumentato da 3,85 a circa 3,95, registrando un aumento del 2,5%.
Inoltre, la Banca d’Israele ha annunciato di disporre di 30 miliardi di dollari pronti per proteggere la stabilità della sua valuta. La banca centrale potrebbe anche considerare l’opzione di aumentare i tassi di interesse se dovesse verificarsi un forte aumento dell’inflazione.
In ogni caso, è ancora presto per trarre conclusioni definitive sulle conseguenze economiche della guerra in Israele. Il panorama geopolitico e macroeconomico è complesso, con numerosi attori in gioco, il che significa che le dinamiche economiche potrebbero evolversi in qualsiasi momento. Resta da vedere come l’intero scenario si svilupperà nei prossimi mesi.
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