L’andamento dell’inflazione nei Paesi Ue continua a preoccupare e ad alimentare un clima di incertezza che penalizza i consumi e mette in difficoltà le imprese. Mentre negli Usa la particolare congiuntura economica globale sta spingendo il prezzo del dollaro verso nuovi record, portandolo ad uno scambio vicino all’1 a 1 con l’euro, in Europa si respira un’aria sempre più pesante.
L’effetto delle sanzioni economiche contro la Russia si fa sentire soprattutto nei Paesi europei, con una crisi energetica sempre più grave e dagli sviluppi imprevedibili. Il tasso d’inflazione continua a crescere raggiungendo nel mese di luglio l’8.9% nell’eurozona, contro l’8,6% di giugno, e il 9,8% complessivamente nei Paesi Ue, contro il 9,6% di giugno.
I dati dell’Eurostat non lasciano molto spazio a rosee prospettive per il prossimo futuro, anzi non fanno che confermare la situazione di affanno dell’economia dei Paesi europei, ed alimentare i timori di una recessione imminente con conseguenti catastrofi sociali con l’arrivo di una stagione invernale che rischia di essere insostenibile sotto il profilo energetico e sotto quello economico.
Il raffronto con lo stesso periodo del 2021 è impietoso, basti pensare che il tasso di inflazione si attestava a luglio dello scorso anno intorno al 2,2% nell’eurozona, mentre complessivamente nell’Ue si aggirava intorno al 2,5%.
Quali sono i Paesi Ue con l’inflazione più bassa
L’inflazione nei Paesi Ue è alta ovunque, e gli ultimi dati pubblicati dall’Istituto Europeo di Statistica parlano chiaro, ma in alcuni la situazione è meno insostenibile che in altri. Tra i Paesi che ‘se la passano meglio’ troviamo prima di tutto la Francia, dove si registra un tasso di inflazione che a luglio si attesta sul 6,8%, ma se usciamo fuori dall’Unione il dato migliore è ampiamente quello della Svizzera, dove l’inflazione si attesta attualmente intorno al 3,3%.
In Ue, tra i Paesi con l’inflazione più bassa troviamo poi Finlandia, Svezia, Italia e Germania, rispettivamente con un 8%, 8,3%, 8,4% e 8,5%. Sono invece i Paesi baltici a trovarsi con l’inflazione più alta, infatti abbiamo la Lituania con un tasso di inflazione al 20,9%, la Lettonia con un 21,3% e l’Estonia addirittura al 23,2%.
BCE: “possibile che stiamo entrano in una recessione tecnica”
Le previsioni della Bce non fanno che confermare il quadro poco incoraggiante che vediamo osservando i dati di Eurostat sull’inflazione. Il quadro delineato dalla banca centrale è in netto peggioramento per la crescita nell’area euro, e Isabel Schnabel, del Comitato esecutivo della Bce ha spiegato a tal proposito: “non escluderei la possibilità che stiamo entrando in una recessione tecnica”.
“Le preoccupazioni che avevamo a luglio non sono state alleviate” ha spiegato ancora la Schnabel, riferendosi alla decisione di alzare i tassi di interesse di mezzo punto a luglio e alle prospettive per la riunione dell’8 settembre. “Se si guarda a una qualsiasi delle misurazioni dell’inflazione di fondo, stanno salendo ulteriormente e sono ai massimi storici” ha spiegato poi nel corso di un’intervista rilasciata a Reuters.
E quanto ai tassi di inflazione, anche una volta entrati in recessione le cose non andranno a migliorare. Lo spiega la stessa Schnabel, che infatti ha affermato che “anche se entrassimo in recessione, sarebbe abbastanza improbabile che le pressioni inflazionistiche scendano da sole. Quello che stiamo vedendo è uno shock da offerta che sta rallentando la crescita e allo stesso aumenta le pressioni inflazionistiche” ma “il rallentamento della crescita probabilmente non è sufficiente a indebolire l’inflazione, per quanto riduca le pressioni sui prezzi attraverso una domanda più fiacca”.
Con l’aumento dell’inflazione fino all’8,9% nell’eurozona, secondo l’esponente tedesca del direttivo della banca centrale, non si può neppure escludere un ulteriore rialzo di mezzo punto percentuale dei tassi di interesse.
“A luglio abbiamo deciso un rialzo da 50 punti base alla luce delle prospettive d’inflazione. Al momento non credo che queste prospettive siano fondamentalmente cambiate” ha spiegato ancora la Schnabel, che entrando poi nel merito dei reinvestimenti del programma pandemico Pepp, evidenziando che “l’uso di questo strumento, come qualsiasi altro, deve essere proporzionato. Questo implica che vada attivato solo nella misura necessaria. All’inizio della pandemia abbiamo visto che brevi interventi possono essere sufficienti per stabilizzare i mercati” ha poi osservato l’esponente della Bce.
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