Per molto tempo si è stati abituati a guardare alle banche come a dei colossi inscalfibili, ben resistenti a qualsiasi turbolenza.
In realtà, anche se in parte l’assunto è ancora veritiero, nemmeno gli istituti di credito sono business esenti da crisi e default.
Dunque, è lecito domandarsi: quanto è solida la banca alla quale affidiamo i nostri risparmi? Dobbiamo preoccuparci perché ci sono banche che rischiano il fallimento o possiamo depositare con la massima serenità i nostri soldi sulle sue casse?
Banche italiane (per ora) estranee alla crisi creditizia
In questo scenario la prima cosa che dobbiamo condividere con i nostri lettori è che per il momento le banche italiane sono rimaste estranee alla crisi creditizia che ha coinvolto SVB (negli USA) e Credit Suisse (in Svizzera), né hanno riportato conseguenze.
Peraltro, le due crisi bancarie non hanno nemmeno alcuna relazione diretta, eccezion fatto il nesso temporale. Come a dire che, al di là del fatto che le difficoltà sono emerse a pochi giorni l’una dall’altra, non vi sono connessioni tra quanto accaduto tra SVB e Credit Suisse.
La garanzia sui conti correnti
Chiarito che, per il momento, non ci sono segnali di tensione o di difficoltà tale da far sorgere qualche grattacapo tra i risparmiatori italiani, bisogna anche ricordare che i depositi liquidi in conto corrente sono garantiti dal Fondo interbancario di tutela dei depositi fino a 100.000 euro.
La garanzia vale sempre, per tutti i conti correnti e sarebbe pronta a coprire qualsiasi saldo fino alla concorrenza del limite di cui sopra.
Le banche sono davvero al sicuro?
Nonostante la rassicurazione della garanzia di cui sopra, molti risparmiatori non si dicono sufficientemente sereni dall’operatività del Fondo. D’altronde, questa garanzia interviene solo dopo che la crisi scoppiata e, evidentemente, sarebbe opportuno prevenirla dirottando i propri fondi nel porto più sicuro.
Anche da questo punto di vista, però, val la pena rammentare come BCE e Bankitalia abbiano previsto una serie di requisiti che le banche devono soddisfare e che dovrebbero permettere di prevenire buona parte delle criticità. Un focus pubblicato qualche giorno fa dal Corriere della Sera Economia a cura di Stefano Righi ha provato a fare luce sui principali parametri. Proviamo a sintetizzarli.
Gli attivi
Il primo parametro che viene preso in considerazione per capire se la banca può fallire o no sono gli attivi o, meglio, i total assets, intesi come il totale di tutti gli attivi dell’istituto di credito.
Non si tratta comunque del parametro di maggiore rilievo. D’altronde, come ha dimostrato la recente esperienza, anche gli operatori più grandi possono andare in difficoltà e il principio dei too big to fail è tramontato da tempo.
Le esposizioni al rischio
È allora sicuramente più proficuo guardare alle esposizioni al rischio, ovvero quanto la banca ha in pancia dei crediti che potrebbero diventare inesigibili.
Il Cet1 ratio, ad esempio, è l’indicatore mette in rapporto l’indicatore Cet 1 (di norma, il capitale ordinario versato) e le attività ponderate per il rischio. La BCE vuole che le banche abbiano un indicatore superiore all’8%: tutte le banche italiane di maggiore grandezza sono ben sopra questo livello.
Un altro indicatore è il Tcr, Total capital ratio, che mette in rapporto il capitale di vigilanza e le esposizioni rischiose, definendo così quanto l’istituto di credito possa restituire il denaro ai propri clienti mediante le sole garanzie del proprio patrimonio. La BCE richiede un valore minimo del 10,5% e, anche in tal senso, tutte le principali banche italiane sono ben al di sopra di questo livello.
La liquidità
Si giunge così all’ultimo requisito fondamentale per la solvibilità della banca, il Lcr, Liquid coverage ratio. Per l’indice di liquidità della banca la BCE ha fissato un valore minimo del 100% e nessuna principale banca italiana, anche in questo caso, rischia di non rispettarlo (Intesa Sanpaolo ha un valore quasi doppio).
Vi è poi l’Nsfr, Net stable funding ratio, che misura il rapporto tra l’importo di provvista stabile disponibile e quello di provvista stabile obbligatoria. Il valore minimo è sempre del 100% e, anche in questo caso, le banche italiane sembrano avere valori ben rassicuranti.
Ma allora possiamo dire che le banche italiane sono solide?
La risposta di sintesi è positiva. Certo, lo scenario potrebbe cambiare e la crisi di un grande istituto di credito potrebbe determinare qualche scossone in quelli collegati. Tuttavia, all’orizzonte le condizioni di solidità delle grandi banche italiane sono comunque sufficientemente soddisfacenti da far dormire sonni tranquilli ai risparmiatori.
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