I buoni fruttiferi postali sono investimenti fruttuosi: ma ci sono aspetti fiscali da valutare?
I buoni fruttiferi postali costituiscono un’opzione di investimento a medio-lungo termine emessa dalla Cassa Depositi e Prestiti SpA e distribuita esclusivamente tramite Poste Italiane.
Da quando sono stati introdotti nel 1924, complice la loro emissione da parte di una società gestita dallo Stato, questi strumenti di investimento sono stati riconosciuti per la loro percepita bassa rischiosità.
Il loro funzionamento è piuttosto intuitivo: il risparmiatore effettua un versamento, anche di modesta entità, che accumula interessi basati sull’importo investito, la durata e il tipo di buono selezionato. I buoni fruttiferi postali offrono una solida garanzia statale e sono esenti dall’imposta di successione, vantaggi che ne fanno un’opzione attraente per coloro con una propensione al rischio limitata.
Tuttavia, in un contesto finanziario in evoluzione, questa scelta ha visto l’arrivo di altre opportunità sul mercato finanziario, ideali per chi ricerca di guadagni più significativi.
Buoni fruttiferi postali: sono previste tasse?
I buoni fruttiferi di Poste Italiane sono da tempo un punto di riferimento per gli italiani che cercano strumenti di risparmio affidabili e redditizi. Negli ultimi anni, il rialzo dei tassi di interesse li ha resi ulteriormente competitivi. Tuttavia esistono anche considerazioni fiscali da valutare attentamente.
È fondamentale considerare l’aspetto fiscale. Di fatto, i buoni fruttiferi postali sono soggetti a una tassazione specifica. Essi sono sottoposti a un’imposta sostitutiva del 12,5% sugli interessi che maturano annualmente. Un ulteriore onere fiscale è rappresentato dall’imposta di bollo dello 0,2% sul possesso, che viene applicata una volta superata una certa soglia.
Ci sono esenzioni?
Un punto importante da considerare riguarda il regime di esenzione fiscale per i residenti all’estero. Se il risparmiatore risulta residente all’estero al momento dell’emissione del buono fruttifero, può essere esente dall’imposta sostitutiva, a condizione che risieda in uno Stato che garantisca un adeguato scambio di informazioni con l’Italia.
Se il buon fruttifero risulta cointestato con una persona residente in Italia allora gli interessi a favore del non residente non beneficiano di esenzione da imposta sostitutiva.
Questo contenuto non deve essere considerato un consiglio di investimento.
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