La guerra tra Russia e Ucraina continua ormai da quasi 3 mesi e sta seriamente preoccupando l’Unione europea, soprattutto dopo il rapporto redatto da Palazzo Berlaymont, che evidenzia perfettamente tutte quelle che sono le carenze individuate nel sistema di difesa dei 27 Paesi membri.
La conclusione cui si è giunti a Bruxelles appare tanto semplice quanto inquietante: se la guerra dovesse proseguire ancora e se si dovesse stendere anche al territorio dell’Ue, al momento ci ritroveremmo completamente impreparati ad affrontare un simile conflitto con la Russia.
Secondo El Pais, che ha pubblicato in esclusiva i contenuti del documento, le carenze militari dell’Ue sarebbero “tante quante il numero dei suoi soldati”. Il generale Carlo Landi, in un’intervista rilasciata a Money.it, ha infatti spiegato che in caso di un attacco missilistico verso l’Italia, al momento il nostro Paese non avrebbe un sistema di difesa in grado di intercettare con anticipo i missili, che come si sa sono potenzialmente in grado di trasportare anche delle testate nucleari, in dotazione alla Russia.
Basandosi proprio su queste evidenti carenze, e vista anche la guerra in corso, è nata la richiesta (successivamente riportata nero su bianco) da parte della Commissione europea e rivolta a tutti gli Stati membri, di aumentare di 200 miliardi la spesa militare nei prossimi anni.
La richiesta fa riferimento, inoltre, a un tipo di acquisto congiunto degli armamenti, come già accaduto con i vaccini contro il Covid-19 acquistati in questi anni.
La possibile estensione della guerra preoccupa l’Ue
Mentre si attende che prenda piede dopo i numerosi annunci il progetto dell’esercito comunitario, in seguito allo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, Ursula von der Leyen ha avanzato una doppia richiesta agli Stati membri, ossia aumentare la spesa militare e accrescere anche la percentuale degli acquisti congiunti (che per il momento resta bloccata attorno all’11%).
Secondo gli ultimi dati, nel 2021 i 27 hanno già speso più di 216 miliardi di euro per la difesa, vale a dire più o meno la porzione del Recovery Plan che spetta all’Italia.
Portare ad un aumento di questo valore di altri 200 miliardi, in altre parole equivarrebbe a raddoppiare questa voce di bilancio. L’Italia, in tutta risposta, assieme ad altri membri della Nato, si è già impegnata a portare la spesa militare fino al 2% del Pil, ma da Bruxelles fanno sapere che la preoccupazione che questo enorme flusso di denaro venga speso in modo errato (come già accaduto in passato), non è poca.
Ursula von der Leyen ha infatti affermato: “il ritorno della guerra in Europa ha evidenziato gli effetti di anni di spesa insufficiente per la difesa. Abbiamo perso un decennio negli investimenti per la difesa a causa di tutti questi tagli. Tuttavia, gli Stati membri stanno ora invertendo questa tendenza”.
“Ora dobbiamo mantenere lo slancio. Dobbiamo assicurarci che questo denaro venga speso in modo coordinato, che colmi le lacune di capacità individuate sia dall’Ue che dalla Nato, che rafforzi la nostra base industriale europea della difesa a lungo termine”.
Il modello suggerito da Palazzo Berlaymont, quindi, è quello utilizzato anche per l’acquisto dei vaccini anti-Covid, dove il tutto è stato gestito da Bruxelles e successivamente le dosi sono state suddivise tra i vari Paesi (saldando ovviamente il pagamento per la fornitura richiesta) tenendo conto delle necessità dei singoli Stati.
Secondo la Commissione europea, ciò comporterebbe diversi benefici, tra cui quello di riuscire ad acquistare i migliori sistemi di difesa disponibili ad un prezzo minore, oltre che a risparmiare nelle spese di studio, che al momento vengono sostenute dai singoli Stati.
“Istituiremo immediatamente una task force con gli Stati membri – ha sottolineato la presidente della Commissione europea – per coordinare i rifornimenti immediati e le esigenze di approvvigionamento. Sarà accompagnato da uno strumento di incentivazione finanziare all’acquisto congiunto. E in autunno proporremo un regolamento per garantire che gli appalti congiunti beneficino dell’esenzione totale dell’Iva“.
Sia l’aumento della spesa che l’acquisto congiunto sono per ora solamente delle richieste da parte della Commissione europea, che quindi possono essere recepite o meno dai vari Stati.
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