Gli aumenti dei prezzi nel comparto energetico, quindi l’inflazione e gli ulteriori aumenti determinati dalle sanzioni imposte contro la Russia stanno pesantemente penalizzando l’economia dei Paesi Ue, con l’Italia che si trova a pagare il prezzo più alto delle scelte compiute in questi ultimi due anni in particolare, tanto in politica interna quanto in politica estera.
La gestione dell’emergenza Covid-19 ha determinato la più grave crisi economica dal dopoguerra in Italia, e la tanto attesa ripresa con il rimbalzo del PIL è stata ben al di sotto delle aspettative ma, soprattutto, è stata troppo presto rimpiazzata da una nuova crisi legata alla gestione della crisi ucraina.
Bruxelles ha deciso di seguire infatti la strada delle sanzioni contro la Russia al fianco degli Stati Uniti, ma mentre la nostra economia paga un prezzo altissimo per questa scelta, per gli Usa si aprono scenari completamente diversi, con un notevole incremento delle esportazioni di prodotti energetici verso l’Europa al fine di riempire almeno una piccola parte del buco lasciato dall’embargo contro i prodotti energetici russi.
PIL Paesi Ue in calo, Italia in recessione
In un contesto di grave crisi economica i Paesi dell’Unione Europea si trovano ad affrontare in questa fase un rapido ulteriore peggioramento della situazione per via dei forti rincari sui prodotti energetici, dal gas ai carburanti, con conseguente aumenti sulle bollette di gas e luce, e dei prezzi di diesel e benzina.
Complice un’inflazione che tocca ora i massimi dal 1991 in Italia assistiamo in particolare ad un inevitabile calo dei consumi e ad un forte rallentamento dell’economia nel suo insieme. I dati ISTAT relativi al primo trimestre 2022 ci mostrano una situazione a dir poco preoccupante, con un Paese in recessione economica e pessime prospettive future per le settimane e i mesi a venire.
L’impatto delle sanzioni contro la Russia ha infatti colpito con forza anche l’economica dei Paesi Ue, con un primo trimestre in cui il PIL della Francia si ferma, quello della Spagna rallenta registrando un +0,3% contro il +2,2% del trimestre precedente, e il PIL dell’Italia che va in negativo con un -0,2% contro il +0,7% del trimestre precedente.
A reggere il colpo sembra essere, tra le grandi economie dell’area euro, solo la Germania, che registra un incremento del +0,2% del PIL.
Il calo che registrano i Paesi Ue in questo primo trimestre 2022 arriva, come evidenziano dall’Istat, dopo quattro trimestri di crescita determinata dal rimbalzo dopo il brusco calo legato a lockdown e restrizioni in chiave anti-Covid dell’anno precedente.
L’Istat ricorda che il calo che si registra in questa fase è caratterizzato da “una crescita dell’agricoltura, una sostanziale stazionarietà dell’industria e un calo dei servizi”. Per quel che riguarda la domanda interna, al netto delle scorte, il contributo alla crescita del PIL è positivo; negativo è invece il contributo che arriva dalle esportazioni che risultano in calo.
In questi primi tre mesi del 2022 poi non vediamo ancora il calo della produzione industriale legato ai rincari dei prodotti energetici. Questo tuttavia non vuol dire affatto che suddetto calo non si andrà a concretizzare, infatti da Confindustria fanno sapere che questo potrebbe avvenire già a partire dal secondo trimestre con un forte impatto.
Rispetto al primo trimestre 2021 nel primo trimestre 2022 in Italia si registra una crescita del +5,8%, ma si tratta appunto della crescita tendenziale. Non solo, non dimentichiamo che gli effetti delle sanzioni imposte contro Mosca si ripercuotono sul primo trimestre solo in minima parte, essendo l’operazione speciale russa iniziata solo a fine febbraio.
Inflazione, dopo 9 mesi rallenta ma resta da record
L’unico dato positivo arriva sull’inflazione, che dopo 9 mesi di costante crescita mostra un lieve rallentamento che, tuttavia, non le impedisce di toccare il record dal 1991.
L’indice inflattivo nel mese di aprile registra un aumento del +0,2% su base mensile, e un incremento del +6,2% su base annua contro il +6,5% del mese precedente.
Dall’Istat ricordano che un livello di inflazione così alto non si toccava in Italia dal settembre 1991, con una crescita dei beni energetici che passa dal +50,9% di marzo al +42,4% di aprile, mentre i prezzi dei generi alimentari, dei prodotti per la cura della casa e della persona accelerano passando dal +5% al +6%.
Un lieve rallentamento dell’inflazione si registra sui prodotti ad alta frequenza di acquisto che passano da un +6,5% ad un +5,9%.
Nell’area euro complessivamente l’inflazione si mostra in aumento nel mese di aprile (+7,5% contro il +7,4% di marzo) secondo i dati di Eurostat. In ambito energetico si registra un +38% contro il +44,4% di marzo, mentre per alimenti, alcol e tabacco si passa dal +5% di marzo all’attuale +6,4%. Per quel che riguarda i servizi si passa invece dal +2,7% al +3,3%.
Non solo in Italia quindi, ma anche negli altri Paesi europei l’inflazione continua a farsi sentire nonostante il lieve calo registrato nel mese di aprile. In Germania si attesta intorno al +7,4%, record dal 1981, mentre in Spagna dopo aver toccato il +9,8% a marzo si attesta ora intorno al +8,4%.
Incassa bene la Germania, gli USA accusano il colpo
Rispetto all’andamento degli altri Paesi dell’Ue, la Germania se la passa tutto sommato discretamente, anche grazie al calo del PIL di 0,7 punti percentuale registrato nell’ultimo trimestre 2021, seguito dall’incremento del +0,2% del primo trimestre 2022. Si deve la migliore performance economica all’aumento degli investimenti, ma il saldo tra esportazioni e importazioni registra un dato negativo.
Per quanto riguarda la Spagna l’Istituto Nazionale di Statistica spiega che ad aver influito sul dato del primo trimestre 2022 influiscono sia l’impatto della variante Omicron che le sanzioni contro la Russia. Si registra comunque un incremento del PIL del +6,4% su base tendenziale.
In Francia abbiamo un PIL del primo trimestre che resta invariato rispetto all’ultimo trimestre 2021, ma le stime erano quelle di un incremento del +0,3%. Si stima sulla base di questi ultimi dati una crescita annua del +5,3% contro il +5,5% dell’anno precedente, mentre i consumi sono in calo del -1,3% contro le stime di una crescita del +1,2%.
Gli Stati Uniti intanto fanno registrare dati inattesi, con un calo a sorpresa legato a due componenti volatili: le scorte e gli scambi commerciali internazionali, che risentono degli effetti della guerra tra Russia e Ucraina e dall’inflazione e del loro impatto su una catena di approvvigionamento già in crisi.
Questa situazione incerta alimenta i timori per una recessione economica, e il rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Federal Reserve per contrastare il caro prezzi pesa sulla ripresa economica del Paese.
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