La globalizzazione, intesa come processo che porta ad un sempre maggior scambio di merci e capitali, al movimento di persone, tecnologie e idee da un Paese a un altro in tutto il mondo, in un certo qual modo è finita.
Oggi infatti, non si va più verso un aumento di questi movimenti transfrontalieri, ma verso una progressiva riduzione di essi. In altre parole, da almeno una dozzina di anni, si sta andando in una direzione diversa, quanto meno per quel che riguarda la maggior parte degli aspetti della globalizzazione.
Secondo Goldman Sachs, tuttavia, non si può parlare di deglobalizzazione tout court, ma dal momento che si tratta di un processo di rallentamento di quei movimenti che caratterizzano il fenomeno, si può parlare di slowbalization, oppure di una nuova forma di globalizzazione, quindi newbalization.
La globalizzazione rallenta, quali sono le cause?
Quel processo che Goldman Sachs definisce di slowbalization è in realtà iniziato diversi anni fa, probabilmente tra il 2006 e il 2008, quando alcuni numeri hanno mostrato un cambio di tendenza.
Oggi quel processo non solo è ancora in atto ma sta subendo una forte accelerazione, in parte a causa della crisi ucraina, con conseguente introduzione, da parte delle potenze economiche occidentali, di pesanti sanzioni contro la Russia che hanno di fatto creato una frattura che si allarga progressivamente tra due blocchi economici.
In parte, l’accelerazione che ha subito in questi ultimi anni il processo di rallentamento della globalizzazione è dovuta all’emergenza Coronavirus, che ha indotto una parte delle più forti economie del mondo a imporre lockdown e misure restrittive che hanno prodotto una sorta di effetto domino sull’economia mandando in crisi la supply chain.
Il processo però, come accennato, era iniziato ben prima di lockdown e sanzioni contro la Russia (che ora si stanno estendendo anche alla Cina), e stando a quanto evidenziato dallo studio di Goldman Sachs, era partito nel 2008.
Rapporto tra commercio e PIL globale in calo
Abbiamo detto che per globalizzazione intendiamo quel processo che consiste nella crescita dei movimenti transfrontalieri di merci, capitali, persone, tecnologie e idee, e che da una dozzina d’anni circa questo processo di fatto non è più in atto.
Assistiamo infatti ad un evidente rallentamento di questi scambi, o meglio di alcuni di essi, ed è la nota banca d’affari statunitense ad indicare le caratteristiche del processo cui stiamo assistendo.
Goldman Sachs evidenzia tre aspetti di questo fenomeno, cominciando dallo scambio di merci. Fa notare infatti che a partire dalla grande crisi finanziaria del 2008 il commercio globale ha subito un incremento del 35% per quel che riguarda il suo valore complessivo, e un incremento del 35% per quel che riguarda il volume degli scambi.
Il punto è che questa crescita risulta essere inferiore di 4 punti percentuale rispetto alla crescita del PIL globale. Questo indica che il rapporto tra commercio e PIL globale è in calo, passando dal 51% del 2008 all’attuale 47%.
Un ruolo molto importante, secondo Goldman Sachs, lo gioca in questo caso l’economia cinese, che contribuisce ai flussi di commercio estero in misura inferiore di un buon 26% rispetto al 2006.
Flussi di capitale e flussi di persone
Se per quel che riguarda gli scambi di merci notiamo un calo del rapporto tra commercio e PIL globale, per quel che riguarda i flussi di capitale ci troviamo di fronte ad uno scenario tutto sommato simile.
Anche in questo caso possiamo osservare come a fronte di volumi complessivi di investimenti transfrontalieri in aumento dalla metà degli anni 2000 vi sia una crescita del PIL globale nello stesso periodo di tempo molto più lenta.
Lo stesso fenomeno lo possiamo osservare anche nell’ambito dei flussi di persone, con flussi netti di immigrazione verso le economie avanzate che sono risultati in calo negli ultimi dieci anni, e una percentuale complessiva di persone nate in un Paese diverso da quello dei propri genitori che risulta invece in crescita fino a toccare il 13% del totale.
La banca d’affari americana fa notare però, per quel che riguarda questo aspetto in modo particolare, che il fenomeno dell’immigrazione che interessa oggi l’Europa è destinato a subire un forte aumento, complice la guerra in Ucraina. Basti pensare che oggi si contano già circa 4,9 milioni di persone che hanno abbandonato il Paese governato da Volodymyr Zelenski.
Newbalization e slowbalization nello studio di Goldman Sachs
C’è però un comparto nel quale il processo di globalizzazione non ha subito alcuna variazione di tendenza, ed è quello dello scambio di tecnologie, dati e idee.
In questo campo assistiamo ad un sempre maggior movimento di hardware e servizi per le comunicazioni, giunti ora a superare il 3% del PIL globale. Negli ultimi dieci anni in questo ambito si è registrato infatti un incremento di un punto percentuale.
Se diamo poi uno sguardo all’aspetto connettività, possiamo osservare un aumento di 115 volte dal 2008 ad oggi del traffico medio dei cavi internazionali di fibra ottica, dove una parte importante della crescita pari all’80% circa del totale, è legata alla crescita dei provider di contenuti, come le grandi piattaforme social quali Facebook, Instagram, o i portali streaming come Netflix.
In conclusione, spiegano gli esperti di Goldman Sachs, non si può parlare di una vera e propria deglobalizzazione, visto che si tratta solo del rallentamento di un processo tuttora in atto che, peraltro, interessa solo una parte di quel fenomeno.
Assistiamo quindi ad una globalizzazione più lenta, una “slowbalization” secondo Goldman Sachs, e al tempo stesso ad una nuova globalizzazione, quindi “newbalization”.
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