Non è ancora iniziata la stagione estiva ma molti imprenditori del settore turistico-ricettivo hanno già iniziato a lamentarsi delle difficoltà che riscontrano nella ricerca di personale, incolpando di ciò, ancora una volta, il Reddito di Cittadinanza.

Sarebbe infatti per via del reddito di cittadinanza, secondo quanto affermano, che è diventato impossibile trovare personale disposto a lavorare in alberghi, ristoranti, spiagge attrezzate e complessi turistici in generale.

E mentre anche il ministro del Turismo, il leghista Massimo Garavaglia, non perde tempo per rilanciare l’ennesimo attacco al reddito grillino, anche la stampa da fiato alle trombe con titoli che lasciano pochi dubbi al lettore meno attento: se non si trova personale per la stagione estiva è perché i giovani preferiscono stare a poltrire sul divano con il reddito di cittadinanza.

Peccato che la realtà dei fatti sia un po’ più complessa e, dovrebbe essere inutile dirlo, molto lontana da quella descritta. Questo quanto meno è ciò che emerge da inchieste ed approfondimenti basati sui numeri.

Crisi lavoratori settore turistico, colpa del reddito di cittadinanza?

Ristoratori e albergatori non hanno perso tempo, con l’ormai imminente inizio della stagione estiva partono puntuali le lamentele legate alle presunte difficoltà di trovare personale per via del reddito di cittadinanza.

Non curanti della realtà dei fatti e dei dati concreti che raccontano una storia completamente diversa, molti imprenditori del turismo incolpano il sussidio grillino se non riescono a trovare personale. Ne parlano in questi giorni praticamente tutti i quotidiani, con titoli a senso unico che fanno eco alle lamentele dei ristoratori.

Ne fa una raccolta “pescando qui e là” Il Fatto Quotidiano che riporta titoli di varie testate. “Camerieri introvabili a Pesaro, dicono no a 1.700 euro: ‘hanno il reddito di cittadinanza'” (Il Resto del Carlino); “Lavoro, ristoranti e bar in crisi: non si trova personale. ‘Colpa del reddito di cittadinanza'” Corriere di Siena; “Mancano stagionali nel Salento, l’allarme degli imprenditori” (Gazzetta del Mezzogiorno).

Garavaglia: “il reddito di cittadinanza affossa il turismo”

E naturalmente non ha perso occasione per ribadire un concetto che la Lega ha già espresso più e più volte, il ministro del Turismo del Carroccio, Massimo Garavaglia che in una intervista rilasciata a Il Corriere del Veneto in occasione del Vinitaly, ha dichiarato: “purtroppo il mercato del lavoro è viziato dal reddito di cittadinanza”.

Nell’intervista il ministro ha poi spiegato: “mi raccontavano alcuni chef che non è un problema solo dei cittadini italiani, ma anche dei lavoratori stranieri” e ancora “anche loro vanno solo tre giorni a settimana, con il lavoro a chiamata, e rinunciano al contratto stagionale per non perdere il reddito. In verità, abbiamo fatto un gran pasticcio”.

Non che ci fosse bisogno di leggere l’intera intervista per capire quale fosse il messaggio che intendeva veicolare, visto il titolo: “il reddito affossa il turismo”.

Crisi lavoratori stagionali, colpa del reddito? Cosa dicono i numeri

Ma come stanno realmente le cose, e perché molti imprenditori del settore turistico non riescono a trovare lavoratori disposti a fare la stagione estiva? Ma soprattutto, è davvero colpa del reddito di cittadinanza? Il primo punto da chiarire è che “quasi la metà dei percettori del reddito ha già un lavoretto, pagato talmente poco da lasciarli ben al di sotto la soglia di povertà” evidenzia Il Fatto Quotidiano.

Il sussidio erogato dall’Inps in quei casi ammonta mediamente a 580 euro al mese, che non sono esattamente cifre da capogiro. D’altra parte parliamo di un mercato nel quale circa il 25 per cento dei lavoratori dipendenti rientra nella categoria dei cosiddetti ‘working poor’.

Inoltre oltre il 30 per cento dei percettori tenuti a sottoscrivere il contratto per il lavoro ha firmato un contratto dopo che gli era stato riconosciuto il reddito di cittadinanza.

Ma veniamo ai dati ufficiali che, come accennato, smentiscono clamorosamente le dichiarazioni di taluni imprenditori del settore turistico. Nel corso dell’estate l’Osservatorio sul precariato dell’Inps ha rilevato aumenti continui delle attivazioni di contratti stagionali, a livelli mai registrati negli anni precedenti la pandemia.

Non dimentichiamo che il RdC è stato introdotto a ridosso della pandemia, a marzo 2019, e stando ai dati dell’Osservatorio nel 2021 abbiamo avuto un aumento delle assunzioni stagionali da 656 mila a 920 mila, pari al +40% rispetto al 2020, l’anno del primo lockdown per intendersi, che sono però anche 188 mila in più rispetto al 2019 e 260 mila in più rispetto al 2018.

Nessuna crisi delle assunzioni evidentemente per quel che riguarda il lavoro stagionale, e questo nonostante condizioni di lavoro spesso pessime e ben oltre i limiti dello sfruttamento. Non mancano le inchieste che dimostrano con prove audio e video quali sono le condizioni di lavoro proposte durante i colloqui per l’assunzione di stagionali, tra buste paga vergognose e orari massacranti.

In Veneto “a pesare sono semmai la qualità delle proposte di lavoro e i salari”

Se il quadro dipinto poco fa ritrae la situazione su base nazionale, con le inevitabili distinzioni ed eccezioni del caso, è doveroso domandarsi se per caso la situazione descritta dal ministro del Lavoro non riguardi in particolare il Veneto.

In realtà, ammesso che vi siano effettivamente reali difficoltà nel settore turistico per quel che riguarda la ricerca di personale disposto a fare la stagione estiva, queste non risultano legate all’introduzione del reddito di cittadinanza.

Veneto Lavoro, ente strumentale della Regione a guida leghista, mostra nel suo ultimo report sui contratti a termine che nel 2021 sono stati assunti oltre 130 mila lavoratori stagionali, contro i 129 mila del 2018, quindi prima del Covid e prima dell’arrivo del reddito grillino.

Quanto all’aspetto dell’impatto che il sussidio avrebbe avuto sul settore turistico della Regione del Nord-est, è utile ricordare che su un totale di 4,9 milioni di abitanti, a percepire il reddito di cittadinanza secondo l’Inps sono poco più di 40 mila nuclei familiari.

Che il Reddito di Cittadinanza non abbia provocato nessuna crisi del settore lo conferma anche Maurizio Rasera, dell’Osservatorio sul mercato del lavoro regionale di Veneto Lavoro, il quale ha spiegato che “non è certo il reddito a fare la differenza”.

Sottolineando che il sussidio “in Veneto raggiunge una platea ristretta e difficilmente occupabile. A pesare semmai sono la qualità delle proposte di lavoro e i salari. Oltre al fatto che probabilmente, visto che prima della guerra in Ucraina qui c’era una forte domanda di lavoratori anche nel manifatturiero, molti hanno preferito collocarsi in quel settore piuttosto che in quello turistico in cui i contratti tendono ad essere di breve durata”.

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