Nei giorni scorsi il Parlamento Ue ha dato il via libera alla risoluzione di maggioranza con cui si impongono ulteriori sanzioni contro Mosca, e tra queste è previsto anche l’embargo ai prodotti energetici, il che significa niente gas e niente petrolio. La risoluzione è stata approvata con 513 voti favorevoli, 19 le astensioni e 22 i voti contrari.
Embargo gas russo, per Assoutenti crescita dei prezzi superiore all’8%
Abbiamo già appreso in questi giorni che le stime degli esperti di Bankitalia Spa per quel che riguarda le ripercussioni sulla crescita economica del Paese sono ben peggiori di quelle contenute nel Documento di Economia e Finanza stilato dal governo di Mario Draghi.
Il peggiore degli scenari, quello in cui l’Italia si trova costretta a fare a meno del gas russo senza essere ancora riuscita a rimpiazzare quella quota pari al 40% delle importazioni di gas dall’estero, comporta secondo gli esperti di via Nazionale una recessione economica della durata di due anni, con un PIL in calo del -0,5% circa per il 2022 e per il 2023.
Un disastro economico senza precedenti, con una crescita dei prezzi dell’8% secondo gli esperti della Banca d’Italia, una stima che tuttavia potrebbe rivelarsi fin troppo ottimistica. Secondo Assoutenti, che ha sviluppato un’analisi degli effetti dell’embargo del gas sui cittadini italiani e sulle loro abitudini, l’impennata dei prezzi sarebbe persino peggiore.
In caso di embargo del gas “cittadini costretti a rivoluzionare del tutto le proprie abitudini”
Ma quali saranno le conseguenze dirette e immediate che sperimenterebbero i cittadini italiani nel momento in cui ci fosse un effettivo embargo del gas russo? Assoutenti non usa giri di parole per spiegare che gli Italiani dovrebbero cambiare le proprie abitudini per via di una fortissima impennata dei prezzi ma anche per via del razionamento dei prodotti energetici.
Con l’embargo si finirebbe in una situazione da economia di guerra, e in termini di maggiori costi per le famiglie si parlerebbe di oltre 3 mila euro l’anno in più.
A lanciare l’allarme in un comunicato è Assoutenti, l’associazione di tutela dei consumatori, la quale spiega che “in caso di effettivo embargo del gas, a partire dal prossimo autunno si registreranno conseguenze dirette per milioni di famiglie e imprese italiane che costringeranno i cittadini a rivoluzionare del tutto le proprie abitudini quotidiane”.
Secondo Assoutenti “uno stop alle importazioni del gas russo farebbe sentire i suoi effetti in particolare a partire dal prossimo autunno”. “La riduzione delle disponibilità di energia porterebbe inevitabilmente ad un razionamento delle forniture che colpirebbe sia le attività produttive, sia le famiglie” spiegano ancora dall’associazione dei consumatori.
Quello che gli Italiani devono aspettarsi in caso di embargo del gas russo, secondo Assoutenti, è la limitazione del consumo di elettricità nelle case, con una sospensione delle forniture di gas nei condomini a certe ore della giornata. Questo vuol dire che le famiglie, in alcune ore della giornata, non potranno cucinare, né usare l’acqua calda o accendere il riscaldamento.
Nomisma “le forniture di gas dalla Russia non sono sostituibili in pochi mesi”
Di cosa si devono aspettare gli italiani con l’embargo del gas russo ha parlato anche Davide Tobarelli, fondatore di Nomisma Energia, che prima di tutto sottolinea che la risoluzione votata dal Parlamento europeo è una “strada certamente percorribile”.
Dire che sarà necessario stringere la cinghia è un coraggioso eufemismo, perché di fatto dalla Russia importiamo circa il 40% del gas che consumiamo, e circa il 60% dell’energia elettrica che produciamo arriva dalle centrali a gas.
Tobarelli conferma quindi che l’embargo dei prodotti energetici russi è fattibile, ma “occorre fare un razionamento” perché “i 29 miliardi di metri cubi di gas che prendiamo dalla Russia non sono sostituibili in pochi mesi” ha spiegato a margine della conferenza stampa indetta da Assopetroli-Assoenergia.
“Se arriviamo a 15 è già un successo, ma ne mancano comunque altri 14” spiega ancora Tobarelli. Il resto in qualche modo ce lo dovranno ‘mettere’ gli Italiani, e pare proprio che sarà quella la direzione che imboccherà il nostor governo, con Mario Draghi che ha già fatto sapere che l’Italia si adeguerà alle decisioni di Bruxelles su un eventuale blocco del gas russo.
Ridurre consumo energetico presupposto per la pace, una presa in giro
Le dichiarazioni che il presidente del Consiglio ha rilasciato nel corso della conferenza stampa di qualche giorno fa, quando ha annunciato che l’Italia si sarebbe unita all’embargo sul gas russo, hanno lasciato quanto meno perplessi milioni di cittadini.
In quell’occasione Mario Draghi è arrivato a porre la questione in questi termini: “preferite il riscaldamento acceso e l’aria condizionata d’estate o la pace?”. Parole che sono francamente difficli da commentare.
Una replica è comunque arrivata dal presidente nazionale dell’Unione per la Difesa dei Consumatori, Denis Nesci. “Ridurre il consumo energetico, ponendolo come presupposto per la pace, suona come una presa in giro” ha ribattuto Nesci “in questo modo ricadrebbero sui cittadini scelte di cui è il Governo ad essere responsabile”.
Il presidente dell’associazione dei consumatori ha ricordato infatti di come già prima che la Russia avviasse l’operazione speciale in Ucraina gli Italiani si trovavano in “condizioni disastrose” per via di rincari insostenibili sulle bollette.
“Il governo dovrebbe spiegare se l’economia sia in grado, o meno, di sostenere un ulteriore razionamento dei consumi” ha quindi affermato Denis Nesci “l’aumento dei prezzi dell’energia, del carburante e del carrello della spesa è una costante già dall’inizio della pandemia”.
Nesci ha quindi ricordato che con i rincari sul costo delle materie prime ci sono stati aumenti anche del 150% su alcuni prodotti, e che l’Italia si è trovata già a registrare “mezzo milione di occupati in meno, oltre 4 milioni di cittadini ridotti al lastrico, e la chiusura di moltissime aziende”.
Le associazioni dei consumatori chiedono quindi degli interventi decisi a sostegno dei cittadini, in grado di attutire l’impatto della crisi energetica. Inoltre anche le categorie dei distributori di metano e di petrolio sono in agitazione, e preannunciano uno sciopero di tre giorni dal 3 al 5 maggio nel caso in cui con il prossimo provvedimento il governo non risponda alle loro richieste.
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