Dire che le stime della Banca d’Italia non sono buone è un coraggioso eufemismo, in realtà già quelle sviluppate nel Def dall’esecutivo di Mario Draghi presentano scenari tutt’altro che rosei, ma secondo gli esperti di Bankitalia la situazione in caso di embargo agli idrocarburi dalla Russia sarebbe ben peggiore.
L’Italia verso lo stop alle forniture di gas dalla Russia
Il governo dell’ex presidente della Bce ha deciso di unirsi alle sanzioni contro la Russia, di inviare armi e aiuti all’Ucraina, un Paese che, è doveroso ricordarlo, non fa parte né dell’Unione Europea né della NATO, e anche grazie ad una serie di iniziative e dichiarazioni poco lungimiranti si è conquistato un posto tra i cosiddetti Paesi ostili a Mosca.
Il risultato di questa politica è che gli Italiani, come peraltro i cittadini di molti altri Paesi europei, rischiano di ritrovarsi senza le preziose forniture di gas provenienti dalla Russia. Un pericolo che diventa di giorno in giorno più tangibile, e che dopo la decisione del Cremlino di richiedere il pagamento del gas in rubli invece che in euro o in dollari è diventato più concreto che mai.
Ma cosa succederebbe in Italia se il governo di Mario Draghi decidesse di non pagare il gas in rubli, cioè di fatto decidesse di non pagare il gas russo? L’erogazione si interromperebbe e questo comporterebbe una interminabile serie di disagi ed enormi danni economici all’intero Paese.
Le stime di Bankitalia: l’Italia in recessione per due anni
Il governo di Mario Draghi nel Def ha inserito delle stime che rispetto a quelle fatte dalla Banca d’Italia in questi giorni risultano oltremodo ottimistiche. Secondo l’attuale esecutivo nel peggiore degli scenari, cioè in caso di interruzione delle forniture di gas dalla Russia senza che siano stati prima trovati dei fornitori alternativi, il Paese registrerebbe comunque una crescita seppur minima del PIL.
Una stima che Bankitalia però non condivide. Questo peggior scenario, quantomai realistico peraltro, produrrebbe effetti ben più gravi sull’economia del Paese. Se il governo prevede una crescita del Pil del +0,6% invece del +3,1% dello scenario base, gli esperti di via Nazionale prevedono una recessione lunga due anni, con un calo del Pil del -0,5% con inflazione all’8%.
Nello scenario peggiore previsto dalla Banca d’Italia le ostilità non solo si protraggono, ma si aggravano fino a comportare una minore disponibilità di gas per l’Italia con un “arresto delle forniture dalla Russia della durata di un anno a partire da maggio”.
L’Italia non potrebbe far altro che rivolgersi ad altri fornitori, come peraltro sta giù facendo cercando di potenziare altri canali a cominciare da quello dai Paesi del Nord Africa. Tuttavia con lo stop delle forniture di gas dalla Russia si avrebbe una riduzione di circa il 10% della produzione del settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata.
Le conseguenze si vedrebbero subito sulle attività manifatturiere ad alta intensità energetica, le cosiddette imprese energivore, ma non solo. Ci sarebbero infatti “effetti indiretti legati alla minore offerta da parte dei settori a valle e a una diminuzione di occupazione, redditi e domanda aggregata”.
Inevitabile un ulteriore aumento dei prezzi del gas naturale, che toccherebbero nuovi record superando i livelli di inizio gennaio di 130 punti nel 2022 e di circa 90 punti nel 2023. E nel frattempo avremmo un rialzo dei prezzi del petrolio di circa 40 punti nel 2022, e 30 punti nel 2023.
Ed ecco che si arriverebbe ad un calo del PIL “di quasi mezzo punto percentuale sia quest’anno che il prossimo”. Se andiamo a fare il confronto con quanto prefigurato nel Bollettino economico di gennaio 2021, il PIL risulterebbe ridimensionato di oltre 7 punti percentuale per il biennio 2022-2023.
E non è finita perché da Bankitalia tengono anche ad evidenziare che “nell’attuale contesto di fortissima incertezza non si possono escludere scenari ancora più sfavorevoli”.
Le previsioni di Bankitalia: lo scenario più favorevole
Ci sono poi anche gli scenari più ottimistici, in uno dei quali si ipotizza una rapida risoluzione del conflitto in Ucraina con conseguente “significativo ridimensionamento delle tensioni che attualmente sostengono i prezzi delle materie prime”. Questo determinerebbe una riduzione delle incertezze di mercato e incrementerebbe la fiducia.
In questo scenario i prezzi del gas e del petrolio tornerebbero sui livelli attesi all’inizio di gennaio a partire dalla seconda metà del 2022, e in questo modo si annullerebbero gli incrementi impliciti nelle attuali quotazioni dei future.
Avremmo un’espansione del PIL del +3% nel 2022, che si attesterebbe poi al +3,1% nel 2023. L’inflazione andrebbe al 4% nel 2022 e scenderebbe al,’1,8% nel 2023.
Le previsioni di Bankitalia: lo scenario intermedio
Nello scenario intermedio di Bankitalia la guerra si protrae ancora per qualche mese, i prezzi delle materie prime rimangono alti come preannunciano i contratti future e si ha una compressione della domanda estera di beni e servizi italiani dell’1% circa.
In questo scenario intermedio la crescita del PIL italiano sarebbe del +2,2% soltanto nel 2022, e si attesterebbe intorno al +1,8% nel 2023. L’inflazione sarebbe al 5,6% nel 2022 e scenderebbe al 2,2% l’anno prossimo.
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