Non sono certo rosee le previsioni economiche del 2022 con l’Italia a rischio recessione tecnica secondo le recenti stime di Confindustria. Gli esperti dell’associazione di categoria hanno infatti ipotizzato che la crescita del PIL nel 2022 sarà ben al di sotto delle previsioni di pochi mesi fa, con il primo semestre dell’anno in recessione tecnica.
il Centro Studi di Confindustria (CSC) ha tagliato le stime di crescita del PIL Italia 2022 dal +4,1% al +1,9%, per complessivamente 2,2 punti percentuale di crescita in meno. Le stime di ottobre 2021 indicavano la crescita oltre il 4% ma la situazione attuale in cui incide pesantemente la decisione di aderire alle sanzioni economiche contro la Russia costringe ad una revisione importante.
Nel 2021 l’economia italiana aveva registrato un buon risultato nel confronto con il 2020, anno del lockdown generale, con una crescita del PIL del +2,3%. E, secondo gli esperti di Confindustria, considerato “l’ottimo rimbalzo dell’anno scorso” l’Italia “entrerebbe così in una recessione tecnica seppur di dimensioni limitate” registrando un calo del PIL del -0,2% nel primo trimestre, e del -0,5% nel secondo.
Per sperare di tornare ai livelli pre-Covid si dovrà attendere quindi almeno il secondo trimestre del 2022, fino al primo trimestre 2023. Per l’anno prossimo intanto le stime di crescita del PIL vengono riviste in un +1,6% in considerazione della crescita stimata ora al +1,9% per il 2022.
Per Confindustria si tratta di stime che “spaventano in maniera molto forte”
Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha spiegato in occasione della conferenza stampa di presentazione del rapporto che “anche nello scenario meno complicato i numeri che sono usciti dal rapporto” di previsione del CsC “spaventano, spaventano in maniera molto forte”.
Si tratta di numeri che “danno concretezza ad un allarme crescente, e purtroppo inascoltato, che Confindustria ha iniziato a lanciare già prima della guerra, quando già si vedeva un rallentamento”.
Una situazione quindi che dalla decisione di unirsi alle sanzioni contro la Russia dipende solo in parte, ma che iniziava a profilarsi già prima di questa scelta.
Contro il caro energia “misure insufficienti”
Confindustria evidenzia quindi i problemi che già indicavano una situazione di allarme prima dell’inizio della guerra in Ucraina, ed accusa il governo di non aver fatto abbastanza nell’ambito dei rincari sulle bollette di energia elettrica e gas.
La crisi energetica già penalizzava pesantemente famiglie e imprese, mettendo seriamente a rischio la crescita economica del Paese. Confindustria calcola infatti un maggior onere sulla bolletta energetica di 5,7 miliardi su base mensile che diventano 68 miliardi di euro su base annua, e definisce insufficienti le misure adottate dall’esecutivo guidato da Mario Draghi per contrastare i rincari.
“La risposta rapida e strutturale che aspettiamo l’abbiamo illustrata da settimane al Governo. È un tetto al prezzo del gas” spiega Bonomi “le misure fin qui adottate dal governo non sono sufficienti”.
Ed è ancora il numero uno di Confindustria a sottolineare che in Italia il costo industriale di benzina e gasolio “non è il più alto, ma c’è la più elevata quota di accise e Iva aggiunta al distributore” e “decidere un taglio limitato a 30 giorni fa solo pensare che il Mef non intenda rinunciare a nulla di un prelievo così inaccettabilmente elevato”.
Il ministro dell’Economia Daniele Franco però fa sapere che gli interventi del governo contro il caro energia “soprattutto sul lato impresa andranno continuati e ulteriori interventi sono senz’altro possibili”.
Quanto alle stime economiche sulla crescita del PIL, il ministro ha chiarito: “noi usciremo come governo nel Documento di Economia e Finanza con una previsione cauta sul PIL, perché c’è grandissima incertezza. Come l’anno scorso è meglio essere smentiti per essere stati pessimisti piuttosto che troppo ottimisti”.
Anche gli effetti del Pnrr sono a rischio
Quello attuale si presenta come uno scenario economico nel quale “anche gli effetti positivi derivanti dall’implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono a rischio, perché alcuni degli investimenti previsti potrebbero essere di difficile realizzazione ai prezzi attuali” spiegano dal Censtro Studi di Confindustria nel rapporto di primavera sulle previsioni per l’economia italiana.
Viene fatto inoltre notare che “la scarsità di vari materiali potrebbe rendere difficoltoso realizzare alcuni investimenti nei tempi previsti. È quindi probabile che alcuni progetti debbano essere rivisti alla luce del contesto attuale, affinché il Piano possa essere effettivamente implementato”.
Ma per completare il quadro ed avere una visione d’insieme è necessario considerare anche il costo della guerra in Ucraina che, almeno con l’attuale livello di coinvolgimento dell’Italia, ci costa circa 41 miliardi di euro.
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