Nei giorni scorsi il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato che i Paesi ostili dovranno pagare il gas in rubli. Una lista lunga, quella dei Paesi ostili, che comprende buona parte dei Paesi europei tra cui naturalmente l’Italia, che con tanto impegno e tanta dedizione supporta la causa del governo di Volodymyr Zelensky.

Il Cremlino provvederà a introdurre una norma che di fatto obbliga il colosso del gas russo Gazprom a modificare la valuta dei contratti per le forniture di gas in rubli. Nei giorni scorsi il solo annuncio da parte del presidente Putin ha prodotto un effetto positivo sulla moneta russa, che ha recuperato terreno sia sull’euro che sul dollaro.

L’Italia è pronta a fare a meno del gas russo?

L’Italia è il secondo Paese, dopo la Germania, che maggiormente dipende dalle forniture di gas dalla Russia. Circa il 40% del fabbisogno del Paese viene soddisfatto attualmente attraverso l’importazione di gas dalla Russia, mentre il restante 55% arriva da Paesi dell’Africa e del Medioriente. Solo il 5% del fabbisogno di gas arriva da giacimenti italiani.

Non dimentichiamo poi che circa il 60% del fabbisogno di energia elettrica dell’Italia arriva da centrali a gas, il che significa che una carenza di gas avrebbe pesanti ripercussioni sulle forniture in tutto il Paese.

In questo momento l’Italia non è affatto pronta a fare a meno del gas russo, tuttavia pagare in rubli sembra sia un’opzione non contemplata. Ne ha parlato proprio in questi giorni l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, che ha escluso categoricamente questa possibilità.

Italia rischia di restare a corto di gas perché “Eni non ha rubli”

“Eni non ha rubli” ha dichiarato Descalzi stando a quanto riportato dall’Ansa che cita Bloomberg, precisando poi che “i contratti prevedono il pagamento del carburante in euro, e i contratti dovrebbero essere modificati per cambiare i termini”.

Pagare in rubli insomma sembra sia un problema per Eni che suggerisce: “l’Europa dovrebbe guardare all’Africa per più forniture di gas”. Il problema è che potenziare questo canale alternativo per rimpiazzare le ingenti forniture di gas russo non è un obiettivo che si può conseguire nel breve termine e, probabilmente, nemmeno in un lungo lasso di tempo.

Eni però ha già preso una posizione netta, con l’amministratore delegato che ribadisce: “Eni non pagherà il gas russo in rubli”. Descalzi ha poi sottolineato che “la richiesta della Russia di esportare il suo gas naturale per essere pagato in rubli è un problema per i mercati energetici perché sta causando volatilità nei prezzi ed è molto difficile pagare quella valuta”.

Europa “una scatola vuota quando si tratta di energia”

La decisione di imporre sanzioni contro la Russia cui il governo di Mario Draghi ha deciso di unirsi con entusiasmo rischia di colpire pesantemente anche l’economia del nostro Paese, fortemente dipendente da Mosca per le forniture di energia.

Il problema però, seppur in misura diversa a seconda dei casi, riguarda un po’ tutti i Paesi europei perché, come ammette lo stesso amministratore delegato di Eni “l’Europa non ha proprie risorse energetiche e non ha sufficiente capacità di rigassificazione del Gnl per soddisfare la richiesta”. “L’Europa è una scatola vuota quando si tratta di energia” ha poi eloquentemente osservato Descalzi.

Una situazione piuttosto delicata, per usare un eufemismo, e i tempi stringono. Infatti è entro il 31 marzo che il presidente russo Vladimir Putin si aspetta un rapporto del governo, della banca centrale russa e dal colosso del gas Gazprom, circa l’attuazione del cambio della valuta nei contratti coi Paesi ostili in rubli come ricorda l’agenzia Ria Novosti.

“Il governo della Federazione Russa, insieme alla banca di Russia e alla società per azioni Gazprom, dovrebbe attuare una serie di misure per modificare la valuta di pagamento delle forniture di gas naturale ai Paesi dell’Unione europea ostili”.

Nel frattempo tutto quello che può fare l’Europa, avendo scelto la strada delle sanzioni contro la Russia nel contesto della crisi ucraina, è cercare maggiori forniture di gas dagli Stati Uniti che, da questa particolare congiuntura hanno solo da guadagnare.

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