La crescita dell’Italia sarà ben al di sotto delle aspettative, e a troncare le speranze nel clamoroso e quanto mai improbabile rimbalzo dell’economia è l’agenzia di rating statunitense Fitch, che attesta le stime di crescita del PIL del Bel Paese non oltre un misero +2,7%.
Le stime precedenti erano, evidentemente, troppo ottimistiche e altrettanto irrealistiche, d’altra parte continuare ad imporre misure restrittive che continuano a danneggiare diversi settori a cominciare da turismo e ristorazione, non poteva che portare a risultati di questo tipo quanto a rapidità della ripresa economica.
Crescita del PIL italiano ‘azzoppata’ dalla dipendenza del gas russo
A questi problemi di gestione politica della diffusione del Covid-19 che, quanto meno in Italia viene presentata ancora oggi come una emergenza sanitaria, si vanno ad aggiungere ulteriori ostacoli alla crescita economica, come l’inflazione senza precedenti dovuta anche ai rincari su gas e luce e, più di recente, dagli aumenti del prezzo del petrolio con conseguente impennata del costo dei carburanti.
Risultato: l’Italia non crescerà più del +2,7% secondo l’agenzia di rating Fitch che sottolinea come l’Italia in particolare tra i Paesi europei paghi le conseguenze della politica ostile a Mosca. È infatti il Bel Paese, più degli altri Stati europei, a dipendere dalla Russia, ma questo non ha frenato il governo dallo schierarsi apertamente con il governo di Kiev che, lo ricordiamo, non fa parte né della Nato né dell’Ue.
La prima risorsa di cui l’Italia ha bisogno per mandare avanti l’economia in questo momento è il gas, ed è proprio la Russia il nostro maggior fornitore. Infatti come spiega Fitch circa “un quinto del consumo totale primario di energia” del nostro Paese dipende dal gas russo, ed è il livello più alto tra le quattro principali economie dell’Eurozona.
Crescita del PIL Italia, non sarà del +4,3% ma del +2,7%
Questo fattore rende quindi il nostro Paese “particolarmente esposto alla crescita dei prezzi e a qualsiasi interruzione delle forniture”. Insomma la dipendenza dalla Russia è profonda, e stiamo parlando solo del gas per ora. Ed eccoci a fare i conti con il drastico ridimensionamento delle stime da parte dell’agenzia di rating Usa.
Non sarà quindi del +4,3%, come inizialmente previsto, bensì del +2,7% la crescita del PIL dell’Italia nel 2022. L’aumento dei prezzi accompagnerà famiglie e imprese italiane probabilmente fino alla fine dell’anno, con ulteriori incrementi stimati fino al 3,1%, e senza adeguate difese sulla parte retributiva in quanto a fronte di minori consumi “il potere di spesa reale è anche limitato da una debole crescita dei salari”.
Non ci sarà, o almeno al momento questo è il sentore, il cosiddetto second round effect, vale a dire una spirale inflativa dovuta alla richiesta di buste paga più sostanziose, un effetto che preoccupa molto la Banca Centrale Europea.
Confcommercio prevede un calo della ricchezza nazionale dell’1,7%
Intanto nel fine settimana Confcommercio ha espresso le sue preoccupazioni circa l’attuale situazione economica del Paese, con dati che non dicono nulla di buono. La previsione dell’associazione di categoria è quella di una contrazione della ricchezza nazionale dell’1,7% nel solo mese di marzo 2022, con uno score annuale che non andrà oltre il +3% anche dando fondo alle risorse stanziate per il Pnrr.
Ed era stata invece Confindustria, a inizio marzo, a paventare nei prossimi mesi un netto calo della produzione industriale, visti i segnali di debolezza che già arrivavano forti e chiari nei mesi di gennaio e febbraio.
Minor crescita del PIL e contraccolpi sul percorso di riduzione dell’indebitamento
Una crescita del PIL al di sotto delle aspettative in un momento in cui ci si aspettava, o meglio era fondamentale, avere una crescita forte che desse respiro a famiglie, lavoratori e imprese profondamente penalizzati da due anni di restrizioni imposte in chiave anti-contagio, non è solo indice di quanto il Paese sia in difficoltà, ma anche a sua volta causa di ulteriori ripercussioni sull’economia.
La minor crescita economica dell’Italia rischia infatti di avere delle conseguenze sul percorso di riduzione dell’indebitamento. Lockdown e restrizioni imposti nel dichiarato intento di contenere la diffusione del Sars-Cov-2 ha fatto precipitare il rapporto debito/Pil dal 134,8% del 2019 al 155,3% del 2020, per poi avere un recupero fino al 150,4% nel 2021.
Ora il Paese dovrà fare i conti con una crescita al di sotto delle aspettative che secondo le stime di Fitch si attesterà intorno al +2,7%, e nel momento in cui gli aiuti della Bce verranno meno, a cominciare dallo scudo anti-spread che fino a questo momento ha reso possibile una gestione dei conti pubblici tutto sommato tranquilla da parte del ministro del Tesoro Daniele Franco, le cose si complicheranno molto.
L’Italia rischia un nuovo declassamento da parte delle agenzie di rating
A dicembre era stata la stessa Fitch a riportare il rating dell’Italia su un tripla B con outlook stabile proprio in considerazione del miglioramento del deficit e del debito pubblico indotto da una crescita maggiore del PIL.
Ora però lo scenario non è più quello di una crescita maggiore, bensì decisamente inferiore alle stime iniziali. Abbiamo insomma un evidente peggioramento dei conti e questo potrebbe esporre l’Italia ad un declassamento da parte delle agenzie di rating, e questo potrebbe innescare le consuete tensioni sui mercati finanziari col rischio di precipitare il nostro Paese in una spirale discendente molto preoccupante.
Cosa succede a livello globale
Se l’Italia se la passa decisamente male, possiamo dire che nel resto del mondo le cose non vanno benissimo.
Fitch ha rivisto infatti le stime a livello globale, ridimensionando anche le stime di crescita mondiale ma solo di 0,7 punti percentuale fino al +3,5% (le stime di crescita dell’Italia sono state riviste al ribasso di 1,6 punti fino a +2,7%).
Per quanto riguarda l’Eurozona la crescita attesa era del +4,5% ma sarà solo del +3% (taglio delle stime di 1,5 punti) mentre per gli Stati Uniti la riduzione della crescita stimata da Fitch è di soli 0,2 punti, e si attesterà intorno al +3,5% anche per effetto di un aumento dei tassi più rapido del previsto.
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