Ad essere stati messi in crisi dalla guerra in Ucraina sono diversi settori, con un allarme particolarmente preoccupante che riguarda alcuni generi alimentari, e ad essere stato danneggiato, ma soprattutto a rischiare serie ripercussioni in un futuro piuttosto vicino, è il mercato dell’automobile.

Nello specifico poi ci interessa sapere ora quali saranno le ripercussioni sul mercato dell’auto elettrica, e quanto la guerra in Ucraina e le relative sanzioni imposte contro la Russia, andranno ad incidere sugli obiettivi che l’Unione Europea si era prefissati nell’ambito della cosiddetta transizione Green.

Obiettivi transizione green irraggiungibili se guerra in Ucraina perdura a lungo

Partiamo dagli obiettivi di Bruxelles e, per estensione, dei Paesi membri Ue che prevedevano che entro il 2035 in Europa si vendessero solo auto nuove ad emissioni zero. In Italia in particolare entro il 2030 si doveva arrivare ad avere oltre 6 milioni di veicoli elettrici circolanti, ma sono obiettivi ancora realistici alla luce degli ultimi sviluppi della crisi ucraina?

Quel che sappiamo per certo è che queste due tappe sono state per ora confermate, ma se la guerra dovesse protrarsi più a lungo cosa succederà? Sarà davvero possibile perseguire ancora questi obiettivi nonostante le sanzioni imposte alla Russia prevedano anche il blocco delle sue esportazioni di nickel, cobalto e altre materie prime fondamentali a cominciare dal gas naturale?

I principali analisti finanziari ritengono che la prima conseguenza di un protrarsi del conflitto armato in Ucraina sarà una frenata della domanda in Europa di auto elettriche. Ricordiamo che complessivamente in Europa le immatricolazioni di veicoli elettrici sono arrivate a superare il 10% del totale nel 2021, ma se la guerra durerà a lungo i target di decarbonizzazione delle economie occidentali non saranno raggiungibili.

Le stime di LMC Automotive

Le stime di LMC Automotive ci aiutano ad avere un’idea più precisa di quali sono gli scenari che dobbiamo aspettarci nel mercato dell’auto elettrica nel caso in cui la guerra in Ucraina durerà a lungo.

Il report di LMC Automotive evidenzia come sia possibile sostituire il petrolio russo, ma sia molto più difficile ridurre la dipendenza dei Paesi europei dal gas russo, che viene utilizzato per la produzione del 20% circa dell’elettricità europea se guardiamo i dati del 2020.

L’Europa si trova quindi nella situazione di dover puntare tutto, e in fretta, sulle fonti rinnovabili, ma per quanto si possa tentare di accelerare il processo di transizione verso l’energia pulita, si tratta comunque di una soluzione a lungo termine.

Servirà una rapida accelerazione verso il nucleare e l’energia eolica, l’energia solare e idroelettrica, ma non basterà a rimpiazzare del tutto il gas russo dal quale continueremo a dipendere ancora a lungo.

Perché l’Europa possa rendersi del tutto indipendente dalle esportazioni di gas naturale dalla Russia sarebbe necessario, stando al report di LMC, come minimo raddoppiare la produzione di energia da fonti rinnovabili, e dovrebbe avvenire nel più breve tempo possibile.

Non solo, bisogna fare qualcosa per la dipendenza dalla Russia anche per il nichel, che nei giorni scorsi ha raggiunto il prezzo di 100 mila dollari per tonnellata. Ci sono poi anche altre materie prime che riceviamo dalla Russia e delle quali non possiamo fare a meno per mandare avanti il settore dell’automobile, a cominciare da quelle che servono per la produzione delle batterie.

Senza queste materie prime i produttori di auto elettriche in particolare si troveranno costretti a interrompere i piani per ridurre i prezzi, e anzi si troveranno costretti ad aumentarli, con un’inevitabile frenata dei consumi.

Non dimentichiamo che, in Italia in particolare, il mercato dell’auto in generale ha beneficiato di diversi incentivi che hanno spinto i consumatori all’acquisto in un momento in cui, altrimenti, avrebbero preferito aspettare tempi migliori.

Ma tornando alla carenza delle materie prime che ci sono sempre arrivate dalla Russia, per la produzione delle batterie si potrebbe optare per l’adozione di quelle a ioni di litio fosfato (LFP), che non contengono né nichel né cobalto e quindi permetterebbero di non dipendere dall’import dalla Russia, ma il loro sviluppo è troppo recente e in più si tratta di batterie adatte a vetture di fascia bassa e entry-level.

L’aumento dei prezzi dei carburanti è un incentivo troppo debole

In teoria il forte aumento dei prezzi dei carburanti cui stiamo assistendo dovrebbe rappresentare un valido incentivo all’acquisto di auto elettriche, in quanto si andrebbe verso una notevole riduzione dei consumi.

Tuttavia questo è vero in teoria, ma all’atto pratica si tratta di un incentivo troppo debole in quanto, come spiega lo studio di LMC, nella scelta finale del consumatore la prospettiva di dover spendere qualche decina di euro in più per riempire il serbatoio è comunque meno problematica di quella di dover spendere diverse migliaia di euro in più per l’acquisto di un veicolo elettrico.

Inoltre resta la speranza, più o meno fondata, che con l’acquisizione di forniture alternative per il petrolio vi sia nei prossimi mesi una riduzione del prezzo dei carburanti, mentre abbassare il prezzo di vendita dei veicoli elettrici in caso di persistere della situazione attuale in Ucraina, diventa piuttosto difficile.

È chiaro che ci si aspetta qualche nuovo incentivo che il governo dovrebbe introdurre per salvare il settore e continuare a spingere sulla transizione ecologica per raggiungere gli obiettivi fissati, ma non è detto che ciò avvenga, specie in Italia, visto che allo stato attuale molte risorse sono destinate ad altri bonus e agevolazioni di maggiore importanza.

A confermare l’aumento dei costi di produzione di veicoli elettrici, e di conseguenza dei prezzi di vendita, in seguito alle sanzioni applicate al nichel russo anche GlobalData, che sottolinea il rischio che i target di decarbonizzazione finiscano per saltare.

Nel frattempo la Russia si sta rivolgendo sempre più a est per rimpiazzare le esportazioni ad ovest. Questo per la Cina potrebbe essere un vantaggio in quanto le aziende di veicoli elettrici cinesi potrebbero acquistare le materie prime russe a prezzi più bassi. Questo rafforzerebbe ulteriormente la posizione della Cina nella catena di approvvigionamento di metalli per batterie a livello globale.

Secondo GlobalData inoltre anche se le case automobilistiche occidentali ricorressero ad altri produttori di nichel come l’Indonesia o le Filippine si avrebbero conseguenze negative sul mercato europeo dell’auto elettrica.

Tanto per cominciare si avrebbe inevitabilmente un aumento delle emissioni inquinanti per via dell’allungamento delle catene di approvvigionamento. D’altra parte le materie prime dovrebbero fare un percorso molto più pungo per giungere in Europa dall’altro capo del mondo, senza contare che si tratta di Paesi che spesso adottano pratiche meno rispettose dell’ambiente rispetto agli standard europei.

Inoltre considerato che le società cinesi svolgono un ruolo molto importante nelle principali miniere di nichel in questi Paesi, rivolgersi a Indonesia e Filippine per rimpiazzare il fornitore russo ci spingerebbe verso una dipendenza dalla Cina che, come si è reso evidente in questi giorni, si colloca politicamente molto vicino alla Russia.

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