Le conseguenze economiche della guerra in Ucraina che si ripercuotono sui Paesi occidentali sono piuttosto pesanti e riguardano svariati comparti, uno dei quali è appunto quello dell’automotive, peraltro già in profonda crisi per via delle ripercussioni di lockdown e restrizioni imposte nell’ambito dell’emergenza Coronavirus.

Il settore dell’auto era già ampiamente in difficoltà per via del drastico calo delle vendite registrato a partire dalla prima metà del 2020, ed ora si trova a fronteggiare una sfida che, specie in questo momento, potrebbe produrre conseguenze catastrofiche per l’intero comparto.

Il mercato dell’automobile già in crisi da inizio 2020

Ma cosa sta succedendo esattamente al mercato italiano dell’auto? Si tratta di un settore di importanza vitale per l’Italia, ma anche per altri Paesi europei, e tanto da noi quanto nel resto d’Europa sta attraversando una crisi senza precedenti iniziata nel 2020.

In Italia abbiamo assistito con il primo lockdown imposto dal governo a inizio marzo 2020, ad un vero e proprio blocco delle immatricolazioni, e da lì in poi il mercato italiano dell’automotive non si è mai ripreso.

Gli incentivi statali, a cominciare dagli ecobonus auto, hanno offerto lo spunto per una ripartenza di un settore che era sprofondato fino ad un -98% delle vendite di nuovi veicoli. Gli incentivi statali hanno poi giocato un ruolo importante per spingere verso una ripresa, così pure il progressivo allentamento delle restrizioni che erano state imposte in chiave anti-contagio.

Tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 il mercato italiano dell’automobile sembrava essersi sostanzialmente ripreso, ma i livelli del periodo pre-Covid erano ancora lontani. I numeri delle vendite del 2019 erano ancora molto lontani, e i più ottimisti contavano di poter tornare su quelle cifre già nel 2022, un auspicio che si è clamorosamente infranto contro una realtà di guerra che non lascia scampo.

La crisi delle materie prime e dei semiconduttori

Il blocco totale delle vendite dovuto a lockdown e restrizioni imposti a inizio 2020 non è che una parte della crisi che il settore sta affrontando, ed è quella legata in senso stretto alla peculiare linea politica adottata in Italia.

Sulla stessa linea dell’Italia, anche se raramente tramite provvedimenti altrettanto restrittivi, si sono mossi anche altri grandi Paesi d’Europa e del resto del mondo, il che ha mandato in crisi diversi settori, contribuendo a causare la crisi dei trasporti e delle materie prime, tra cui i semiconduttori, fondamentali per l’industria dell’auto.

Di conseguenza abbiamo assistito ad una seconda battuta d’arresto per l’intero settore, con un rallentamento della produzione di veicoli e quindi con lo slittamento delle consegne delle nuove auto acquistatte. Potevano servire diversi mesi per la consegna di un’auto nuova, ed ora è in arrivo una terza, ancor più pesante, battuta d’arresto rappresentata dalla guerra in Ucraina.

La guerra in Ucraina e la crisi del mercato dell’auto

Il 24 febbraio scorso la Russia ha deciso di intervenire con le proprie forze armate nel contesto della crisi ucraina, dove da 8 anni ormai si consumava una tragedia umanitaria ai danni delle popolazioni russe e russofone, specie nelle regioni a maggioranza russa del Donbass.

L’inizio della guerra rischia di dare un altro duro colpo al mercato italiano dell’automobile, per via delle conseguenze sul settore della componentistica che è quello maggiormente esposto.

Il punto è che l’industria europea dell’automobile importa fino a 3-4 miliardi di dollari di componenti dall’Ucraina ogni anno, e queste importazioni vitali per il settore sono ora ad alto rischio, senza contare le materie prime importate annualmente dalla Russia, che sono almeno 4 volte tanto, alle quali l’Europa dovrà per forza di cose rinunciare.

Secondo Dario Duse, managing director della società di consulenza globale Alix Partners “gli effetti incrociati sulla disponibilità di materie prime e di componenti amplificheranno il problema di un’industria già impegnata in una trasformazione profonda e tesa: oltre alle ripercussioni sul prezzo e sulla disponibilità di energia, l’Europa nel 2019 importava dalla Russia 18 miliardi di dollari di materie prime destinate anche all’auto”.

Il mercato europeo dell’auto dipende da Russia e Ucraina per materie prime e componentistica

Per mandare avanti l’industria dell’automobile, l’Europa importa prevalentemente ferro e pig-iron, cioè ghisa grezza usata per produrre ghisa grigia) ma anche alluminio, nickel, platino, che sono tutti metalli che vengono impiegati nei catalizzatori e nelle leghe.

Non solo, perché l’Europa importa anche la gomma e il nero di carbone per gli pneumatici e il neon che serve a realizzare alcuni microchip indispensabili nell’industria del settore automotive.

Tra l’altro, come accennato, non è tanto dall’Ucraina che l’Europa importa materie prime fondamentali per l’industria dell’automobile, ma dalla Russia. Ed è proprio alla Russia principalmente che il settore si affida  per l’importazioni di componenti fondamentali.

Le più importanti materie prime e componenti per il mercato europeo dell’automobile arrivano infatti dalla Russia. Il nickel utilizzato per le batterie ad esempio, o l’alluminio che serve per la realizzazione della carrozzeria.

Poi ci sono gli pneumatici coi più grandi stabilimenti dei maggiori produttori che si trovano in Russia, e parliamo di Bridgestone, Pirelli, Michelin, Continental, Nokian, e tutte quante, come tra l’altro diverse case automobilistiche, hanno annunciato il blocco della produzione in Russia e dei rapporti con la Russia proprio in risposta all’intervento armato di Mosca in Ucraina.

In conclusione quello a cui stiamo per assistere è l’ennesimo e probabilmente il più duro dei colpi assestati al mercato europeo (e quindi anche italiano) dell’automobile.

È questo il parere di Dario Duse do Alix Partners, il quale ritiene che se pandemia, lockdown e restrizioni hanno “determinato una revisione della strategia di approvvigionamento dei produttori auto” ora “la crisi in Ucraina li spingerà oltre”.

Marian AleixPartners Parigi “Il problema dei cablaggi è che sono fondamentali”

Il conflitto in Ucraina determina conseguenze pesanti per il mercato europeo dell’automobile, sia per via delle difficoltà materiali nell’accedere alle risorse fino ad oggi annualmente esportate dai Paesi coinvolti direttamente nel conflitto, che per via delle sanzioni imposte alla Russia che, di fatto, impediscono ai Paesi europei di commerciare con Mosca.

Ci sono poi da mettere in conto tutte le iniziative intraprese dalle società occidentali che hanno deciso di troncare i ponti con la Russia, e qui troviamo i due colossi dell’automotive come BMW e Volkswagen, che hanno chiuso i loro impianti in tutta Europa, segnale secondo quanto afferma lo stesso Financial Times, di quanto il settore sia in “grave affanno”.

Ma quali sono gli ostacoli che l’industria dell’automobile non è attualmente in grado di superare? Uno dei maggiori problemi deriva dalla carenza dei cablaggi. “Il problema dei cablaggi è che sono fondamentali” ha infatti spiegato Alexandre Marian, amministratore delegato della società di consulenza AlixPartners a Parigi “non si può iniziare ad assemblare un’auto senza i cablaggi”.

Ma le case automobilistiche non potrebbero rivolgersi ad altri fornitori? Per altre componenti forse sì, ma per i cablaggi, che sono fatti su misura, diventa molto più difficile. “Ogni modello ha un proprio sistema individuale progettato al millimetro affinché i produttori possano sistemare al meglio i fili necessari” leggiamo sull’argomento su Il Giornale, che evidenzia come “spostare la produzione dalle sedi naturali rappresenta un vero e proprio rompicapo logistico”.

Bisogna tener conto infatti delle difficoltà legate sia all’ipotesi di realizzare i cablaggi altrove, sia a quella di uno spostamento delle attrezzature, che sarebbe reso particolarmente complicato per via dei vari passaggi di frontiera da affrontare e il trasporto di tecnologia per migliaia di chilometri.

Per spostare la produzione fino a 2 milioni di sterline e sei mesi di tempo

Se per cablare le auto si decide di costruire le nuove attrezzature necessarie altrove, le spese da sostenere saranno ingenti, e i tempi tecnici necessari non sono così brevi. Si stima che la spesa complessiva dell’operazione si possa aggirare tra 100 mila e 2 milioni di sterline, mentre quanto ai tempi tecnici si parla di 3 – 6 mesi.

Dalla BMW fanno sapere che stanno già lavorando con i loro “fornitori colpiti dalla crisi ucraina per trovare soluzioni insieme, e per sostenerli nella loro attuazione, sia che si tratti di mantenere la produzione in Ucraina o in luoghi alternativi”.

Infatti in Ucraina, nonostante la guerra, alcuni fornitori stanno cercando di mantenere in piedi la produzione, anche se con ritmi più blandi. Resta però il problema di far arrivare i prodotti finiti in Europa in quanto le spedizioni attraverso il confine polacco verso gli stabilimenti automobilistici sono rese difficili se non impossibili dall’elevato numero di rifugiati che lo attraversano che ha portato alla chiusura al trasporto commerciale tradizionale.

Poi c’è da considerare il problema della carenza di autisti di camion, che sono stati colpiti dalle leggi di “coscrizione” ossia l’obbligo di prestare servizio nelle forze armate ucraine, e non possono lasciare il Paese.

Alcuni stabilimenti hanno quindi deciso di chiedere aiuto a quei pensionati che non hanno problemi di questa natura per via del raggiungimento dei limiti di età. In tutto ciò assume una certa rilevanza il fatto che nelle fabbriche ucraine la maggior parte dei dipendenti sono donne, e la loro manodopera non è a rischio come quella degli uomini tra i 18 e i 60 anni, perché per loro non vigono le leggi di coscrizione.

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