In questi giorni i Paesi occidentali sono attraversati da una forte ondata di sentimento anti-russo derivante prevalentemente da una narrazione a senso unico che non si prefigge l’obiettivo di far comprendere le cause del conflitto armato tra Russia e Ucraina, ma di consegnare all’opinione pubblica un racconto semplificato in cui da una parte ci sono i buoni e dall’altra i cattivi, e c’è un unico colpevole: Putin.
I media si rivolgono agli spettatori con servizi in Tv costruiti ad arte per trasmettere emozioni invece che informazioni, con tanto di immagini strazianti senza alcun commento, accompagnate solo da una musica ’emozionale’. I media occidentali mirano alla pancia dello spettatore e ci arrivano benissimo, con tutto ciò che questo comporta.
Abbiamo ora il ‘civile’ Occidente, unito nell’inclusività, nella lotta al razzismo e alla discriminazione, nella ferma condanna di ogni forma di violenza verbale e non, mostrare un’altra faccia che, a dire il vero, si era intravista nelle prime fasi della pandemia di Covid-19, per poi apparire in modo evidente con obblighi vaccinali e Green Pass, e infine mostrarsi completamente oggi, con la guerra in Ucraina.
Il messaggio trasmesso da un po’ di anni a questa parte non è mai stato quello di rispettare il prossimo, indipendentemente dalle sue idee, dai suoi gusti sessuali, dalla sua religione o dalla sua provenienza, ma quello di rispettare le specifiche categorie di soggetti espressamente indicate dai signori del discorso.
Sicché abbiamo il democratico Occidente che inizia ad indicare in modo piuttosto chiaro quali sono le eccezioni ai suoi principi fondanti. La discriminazione ad esempio, continua ad essere da condannare, ma solo se ad essere discriminati non sono i cosiddetti ‘no vax’, che vengono esclusi dalla vita sociale e privati del diritto al lavoro.
Così come abbiamo la ferma condanna del razzismo, a meno che ad essere vittime di razzismo non siano cittadini russi, in quel caso abbiamo un’altra eccezione, e i giornali non parleranno di episodi di razzismo quando uno studente del bresciano verrà picchiato dai compagni di scuola solo perché russo, ma di “primi episodi di nazionalismo antirusso” come riportava Brescia Today il 7 marzo.
Il delicato ruolo dei social network
Una situazione che impone di correre ai ripari, e visto che i social sono da anni ormai al centro delle dinamiche sociali, intervenire in questo contesto è fondamentale.
D’altra parte l’uso della rete da parte degli utenti è oggetto di controlli sempre più serrati riguardo i contenuti cui è possibile avere accesso. Ed è con grande premura infatti che nell’ambito della guerra Russia-Ucraina si è presto provveduto ad impedire che alcuni canali di informazione, che veicolavano notizie in contrasto con la narrativa dei media occidentali, potessero continuare a trasmettere.
Questo perché i valori fondanti dell’Occidente comprendono anche la libertà di espressione, ma anche in questo campo sono previste le eccezioni del caso. Non hanno libertà di espressione ad esempio quei soggetti che vengono indicati come ‘fonti inattendibili’ in quanto divulgherebbero ‘fake news’. In tal caso infatti non si interviene smentendo e confutando attraverso un sano dibattito, ma oscurando e censurando.
Così avviene che i vari social, che oggi ricoprono un ruolo chiave nella divulgazione dell’informazione e del pensiero, si trovino a giocare il ruolo di arbitri del dibattito applicando le proprie “norme della community” concedendo il proprio spazio oppure oscurando.
La soluzione di Meta (Facebook/Instagram) cambio delle norme della community
Ed eccoci al nocciolo della questione. Come dicevamo in apertura la guerra in Ucraina, o per maggior esattezza la narrazione proposta dai media occidentali rispetto al conflitto, ha prodotto una forte ondata di risentimento antirusso che, inevitabilmente, ha raggiunto anche i social.
Facebook si è trovato costretto a correre ai ripari in quanto sempre più di frequente appaiono post che incitano alla violenza e all’odio, e questo viola non solo le norme della community del popolare social network, ma anche i principi fondanti del mondo occidentale.
Ecco perché Meta ha deciso che in alcuni Paesi sarà consentito incitare alla violenza, ma solo se è contro gli “invasori russi”, o contro lo stesso Vladimir Putin, e i suoi gerarchi, o lo stesso Alexander Lukashenko che, almeno per ora, non ha preso parte attiva al conflitto più di quanto abbiano fatto altri Paesi europei confinanti con l’Ucraina.
La soluzione all’ondata di odio che attraversa i social network, quanto meno per Meta, che gestisce Facebook e Instagram, è modificare le norme della community. “Consentiremo in via temporanea alcune forme di espressione politica che altrimenti violerebbero le nostre politiche” afferma Meta, precisando che anche l’espressione “morte degli invasori russi” sarà consentita, così pure se ci si riferisce a Putin o a Lukashenko.
“Si tratta di misure temporanee per difendere la libertà di espressione delle persone che stanno affrontando questa situazione” fanno sapere da Meta “come di consueto stiamo vietando gli appelli alla violenza contro i russi al di fuori dello stretto contesto dell’invasione in corso”.
Per il Cremlino Meta diventa “organizzazione estremista”
Da parte russa la notizia della modificha delle norme della community per permettere agli utenti di Facebook di incitare all’odio e alla violenza contro ‘gli invasori russi’ nel contesto della guerra in Ucraina non è stata gradita.
Il portavoce del Cremlino, Dimitry Peskov ha infatti annunciato che Mosca prenderà “un’azione decisiva” se Facebook e Instagram, gestiti da Meta, non bloccheranno la possibilità di incitare alla violenza contro i russi, compreso il personale militare.
Le parole del portavoce di Putin sono state seguite poi da un atto formale del procuratore generale russo che ha chiesto il riconoscimento di Meta come “organizzazione estremista”.
“Quello che Meta sta facendo è chiamato ‘incitamento all’odio razziale’ che nella legislazione russa si qualifica come estremismo” ha spiegato infatti il vicecapo del comitato russo sulle tecnologie e le comunicazioni, Anton Gorelkin.
È arrivata quindi la decisione del Roskomnadozor, l’ente che controlla le comunicazioni in Russia, di limitare l’accesso a Instagram nel territorio della Federazione Russa. Gli utenti russi avranno tempo fino alla mezzanotte del 14 marzo per trasferire il loro materiale fotografico e video su altri social.
L’agenzia russa Tass ha fatto sapere infatti che “poiché gli utenti attivi di Instagram avranno bisogno di tempo per trasferire i loro materiali fotografici e video ad altri social network, notificare il trasferimento ai loro contatti e abbonati, Roskomnadzor ha deciso di completare la procedura per limitare l’accesso a Instagram alle 00:00 del 14 marzo, fornendo agli utenti ulteriori 48 ore del periodo di transizione”.
Questo contenuto non deve essere considerato un consiglio di investimento.
Non offriamo alcun tipo di consulenza finanziaria. L’articolo ha uno scopo soltanto informativo e alcuni contenuti sono Comunicati Stampa
scritti direttamente dai nostri Clienti.
I lettori sono tenuti pertanto a effettuare le proprie ricerche per verificare l’aggiornamento dei dati.
Questo sito NON è responsabile, direttamente o indirettamente, per qualsivoglia danno o perdita, reale o presunta,
causata dall'utilizzo di qualunque contenuto o servizio menzionato sul sito https://www.borsainside.com.