La situazione non era delle migliori nemmeno prima che la crisi ucraina sfociasse in un conflitto armato dagli sviluppi difficilmente prevedibili e potenzialmente disastrosi per l’Europa in particolare ma non solo.
Oggi il mercato della pasta si trova ancor più in difficoltà per via della guerra in Ucraina, ma ad incidere sull’attuale stato di salute del settore sono stati anche altri fattori come la siccità che ha colpito alcuni Paesi tra i maggiori produttori di grano, nonché le conseguenze di lockdown e restrizioni imposte in chiave anti-contagio in molti Paesi del mondo.
Costi di produzione della pasta alle stelle a causa di siccità, lockdown e guerra
Sono più fattori a determinare un aumento impressionante dei costi di produzione, packaging e trasporto di alimenti come la pasta. In primis la questione siccità, con un raccolto di grano duro mondiale della scorsa stagione al di sotto delle aspettative per via delle condizioni climatiche che hanno interessato quei Paesi del mondo in cui è concentrata la maggior produzione della materia prima.
In secondo luogo l’effetto lockdown e restrizioni imposte in chiave anti-contagio nell’ambito dell’emergenza Coronavirus, che ha prodotto prima uno stop della produzione, e poi una ripartenza in maniera non pianificabile di certi mercati e comparti, con il risultato che l’intera filiera è stata presa in contropiede, necessitando una completa riorganizzazione dei tempi e dei costi da parte della logistica.
Ora Coldiretti evidenzia che la guerra in Ucraina complica ulteriormente le cose in quanto mette in difficoltà i pestai che si ritrovano con scorte in rapido esaurimento, destinate ad esaurirsi nel giro di qualche settimana. Questo provocherà inevitabilmente il blocco della produzione degli impianti per via dei mancati rifornimenti di materia prima dall’estero determinato dal blocco delle spedizioni per la guerra in Ucraina.
I produttori italiani sottolineano inoltre che vi è anche la questione dell’impennata dei costi delle semine per la produzione di grano derivante dal caro carburanti e dell’aumento che ha interessato prodotti fitosanitari e fertilizzanti.
Riccardo Felicetti dell’omonimo pastificio avverte: “siamo sicuramente in un momento molto critico”
Riccardo Felicetti, CEO del pastificio Felicetti in provincia di Trento, ha spiegato che “siamo sicuramente in un momento molto critico, che è cominciato lo scorso anno con un taglio della produzione mondiale di grano duro del 20%, dovuto alla siccità in Nord America e Canada, le zone di produzione più importanti al mondo. Non ci sono scorte di grano poiché, a livello globale, vi è un sostanziale pareggio tra produzione e consumo“.
Il calo della produzione di grano ha determinato un aumento del prezzo della materia prima che è addirittura raddoppiato. La pasta è un prodotto monoingrediente, cioè è fatta solo di semola di grano duro e acqua, il che significa che un aumento del costo della semola comporta come diretta conseguenza un aumento proporzionale del costo della pasta.
A tal proposito l’imprenditore spiega che non si tratta tanto di un evento ineluttabile quanto invece di un rischio che non era stato previsto. “Attualmente nel comparto agricolo mondiale non ci sono strumenti finanziari o forme di assicurazione che possono attutire in qualche modo il risvolto economico di eventi come questi” ha spiegato Felicetti.
L’intera filera produttiva della pasta si trova quindi alle prese con forti aumenti, cercando di fare in modo che a farne le spese sia solo il consumatore finale. Ma gli aumenti dei costi sono veramente pesanti, come spiega l’imprenditore, che parla di circa 5/6 milioni di euro in più rispetto al 2021.
“Già da settembre abbiamo iniziato un aumento dei listini in modo progressivo ma, grazie ad accordi di filiera e commerciali, ad oggi per quanto ci riguarda per il consumatore il costo della pasta è aumentato con un impatto inferiore rispetto a quello che è stato assorbito dai contadini, mugnai, pastai e grande produzione” ha osservato l’imprenditore.
Il vero problema però non è tanto la questione dei costi, che comunque rischia di avere un impatto pesante sulle imprese del settore, ma quello della effettiva disponibilità di grano nel mercato. Il vero interrogativo è se ci sarà abbastanza grano per tutti oppure no, e in questo caso in particolare saranno i produttori che decideranno a chi venderlo, e ad essere avvantaggiato sarà chi potrà pagarlo di più.
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