Non poteva certo tranquillizzare gli investitori, la preoccupante escalation in Ucraina, e soprattutto a spaventare è il rischio di incidenti nucleari, vista la presenza sul territorio interessato dal conflitto, di numerose centrali.

Poi c’è il problema del sistema produttivo dell’intero blocco europeo, dal quale chiaramente l’Italia è tutt’altro che esente. Le imprese si trovano ad affrontare, nel contesto della più grave crisi energetica dal dopoguerra, un ulteriore aggravarsi della situazione derivante appunto dal conflitto armato tra Mosca e Kiev.

Con la guerra in Ucraina rialzi record del prezzo del gas e del greggio

I prezzi dell’energia in Italia continuano ad essere decisamente troppo alti, ormai fuori controllo e del tutto fuori portata per qualsiasi impresa. Si pensi al gas ad esempio, che ha raggiunto il nuovo record di 204,15 euro per mWh, registrando un rialzo del 26,94%, con un picco a 208 euro frutto di un rialzo del 29,5%.

Rialzi che si registrano nonostante le rassicurazioni da parte del colosso russo Gazprom, che ha confermato che le forniture di metano avrebbero continuato ad arrivare in maniera regolare attraverso l’Ucraina.

E non dimentichiamo che nel frattempo i rincari si registrano anche sul prezzo del greggio, con un rialzo che ha portato il prezzo del barile ben oltre la soglia dei 110 dollari, tanto per il Wti che per il Brent (+6,92% a 118,11 dollari il primo, +6,9% a 117,85 dollari il secondo).

Ma a preoccupare è anche la rapidità con cui i prezzi stanno salendo. Nella prima settimana di guerra in Ucraina il Brent è salito di oltre 20 dollari, registrando il rialzo settimanale maggiore di sempre. Poi nella giornata di ieri, in seguito alle dichiarazioni dei funzionari ucraini che hanno riferito di presunti attacchi da parte delle forze russe alla centrale nucleare di Zaporizhzhia i prezzi hanno registrato subito un’impennata.

Le quotazioni però sono aumentate anche per altre ragioni, a cominciare dalla possibilità sempre meno remota di una interruzione degli approvvigionamenti da parte della Russia.

Per JPMorgan il prezzo del petrolio (Brent) a 185 dollari entro fine anno

Secondo le previsioni di JPMorgan il prezzo del petrolio continuerà a salire se la guerra in Ucraina non terminerà, fino a raggiungere entro la fine del 2022 il prezzo di 185 dollari al barile per il Brent. Alcuni hedge fund risentono invece che possa addirittura toccare la soglia dei 200 dollari al barile.

Non sono incoraggianti nemmeno le previsioni riguardanti il prezzo del grano, che ha già registrato un incremento del +38,6% nel giro di una settimana con l’inizio del conflitto armato in Ucraina.

In rapida crescita anche il prezzo del mais, che registra un +17%, mentre il prezzo della soia registra un +6%, entrambi prodotti destinati all’alimentazione degli animali negli allevamenti. Il dato emerge dall’analisi di Coldiretti svolta sulla base delle quotazioni alla Borsa merci di Chicago, che è il punto di riferimento mondiale del commercio dei prodotti agricoli.

Apprendiamo infatti da Il Tempo che “il contratto future più attivo sul grano ha chiuso a 11,91-1/4 dollari per bushel (27,2 chili) ai massimi da marzo 2008, mentre il mais a 7,6 dollari per bushel al top da 10 anni e la soia a 16,78 dollari per bushel”.

Da Coldiretti fanno notare che ad incidere è soprattutto la chiusura dei porti sul Mar Nero che “impediscono le spedizioni e creano carenza sul mercato mondiale dove Russia e Ucraina insieme rappresentano il 29% dell’export di grano e il 19% di quello di mais”.

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