I governi occidentali, nella gestione della crisi ucraina, hanno scelto la strada del muro contro muro, ignorando fin dall’inizio qualsiasi richiesta provenisse da Mosca, ed ora ci troviamo ad affrontare le conseguenze di questo fallimento diplomatico che purtroppo, con la guerra in Ucraina, ci porta sempre più vicino al rischio di esplosioni nucleari.

In Ucraina sono presenti infatti diversi reattori nucleari, motivo per cui lo scenario di un incidente che causi la fuoriuscita di radiazioni diventa di giorno in giorno meno irrealistico. Si tratta di una consapevolezza che sta crescendo, e con essa la paura delle gravi conseguenze che produrrebbe per la salute di decine di milioni di persone.

Una delle centrali lambite dal conflitto tra Russia e Ucraina è quella di Zaporizhzhia, e con l’imperversare degli scontri in quell’area la paura ha iniziato a montare nei vari Paesi europei, motivo per cui tanti cittadini hanno iniziato a rifornirsi di pastiglie di ioduro di potassio (KI), un composto che viene utilizzato come farmaco contro l’ipertiroidismo e come fattore di protezione in caso di esposizione alle radiazioni.

Le comprese di ioduro di potassio riducono infatti gli effetti negativi sulla salute derivanti dall’esposizione alle radiazioni, ma devono necessariamente essere assunte poco prima e fino ad un massimo di 6-8 ore dopo l’inizio dell’esposizione.

Pastiglie di ioduro di potassio, le indicazioni degli esperti

Gli esperti, e in questo caso specifico si tratta dei Centri Usa per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc), spiegano però che questo composto non deve essere assunto con leggerezza, e si devono rispettare i dosaggi previsti onde evitare gli effetti collaterali.

Dal Cdc fanno sapere infatti che le compresse di ioduro di potassio vanno assunte “solo dietro indicazioni dei responsabili della salute pubblica o di coloro che gestiscono l’emergenza, in quanto nell’assumere lo ioduro di potassio si può andare incontro a rischi per la salute”.

Sebastiano Venturi, medico esperto di igiene pubblica che ha lavorato nel Servizio di igiene e prevenzione della Ausl di Rimini, ha inoltre spiegato che è fondamentale assumere il composto in “dosi opportune e non come preventivo in assenza di radioattività”.

Lo stesso Venturi è stato l’autore di una ricerca su questo argomento che è stata pubblicata nel 2020 sulla rivista Human Evolution. L’esperto in materia ha anche tenuto a precisare che “vanno inoltre considerati fattori importanti, come età, malattie, stato di gravidanza o allattamento”.

A cosa serve esattamente lo ioduro di potassio

Si utilizzò questo composto in seguito all’incidente avvenuto nel 1986 nella centrale nucleare di Chernobyl. Lo ioduro di potassio è un sale di iodio stabile, ossia non radioattivo, che riesce a bloccare l’assorbimento dello iodio radioattivo da parte della tiroide.

Venturi ha però precisato che “in realtà lo iodio protegge solo dallo iodio radioattivo, in particolare dallo iodio 131, ma non da altri radionuclidi emessi in incidenti nucleari, come cesio e stronzio”. “Lo ioduro di potassio va assunto prima che lo iodio radioattivo venga ingerito, o nelle primissime ore” successive, ha inoltre spiegato l’esperto.

Lo stesso Venturi ha inoltre precisato che sulla base di recenti ricerche è stato appurato che questo composto “non è utile solo per prevenire i danni della tiroide, ma è importante per tutto il corpo, in particolare per stomaco, mammella, cervello, sistema immunitario, midollo osseo, retina”.

L’Italia dispone delle scorte necessarie di ioduro di potassio?

Secondo quanto riportato dai media nazionali, per quel che riguarda l’Italia, la profilassi è contenuta nel Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche, che raccomanda l’organizzazione di un “sistema di stoccaggio finalizzato alla distribuzione rapida in emergenza”.

Al momento quindi sono state avviate tutte le procedure volte a verificare che il nostro Paese non sia colto impreparato anche questa volta. Su SkyTg24 leggiamo infatti che “Protezione civile e ministero della Salute hanno avviato una ricognizione ed anche alcune Regioni si stanno muovendo per verificare lo stato delle riserve di iodio presenti nelle farmacie“.

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