Il conflitto armato in Ucraina porta con sé anche una seria minaccia atomica, dato che nel Paese sono presenti ben 15 reattori nucleari commerciali.

A sottolinearne il pericolo è l’incendio, fortunatamente domato, alla centrale Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, che ospita 6 reattori russi VVER-1000/320 da 950 MWe ciascuno, i quali sono stati costruiti tra l’84 e il ’95, ed ospita anche 2.204 tonnellate di combustibile ormai esaurito (dato che fa riferimento al 2017).

Su questo tema le opinioni si dividono. Alcuni ritengono che il rischio nucleare legato al conflitto armato sia fin troppo alto, mentre altri ritengono che tutto sommato non c’è bisogno di allarmarsi più di tanto. Vediamo quindi qual è l’opinione degli esperti.

Su QualEnergia leggiamo che la situazione in Ucraina ha destato la preoccupazione dell’Iaea (Agenzia internazionale per l’energia atomica), la quale ha anche sollecitato la Russia a “mettere fine alle azioni” prossime ai siti nucleari, ricordando poi che “è la prima volta che si verifica un conflitto militare tra le strutture di un vasto programma consolidato di energia nucleare, che in questo caso include anche il luogo dell’incidente del 1986 presso la centrale nucleare di Chernobyl“.

Secondo quanto emerso da un’analisi tecnica pubblicata da GreenPeace International, il rischio che corre il Paese è estremamente alto. Nel rapporto infatti si legge che, nello scenario peggiore, in caso di bombardamento accidentale o di un attacco deliberato, le conseguenze su larga scala potrebbero essere molto gravi, con un impatto decisamente maggiore rispetto a quello del disastro nucleare di Fukushima nel 2011.

Tutto ciò è dovuto alla vulnerabilità delle stesse centrali nucleari, della loro stretta dipendenza da un complesso sistema di supporto e del tempo necessario per portare la centrale ad un livello di sicurezza passivo.

Per questo motivo secondo GreenPeace l’unico modo per ridurre in modo significativo i rischi, è quello di porre subito fine alla guerra. Inoltre il gruppo ha espresso il proprio rispetto per tutte quelle persone che in queste ore stanno lavorando duramente e in condizioni estreme per garantire la stabilità delle centrali nucleari in Ucraina.

“Non stanno solo proteggendo la sicurezza del loro Paese, ma anche dell’Europa”, si legge nella nota aggiunta al rapporto. Il dossier di GreenPeace spiega poi che l’Ucraina possiede 15 reattori nucleari operativi, di cui 9 erano in funzione il 28 febbraio scorso.

E’ ovvio che in tempo di guerra il funzionamento di questi sistemi è a rischio interruzione, con potenziali conseguenze anche molto gravi. In questo senso è necessario ricordare che una centrale nucleare operativa richiede elettricità senza alcuna interruzione, al fine di alimentare le pompe, ed una fornitura di acqua per il raffreddamento del combustibile, sia a livello del reattore stesso, che delle piscine adiacenti, dove viene stoccato il combustibile ormai esaurito.

Nel momento in cui un reattore viene spento, nel nucleo rimane comunque un’enorme quantità di calore residuo, che quindi necessita di un raffreddamento continuo. Senza una simile azione di raffreddamento, infatti, l’acqua nel nocciolo del reattore (e nelle piscine di stoccaggio) inizierebbe subito a riscaldarsi.

Nel caso specifico di un reattore in funzione, il riscaldamento del liquido è estremamente rapido. L’acqua raggiunge quinda la sua temperatura di ebollizione ed evapora, esponendo il combustibile caldo del reattore al contatto con l’aria, provocando così una reazione termica ed una fusione del nocciolo del reattore, proprio come accaduto a Fukushima.

Nel caso delle piscine di stoccaggio, invece, se dovesse mancare il costante flusso dell’acqua di raffreddamento, si avrebbe una reazione chimica altamente esotermica che provocherebbe un massiccio rilascio di sostanze radioattive nell’ambiente.

In altre parole, non è necessario che una centrale subisca dei danni fisici, quindi che venga colpita accidentalmente, perché risulti pericolosa in una situazione simile. Questa infatti è già altamente vulnerabile e richiede dei sistemi attivi di protezione che devo essere sempre funzionanti, oltre alla costante presenza di personale qualificato.

Ma questo non è tutto. Se è essenziale che la centrale riceva la fornitura di acqua, elettricità e carburante necessaria per i generatori di emergenza, lo è anche il fatto che le centinaia di lavoratori che operano nell’impianto devono poter raggiungere la centrale dalle proprie abitazioni. Cosa che, in tempo di guerra, diventa abbastanza difficile.

Infatti se dovesse verificarsi un inconveniente, come l’interruzione della rete elettrica o alcuni problemi ai generatori diesel, è importante mobilitare il prima possibile grandi quantità di attrezzature e di personale aggiuntivo.

Ogni problema che si verifichi, quindi, richiede una massiccia operazione logistica a livello nazionale, che potrebbe essere resa difficile, se non impossibile, dati i conflitti armati che avvengono nei dintorni della centrale.

Inoltre in caso di conflitto può anche succedere che una centrale resti isolata dalla rete per un periodo di tempo relativamente lungo, e in quel caso occorre solamente sperare che i generatori diesel di emergenza siano perfettamente funzionanti e che venga loro garantita la giusta dose di carburante, almeno fino a quando non verrà ristabilita la connessione alla rete.

Quindi indipendentemente dal fatto che una centrale venga colpita o meno durante i conflitti, questa rappresenta comunque un problema dati i numerosi fattori che abbiamo appena analizzato. Secondo quanto leggiamo su IlSole24Ore, però, bisogna fare delle considerazioni importanti in questo senso.

I reattori di Zaporizhzhia sono tecnologicamente diversi e molto più sicuri di quelli di Chernobyl. La centrale di Pripyat che nel 1986 fu teatro del più grande disastro nucleare della storia, infatti, era realizzata con reattori moderati a grafite di tipo RBMK.

Questi sono dei reattori di grande potenza a canali, composti da una struttura cilindrica in grafite, al cui interno sono alloggiati dei canali nei quali sono poste delle barre di combustibile, costituito da uranio arricchito. Nei reattori RMBK, il raffreddamento delle barre di combustibile avviene tramite un flusso di acqua bollente, e la potenza termica dell’impianto viene modulata inserendo o estraendo le barre.

Questo tipo di reattori quindi è molto meno sicuro perché si può arrivare ad una fusione del nocciolo, con l’impossibilità di bloccare il processo (anche con il famigerato pulsante AZ 5 di Chernobyl), perché nel momento in cui l’acqua di raffreddamento comincia ad evaporare, si continua a generare calore e la temperatura sale molto rapidamente.

Quindi si verifica un effetto di retroazione del refrigerante che i tecnici definiscono “coefficiente di vuoto”. La centrale di Zaporizhzhia, però, utilizza dei reattori refrigerati e moderati ad acqua di tipo VVER, che vennero sviluppati in Unione Sovietica e che avevano lo scopo di essere economici ed intrinsecamente scuri, in modo da evitare la costruzione di strutture super robuste, come gli edifici di confinamento.

L’acqua pressurizzata nel reattore viene utilizzata sia come refrigerante che come moderatore, quindi in caso di problemi, la reazione può essere arrestata in modo veloce e sicuro.

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