La Germania ha deciso di bloccare il processo di certificazione di Nord Stream 2, il gasdotto che dovrebbe trasportare circa 55 miliardi di metri cubi di combustibile ogni anno dalla Russia direttamente al mercato europeo.

A dare la notizia è stato il cancelliere Olaf Scholz, in seguito alle azioni russe in Ucraina con il riconoscimento, da parte di Mosca, delle repubbliche separtiste di Lugansk e Donetsk, nel Donbass. Quindi ora la domanda principale è: cosa succederebbe se la Russia decidesse di bloccare del tutto o in parte le forniture di gas verso i Paesi europei?

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha già fermato di non avere intenzione di bloccare la fornitura di gas ai Paesi dell’Unione, ma l’elevata possibilità di un conflitto armato tra Mosca e Kiev, con tutte le ripercussioni geopolitiche che ne deriverebbero, ha spinto la Commissione europea a valutare anche altri possibili scenari, al fine di mantenere la sicurezza degli approvvigionamenti europei.

Kadri Simson, la commissaria europea per i temi energetici, durante una conferenza stampa tenutasi a Madrid lunedì 21 febbraio, assieme alla ministra spagnola della Transizione Ecologica, Teresa Ribera, ha spiegato che Bruxelles sta lavorando ad un piano di risk preparedness, ossia di preparazione al rischio, e di diversificazione delle forniture.

Simson ha poi affermato che per il momento siamo “relativamente al sicuro” per questo inverno, nonostante le notevoli riduzioni dei volumi di gas inviato dalla Russia e i bassi livelli di stoccaggio europei (che attualmente arrivano a circa il 30% della loro capacità complessiva).

Infatti proprio in queste settimane, ha sottolineato Simson, la Commissione europea ha avuto diversi colloqui con i Paesi partner per aumentare le forniture di gas liquefatto (Gnl), in particolare con Stati Uniti (che già nel mese di gennaio hanno inviato delle forniture sostanziose di Gnl verso i mercati europei) e Qatar.

Sono stati stretti degli accordi anche con Norvegia e Azerbaijan per dei nuovi approvvigionamenti via tubo, anche attraverso il gasdotto TAP (Trans adriatic pipeline). Alcune indicazioni arriveranno con la prossima comunicazione di Bruxelles sul caro energia, attesa per i primi di marzo.

In una bozza pubblicata da Reuters ed Euractiv è presente un obbligo per tutti gli Stati membri di riempire gli stoccaggi gas a dei livelli minimi predeterminati prima di ogni stagione invernale, al fine di garantire una maggiore protezione in caso di interruzione di forniture da determinati Paesi e/o condizioni climatiche particolarmente avverse, come freddo intenso e prolungato.

Inoltre durante il suo discorso a Madrid, Simson ha anche affrontato il tema delle rinnovabili, sottolineando la necessità di investire maggiormente su questo fronte e di sfruttare questa occasione per ridurre la dipendenza energetica dagli idrocarburi importati.

La commissaria ha poi affermato che la prossima comunicazione di Bruxelles includerà anche delle nuove linee guida sulla tassazione degli extra profitti che derivano dalle rinnovabili, precisando però che misure di questo tipo dovranno essere limitate nel tempo e volte unicamente a contrastare gli effetti legati agli effetti della crisi energetica attuale.

Sempre riguardo ai possibili rischi energetici, occorre ricordare che la Banca centrale europea (Bce) ha recentemente stimato il potenziale impatto sulle industrie europee di un eventuale shock da razionamento delle forniture.

Da queste stime è emerso che se ci fosse un razionamento del 10% del gas alle imprese, si avrebbe una riduzione del valore aggiunto di circa lo 0,7%, con maggiori perdite nei Paesi in cui la produzione industriale è fortemente dipendente dagli approvvigionamenti di gas.

In Italia, ad esempio, in uno scenario di questo tipo la perdita di valore aggiunto per le imprese sarebbe dello 0,8% secondo la Bce.

Ricordiamo inoltre che il gas russo arrivato in Italia nel 2021 è pari a 29 miliardi di metri cubi, ossia il 39,9% dell’import di gas estero, con un aumento del 2,3% rispetto all’anno precedente. Inoltre questo valore corrisponde al 38,2% della domanda nazionale, che l’anno scorso corrispondeva a 76 miliardi di metri cubi.

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