I cittadini dei Paesi europei stanno facendo fronte da diversi mesi a questa parte ai costanti rincari sul costo dell’energia, all’aumento dei prezzi delle materie prime, e ad una inflazione che non accenna ad allentare la sua morsa.
Ed è proprio l’aumento inarrestabile dell’inflazione ad essere divenuto argomento centrale nel mondo economico e finanziario, con un rialzo costante dovuto anche ai numerosi interventi in materia monetaria da parte delle banche centrali.
Nella giornata di giovedì si è tenuta una riunione nel corso della quale la Bce ha preso importanti decisioni, tra cui quella di far rimanere invariati i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale, marginale e sui depositi presso la stessa, rispettivamente nella misura dello 0,00%, 0,25% e -0,50%.
La presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, si è mostrata preoccupata per l’andamento della curva inflazionistica ma ha comunque deciso di imboccare la strada della cautela, con interventi graduali in linea con i dati evidenziati dai periodici delle agenzie monetarie europee.
Le parole pronunciate dalla numero uno dell’Eurotower hanno prodotto un’immediata impennata dello spread a 150 punti, con il rendimento dei titoli decennali italiani che ha subito raggiunto quota 1,6139%. Una decisione, quella della Bce, che ricalca la scelta attendista della Federal Reserve, che ha scelto la strada di condizioni del credito più rigide.
Ora i mercati si interrogano su quali potrebbero essere le conseguenze di una stretta monetaria da parte della banca centrale, a cominciare dagli effetti sull’economia reale e quindi sui consumi.
Il rialzo dei tassi di interesse farà aumentare il costo del denaro
Le conseguenze di un rialzo dei tassi di interesse si ripercuoteranno inevitabilmente sul costo del denaro, e ciò determinerà effetti negativi su mutui, credito e finanziamenti, che avranno costi maggiori per i richiedenti, tanto per le istituzioni finanziare quanto per le persone fisiche.
Si innescherà così un effetto a catena dal momento che le somme che i vari istituti di credito prederanno a prestito dalla Banca Centrale Europea avranno un costo maggiore, costo che verrà chiaramente scaricato sui beneficiari dei prestiti con tassi sui mutui più alti che porteranno ad un ulteriore calo del mercato immobiliare.
Si tratta in questo caso di una variazione i cui effetti si ripercuoteranno in modo più immediato sui tassi variabili che subiscono la modifica dei tassi a livello centrale.
Gli effetti del rialzo dei tassi di interesse riguarderanno anche il valore delle obbligazioni, specie di quelle statali. In questo caso si deve tener conto del “rischio del tasso di interesse”, vale a dire di quella variazione del prezzo dell’obbligazione al variare dei tassi di interesse.
Quando i tassi di interesse salgono, vista la relazione inversa con il prezzo dell’obbligazione, questo scende. Gli effetti negativi riguardano invece le obbligazioni a tasso fisso in quanto il tasso non varia ma il prezzo scende. Mentre nelle obbligazioni a tasso variabile si verifica una riduzione del prezzo che viene compensata dall’aumento del tasso.
Gli effetti sui consumi sono tutt’altro che positivi, infatti con un rialzo dei tassi di interesse la reazione dei consumatori che ci si aspetta è un comportamento di attesa, con spese rinviate nella prospettiva di un calo dei prezzi derivante da un abbassamento dell’inflazione.
La conseguenza quindi sull’economia reale è un calo dei consumi che si traduce inevitabilmente in incassi minori per le imprese derivanti dal calo delle vendite. Le imprese si trovano quindi a dover ridurre i costi per far fronte ad entrate ridotte e nell’ambito delle spending review possono subentrare prima di tutto riduzioni del personale, passando poi alla riduzione della produzione dei beni e dei servizi.
Si tratta di uno scenario economico che andrebbe evitato il più possibile, specie in un contesto caratterizzato da un’instabilità senza precedenti alla quale concorrono contemporaneamente la crisi energetica, la crisi dei trasporti, nonché le misure restrittive in chiave anti-contagio che in alcuni Paesi tra cui l’Italia penalizzano ancora pesantemente le attività commerciali.
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