Dopo il Covid, ora l’attenzione si sposta sul Long Covid. Sempre più studi sembrano dimostrare che questa in realtà è una malattia a sè stante, e che quindi si tratti di un problema diverso da quello derivante dal Coronavirus.
Inoltre è stato osservato che il Long Covid può avere conseguenze anche a oltre un anno di distanza dall’infezione. Infatti i dati dimostrano che tra le persone ricoverate per Covid, ben una su tre presenta sintomi ancora dopo un anno.
Proprio per questo motivo alcuni Paesi puntano a riconoscere il Long Covid come una malattia. Negli Stati Uniti, infatti, il presidente Joe Biden ha chiesto di riconoscerlo legalmente come malattia, stanziando poi diversi miliardi di dollari per effettuare delle ricerche mediche su questa sindrome.
Ma gli Stati Uniti non sono gli Unici. Anche il Regno Unito ha deciso di finanziare diversi studi stanziando 20 milioni di sterline. Secondo l’Università di Oxford, ad esempio, attualmente il 37% dei ricoverati soffre di almeno un sintomo nel lungo periodo.
I casi si riducono quando si registrano delle forme più lievi di Covid, ma può comunque capitare che i paucisintomatici soffrano di Long Covid. In Italia invece, su circa 11 milioni di contagi registrati ufficialmente, si stima che almeno 3-4 milioni di questi pazienti soffrano di Long Covid.
Ma vediamo adesso di capire bene quali sono i sintomi, a cui bisogna stare molto attenti, legati a questa malattia e quali possono essere le conseguenze nel lungo termine.
Long Covid, quali sono i sintomi a cui prestare particolare attenzione?
Diversi studi hanno evidenziato che i sintomi più frequenti sono:
- respiro corto;
- aritmia;
- stanchezza;
- mal di pancia;
- perdita dell’olfatto;
- depressione.
Francesco Benedetti, psichiatra del San Raffaele di Milano, parla di depressione e spiega alcuni dati, osservando che in un terzo degli ex ricoverati si osserva una “forma di depressione vera e propria accompagnata da difficoltà delle attività cognitive superiori”.
Tutto ciò ovviamente porta a delle ripercussioni sulla vita quotidiana. Si registrano infatti delle difficoltà nel pianificare le attività quotidiane, affaticamento e talvolta perdita delle capacità motorie. Questi sono problemi maggiormente diffusi negli over 50 e che vengono causati da un’infiammazione dovuta all’infezione, che a sua volta provoca un “calo di serotonina nel cervello“.
Alcuni studi si sono soffermati maggiormente sull’analisi della perdita dell’olfatto da parte di alcuni pazienti. E’ poi emerso che chi ha presentato questo sintomo durante il Covid, può continuare a presentarlo a lungo, anche dopo la guarigione.
Infatti è stato osservato che circa il 36% dei pazienti non ha recuperato l’olfatto a distanza di un anno, così come il 27% non ha recuperato il senso del gusto. Il tutto è stato dimostrato in uno studio condotto dall’Università di Trieste.
Tutto ciò comporta delle notevoli ripercussioni nella vita di tutti i giorni degli individui e nella loro alimentazione. Tuttavia anche in questi casi di Long Covid è stato osservato un leggero miglioramento nel tempo, anche se i pazienti osservati non sono ancora guariti del tutto.
Il Long Covid può colpire i bambini?
Per quel che riguarda i bambini, la Società italiana di pediatria (Sip) lancia l’allarme sul Long Covid ed invita i genitori a far visitare i propri figli a quattro settimane dalla guarigione e poi ancora dopo 3 mesi. Proprio la Sip infatti ha sottolineato la possibile diffusione di Long Covid tra bambini e ragazzi che varia dal 4 al 60%, in base ai vari studi realizzati.
I vaccini possono ridurre gli effetti del Long Covid?
Mattia Bellan, insegnante di Medicina interna all’Università del Piemonte orientale, in un’intervista a Repubblica parla di uno studio da lui stesso pubblicato e si sofferma sull’impatto che i vaccini hanno sul Long Covid.
Dall’analisi emerge che sia grazie alle vaccinazioni che grazie alle forme meno severe della malattia, pare che “i sintomi di lungo periodo si siano attenuati”. A distanza di un anno infatti si è registrato che circa il 50% degli ex ricoverati avevano “una compromissione lieve o moderata della respirazione. Per un altro 10% la compromissione era grave e non era migliorata nel tempo”.
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