Non era mai stata realmente messa da parte, l’ipotesi di un aumento dell’importo annuo del canone RAi, e proprio in questi giorni l’amministratore delegato della tv di Stato, Carlo Fuortes, è tornato sull’argomento per ribadire il concetto che la somma versata dai contribuenti è troppo bassa.

Nei giorni scorsi Fuortes ha infatti sentito il bisogno di dichiarare che “il valore unitario” del canone RAI in Italia “è strutturalmente, come ben noto, il più basso di tutta Europa: 90 euro. Una somma distante da quelle degli altri Paesi al punto da rendere quasi irrilevante la compresenza compensativa, per RAI, della fonte integrativa degli introiti costituita dalla raccolta pubblicitaria”.

Quanto costa il canone RAI

Oggi i cittadini titolari di un contratto per la fornitura di energia elettrica che possiedono un televisore sono tenuti a versare una quota pari a 9 euro al mese per 10 mesi per un importo complessivo versato a titolo di canone RAI di 90 euro l’anno.

Di questi 90 euro però alla RAI arrivano solo 74 euro, visto che lo Stato trattiene una percentuale di gettito, e secondo qualcuno si tratta di un importo troppo basso rispetto a quello che offre la tv di Stato. Troppo poco per continuare (o magari per iniziare) ad offrire un servizio di qualità, e nel rispetto degli obblighi che la Rai è tenuta ad adempiere. 

Tralasciamo per il momento il fatto che il primo obbligo di una tv pubblica pagata coi soldi (troppo pochi a quanto pare) dei contribuenti sarebbe quello di garantire una informazione libera, dando voce a tutti i cittadini comprese le minoranze, e non quello di proporre una martellante propaganda sulla base delle necessità e dei capricci delle autorità che amministrano la cosa pubblica.

Secondo l’ad Fuortes gli importi che i cittadini pagano oggi, nel bel mezzo della più grave crisi energetica, economica e sociale dal dopoguerra, sono troppo bassi.

In effetti prima della riforma Renzi gli Italiani pagavano (quelli che lo pagavano) 113 euro l’anno per il canone RAI, poi è arrivata la modifica che ha inserito l’importo all’interno della bolletta dell’energia elettrica nel 2015 e l’importo è stato ridotto a 90 euro. Una mossa che doveva servire a ridurre il fenomeno alquanto esteso dell’evasione della tassa sulla Tv pubblica.

Quanto costa il canone della Tv pubblica nel resto d’Europa

Nel resto d’Europa invece cosa succede? A quanto pare negli altri Paesi si paga di più, 300 euro circa in Austria e in Svizzera, mentre in Germania e in Regno Unito si va rispettivamente sui 220 e 185 euro annui. In Francia siamo invece sui 138 euro, circa il 50% in più rispetto a quanto si paga in Italia.

A Fuortes questa situazione non va molto a genio. “Se in aggiunta si considerano le varie trattenute (tassa concessione governativa, Iva e Fondo per il pluralismo e l’innovazione, per effetto dell’ultima riforma, efficace dal 2021), dei 90 euro unitari Rai ne percepisce solo l’86 per cento, mentre negli altri Paesi (Regno Unito, Germania, Francia) i gestori del servizio pubblico percepiscono percentuali comprese tra il 96 e il 98 per cento, quindi la quasi totalità” ha spiegato l’ad di Rai.

Il canone quindi è una risorsa incongrua rispetto agli obblighi e alle attività che la Rai svolge ed è tenuta a svolgere come certificato anche dalla Contabilità separata, l’adempimento imposto dall’Azienda proprio per attestare il costo complessivo del servizio pubblico e fornire alle autorità competenti lo strumento indispensabile per consentire di assicurarne la piena copertura da parte appunto delle risorse pubbliche”.

“Va dunque riconosciuto che, oltre ad essere incongrue, le risorse da canone sono anche molto incerte, caratteristica che rende particolarmente complessa l’attività di pianificazione, specie in ottica pluriennale e specie in un contesto di forte evoluzione, in modo in cui è di fatto bandita la continuità” ha quindi concluso Carlo Fuortes.

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