L’ipotesi che la variante Omicron possa essere meno virulenta e letale della variante Delta è nota ormai da tempo ma ora una nuova conferma arriva da uno studio pubblicato lo scorso 21 gennaio sulla rivista scientifica Nature e firmato da numerosi autori.
Alcuni ricercatori degli Stati Uniti, del Giappone e della Colombia hanno deciso di testare la capacità della nuova variante isolata per la prima volta in Sudafrica e Botswana, che oramai è diventata predominante nel mondo con l’81,1% dei casi mondiali, di causare infezione e malattia in criceti e topi.
Per i ricercatori gli esperimenti della rete SAVE/NIAID, ossia la rete collaborativa del programma Sars-CoV-2 Assessment of Viral Evolution (SAVE) dell’Istituto nazionale si allergie e malattie infettive (NIAID), hanno dimostrato “una malattia polmonare attenuata nei roditori, che corrisponde ai dati clinici preliminari sull’uomo“.
Gli autori dello studio hanno poi osservato la maggiore capacità di Omicron di legarsi ad Ace2, ossia il recettore che rappresenta in un certo senso la “porta” attraverso la quale il virus entra all’interno della cellula, ma al tempo stesso è stata osservata una “minore infezione” rispetto alle varianti precedenti e “una minore carica virale nelle vie respiratorie superiori ed inferiori”.
Lo studio in questione non è l’unico che testimonia quanto la variante Omicron sia meno aggressiva rispetto alle varianti precedenti. Infatti anche secondo uno studio condotto dal Molecular Virology Research Group dell’Università di Liverpool, la variante sudafricana porta a malattie meno gravi nei roditori, con carica virale inferiore e polmoniti molto meno gravi.
Alla stessa conclusione sono giunti anche i ricercatori del Neyts Lab dell’Università di Leuven, in Belgio, i quali hanno eseguito dei test su dei criceti. Al termine dello studio hanno poi affermato: “il modello animale suggerisce che la malattia è meno grave della Delta e del virus Wuhan originale. Sembra essere eliminato più velocemente e gli animali si sono ripresi più rapidamente“.
Inoltre il Centro per la ricerca sui virus dell’Università di Glasgow ha fatto sapere che la variante Omicron sarebbe perfettamente in grado di eludere la protezione offerta dalle prime due dosi di vaccino, ma con la somministrazione di una dose booster ci potrebbe essere “un ripristino parziale dell’immunità”.
Un altro studio condotto dall’Università di Hong Kong il mese scorso ha poi permesso di evidenziare una minore infezione da Omicron nei polmoni. Studio sostenuto anche dalla ricerca guidata dal professor Ravi Gupta dell’Università di Cambridge, che che ipotizza che la variante Omicron “è meno in grado di entrare nelle cellule polmonari” rispetto alle varianti precedenti.
Infine l’University College di Londra ha anche dimostrato la maggiore capacità di infettare la gola o comunque il tratto superiore del sistema rispiratorio rispetto a quello inferiore. Ciò è stato confermato da un test effettuato utilizzando dei tamponi, durante il quale si è visto che un tampone nasale poteva risultare negativo, ma se ripetuto effettuando un prelievo in gola allora poteva risultare positivo.
Questo contenuto non deve essere considerato un consiglio di investimento.
Non offriamo alcun tipo di consulenza finanziaria. L’articolo ha uno scopo soltanto informativo e alcuni contenuti sono Comunicati Stampa
scritti direttamente dai nostri Clienti.
I lettori sono tenuti pertanto a effettuare le proprie ricerche per verificare l’aggiornamento dei dati.
Questo sito NON è responsabile, direttamente o indirettamente, per qualsivoglia danno o perdita, reale o presunta,
causata dall'utilizzo di qualunque contenuto o servizio menzionato sul sito https://www.borsainside.com.