Migliaia di voli di linea che solcano i cieli di tutta Europa senza passeggeri, una realtà che mette in evidenza le enormi contraddizioni che impregnano la politica Ue.
Si parla fino alla noia ormai da anni di svolta green, ecoincentivi, ecobonus auto e per la casa, energie rinnovabili e tutta una serie infinita di norme e limiti da rispettare in difesa dell’ambiente e del clima, ma nel frattempo si ‘cotringono’ le compagnie a far volare aerei vuoti o semivuoti da una capo all’altro del Vecchio Continente.
Li chiamano “voli fantasma” (ghost flights) e sono tutt’altro che un fenomeno circoscritto. Non si tratta nemmeno di un problema che riguarda esclusivamente l’Europa in realtà, ma possiamo certamente affermare che da noi ha assunto proporzioni decisamente rilevanti.
Che sull’inquinamento prodotto dal traffico aereo non vi fosse particolare sensibilità in Europa lo si era evinto già quando in occasione dell’incontro della Cop26 di Glasgow nei cieli scozzesi si era formato un maxi ingorgo per gli oltre 400 jet privati utilizzati dai partecipanti per presenziare al vertice.
Il fatto che le compagnie aeree europee si trovino ‘costrette’ a far volare i propri aerei di linea vuoti o semi vuoti però non può che confermare i sospetti che le attenzioni verso il problema del clima vengano messe da parte con certa facilità a seconda dei casi.
Cosa sono i voli fantasma e qual è la causa
Le stesse istituzioni che in modo sempre più ridondante spingono sulla cosiddetta ‘svolta green’ sono quelle che stabiliscono delle norme sulla base delle quali alle compagnie aeree conviene far volare i propri aerei di linea anche a costo di farli decollare senza un solo passeggero, pur di conservare gli slot aeroportuali.
Ma come funziona esattamente? Le regole in vigore nell’Unione Europea impongono alle compagnie aeree di far partire un determinato numero di voli se non vogliono perdere questi “slot” negli aeroporti in cui operano. Gli slot in questione altro non sono che diritti di decollo e atterraggio all’interno di una certa finestra oraria.
Prima di tutta questa faccenda del Covid-19 la soglia era fissata all’80%, poi in Europa sono stati imposti lockdown e limitazioni agli spostamenti quasi in tutti i Paesi, così la soglia era stata temporaneamente sospesa e poi rivista al 50% a metà febbraio.
Il principio che sta a fondamento di questa regola è quello del “Use it or lose it” cioè o lo usi o lo perdi. Ed è questo infatti ciò che accade quando gli slot non vengono utilizzati: vengono riassegnati ad altre compagnie aeree con tutto ciò che questo comporta per la compagnia che perde lo slot.
Ed ecco creato il fenomeno dei voli fantasma, cioè voli effettuati con il solo fine di non perdere gli slot, cosa che comporta un costo economico comunque non indifferente per la compagnia aerea, ma anche un costo ambientale decisamente alto per la collettività.
La riduzione ulteriore del numero di passeggeri sui voli di linea è determinata in queste ultime settimane anche dalla diffusione della variante Omicron, con conseguente impennata del numero dei positivi. Ciò comporta infatti un enorme numero di cittadini costretti in quarantena sulla base delle disposizioni dei vari governi nazionali, con ovvie conseguenze sul numero di persone che si spostano in aereo.
Quanti sono i voli fantasma e cosa comportano
Si tratta di diverse migliaia di voli con aerei di linea vuoti o quasi vuoti che solcano i cieli di tutta Europa. Prendiamo ad esempio il caso di Brussels Airlines, una compagnia belga appartenente al gruppo Lufthansa, che, stando a quanto riportato da Le Soir, per conservare gli slot si trova costretta ad effettuare almeno 3 mila voli non necessari.
Un problema che viene confermato dalla compagnia Lufthansa, che dichiara che per rispettare le direttive Ue nel corso dell’inverno 2021-2022 sarà costretta a far partire circa 18.000 aerei vuoti o quasi vuoti.
Tra l’altro non si può escludere che questo problema non finisca con la fine della stagione fredda, ma persista anche in quella calda. Si prevede infatti che la soglia per mantenere gli slot possa essere portata dal 50% attuale al 64% nella stagione estiva, in previsione della ripresa del traffico aereo.
Il problema, come accennato, non è solo economico a danno delle compagnie aereo, ma anche e soprattutto ambientale visto che l’aereo è il più inquinante tra tutti i mezzi di trasporto pubblico, ed il settore dell’aviazione è responsabile del 12% circa di tutte le emissioni di CO2 prodotte dagli spostamenti.
Un tentativo di portare l’attenzione sul tema è stato fatto nei giorni scorsi dal ministro dei trasporti belga, George Gilkinet, che in una lettera inviata al commissario Ue dei trasporti, Adina Valean, ha chiesto “un’azione rapida” da parte dell’esecutivo comunitario al fine di portare la soglia al di sotto del 50% attuale fornendo “nuove possibilità di esenzione” per i vettori.
Un intervento in tal senso dovrebbero stabilire nuove regole destinate a restare in vigore almeno fino alla fine dell’estate o comunque fino a quando non ci saremo lasciati completamente alle spalle l’emergenza Covid-19 cosa che, tuttavia, potrebbe non accadere ancora per diversi anni.
L’Ue difende la regola degli slot aeroportuali e assicura: “la flessibilità è garantita”
Il meccanismo degli slot aeroportuali che induce le compagnie aeree a far volare migliaia di aerei completamente o quasi completamente vuoti sembra far acqua da tutte le parti, con danni economici per le compagnie ed ovviamente danni ambientali per la collettività.
Da Bruxelles però assicurano che si tratta di un sistema che funziona esattamente come dovrebbe. Il commissario Valean tramite il Financial Times fa sapere che le regole imposte dall’Ue prevedono già “la flessibilità necessaria” al fine di evitare che gli aerei viaggino vuoti come sta accadendo oggi.
Dall’Ue sottolineano infatti il calo del traffico aereo, che rispetto a prima della pandemia di Covid-19 risulta ridotto del 77%, evidenziando nel frattempo che “l’impatto della quarta ondata e della variante Omicron sui viaggi aerei potrebbe non essere così negativo e duraturo come inizialmente temuto”.
Sulla questione è intervenuta anche l’Airport Council International Europe (Aci) che rappresenta gli interessi delle società aeroportuali, ma che in questo caso si schiera dalla parte della Commissione Ue.
Secondo l’associazione di categoria infatti esiste una disposizione ad hoc che permette alle compagnie aeree di derogare alla regola del 50% laddove vengano imposte delle limitazioni alla libertà di spostamento o misure di quarantena “che influiscono sulla fattibilità” del viaggio.
Oliver Jankovec, direttore generale di Aci Eruope, ha spiegato che “parlare di voli fantasma, e del loro impatto ambientale, sembra alludere a uno scenario apocalittico” che tuttavia “non trova spazio nella realtà”.
Il direttore di Aci Europe ha anche tenuto a sottolineare che le regole Ue mirano a tutelare gli interessi delle compagnie aeree, e devono al contempo, in tale prospettiva, preservare le capacità aeroportuali e la concorrenza.
Tuttavia alla luce di quanto sta accadendo appare evidente che il cavillo evidenziato dall’associazione di categoria delle società aeroportuali non è sufficiente a scongiurare il fenomeno dei voli fantasma.
In effetti ricordiamo anche che la International Air Transport Association, associazione di categoria che rappresenta 300 compagnie aeree, la scorsa estate aveva bollato come “irrealistica” la regola del 50% che l’Ue aveva deciso di adottare per un settore che “sta ancora affrontando la peggiore crisi della sua storia”.
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