In Germania lo shopping online è ancor più diffuso che in Italia, e questo per via di diversi fattori a cominciare da un’orografia più favorevole, un territorio più omogeneo che rende più facile la consegna presso qualsiasi domicilio.

Vi sono poi altri fattori che influiscono determinando il successo degli acquisti online in Germania, come la maggior diffusione e la miglior qualità della rete internet sull’intero territorio nazionale, nonché una rete di trasporti efficiente e capillare.

Non è un caso che la stessa Zalando, outlet di successo internazionale per gli acquisti di calzature e abbigliamento online, sia un’azienda berlinese quotata alla Borsa di Francoforte.

Una serie di fattori che ha reso la Germania Paese ‘campione’ nello shopping online, un fenomeno che, tra l’altro è cresciuto rapidamente in particolare con lockdown e restrizioni in chiave anti-Covid che hanno letteralmente costretto i cittadini tedeschi a comprare su internet quel poco che ancora compravano in negozi fisici.

A pagarne le conseguenze sono stati, ancora una volta, i piccoli commercianti costretti a tenere le saracinesche abbassate mentre i colossi dell’e-commerce rastrellavano clienti e incrementavano a dismisura gli incassi.

Secondo l’istituto Ifo di Monaco e la banca online N26, dal momento in cui sono state introdotte le prime restrizioni nel dichiarato intento di contrastare la diffusione del Sars-Cov2 “le vendite online sono cresciute quasi continuamente, raggiungendo il 250% dei livelli pre-crisi per gli elettrodomestici all’inizio di dicembre 2020 e fino al 350% a febbraio 2021″.

Motivo di grande soddisfazione naturalmente per tutte quelle società di e-commerce che si trovano in una congiuntura che definire favorevole è decisamente un eufemismo. A trarne vantaggio sono poi inevitabilmente tutte le aziende che lavorano nell’indotto, dagli ingegneri informatici alle agenzie di consegne.

Non per tutti però il boom (ulteriore) dello shopping online è motivo di giubilo, e di sicuro non porta benefici ai piccoli commercianti, che dopo essere stati costretti a tener chiusi i negozi fisici a causa delle restrizioni imposte in chiave anti contagio, si trovano letteralmente derubati della propria clientela.

Ed è proprio qui che intervengono alcuni economisti ed amministratori locali i quali hanno escogitato un modo per riportare i consumatori nei negozi fisici delle proprie città. L’idea è quella di una sorta di moneta locale, che in realtà sarebbe più corretto definire un sistema di buoni acquisto piuttosto evoluto.

Abbiamo quindi il caso di Oranienburg, una città che conta circa 40 mila abitanti situata nel nord della Germania. Qui circola l’Orientaler, un tallero di rame che può essere speso solo sul territorio comunale. Si tratta di una moneta che nasce già nel 2018 proprio con lo scopo di dare nuova linfa vitale al commercio locale.

L’Orientaler è il tallero di “oro rosso” che si scambia al pari con l’Euro, e nel 2021 viene rilanciato proprio per andare in soccorso delle piccole attività danneggiate dalle misure restrittive imposte nell’ambito dell’emergenza Coronavirus.

Non si tratta comunque dell’unica moneta ‘alternativa’ diffusa in Germania, visto che esiste anche il Lechtaler di Augusta, il Chiemgauer di Prien am Chimesee, l’Elbtaler di Dresda, e il Roland di Brema. 

La prima a fare la sua comparsa fu nel 2003 il Chiemgauer, ma tutte quante nascono come alternativa all’Euro. In questo contesto in particolare però si rivelano importanti perché permettono di dare un minimo di respiro ai piccoli negozianti.

Come funzionano le monete alternative emesse in Germania

Quanto al funzionamento di queste monete alternative, il meccanismo in fin dei conti è semplice. Poco importa ovviamente il nome che viene dato loro, che si tratti di talleri o dobloni non fa differenza, anche perché, in realtà, non si tratta esattamente di una moneta ma più che altro di particolari buoni acquisto.

Questi buoni vengono scambiati uno a uno con l’euro, ma perdono circa il 2% del proprio valore ogni mese, cosa che funge da ulteriore incentivo alla spesa nei negozi che accettano questo sistema i quali poi sono quelli che si fanno carico dei costi di conversione sostenuti dalla “zecca” e della circolazione ma che in cambio accrescono il proprio portafoglio clienti.

I buoni così incassati possono essere spesi naturalmente anche dagli stessi negozianti, che possono utilizzarli anche nei circuiti dell’ingrosso. Saranno questi ultimi in tal caso a cambiarli in euro facendosi carico dei costi di cui sopra, in cambio di un maggior fatturato.

Di solito a contribuire al funzionamento di questo meccanismo di monete alternative sono gli stessi enti locali, le autorità comunali nello specifico, che intervengono con un contributo. Oranienburg ad esempio ha investito nel programma della sua moneta locale circa 20 mila euro, che pur non essendo una cifra particolarmente alta contribuisce alla circolazione della moneta a beneficio dei piccoli negozianti.

I precedenti storici di monete simili risalgono a quasi 100 anni fa. Si parla in questo caso di Regionalwahrung, una moneta regionale il cui primo conio risale al giugno 1932 in Austria.

All’epoca lo scopo era quello di far fronte alla Grande Depressione, e fu un esperimento di successo che effettivamente aiutò l’economia locale riducendo la disoccupazione del 25 per cento circa, e facendo crescere produttività ed entrate fiscali.

L’esperimento fu interrotto poi nel settembre del 1933 per ordine della Banca centrale austriaca secondo cui nella città di Wörgl circolava una eccessiva quantità di denaro contraffatto.

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