La crisi energetica che affligge il Vecchio Continente non solo perdura ma continua ad aggravarsi con sempre più preoccupanti aumenti del prezzo del gas e dell’energia elettrica, e con lo spettro del blackout generale determinato dalla scarsità delle scorte sempre più vicino.
I rincari sulle bollette di gas e luce rischiano di danneggiare pesantemente i consumi, e al tempo stesso stanno bloccando la produzione specie delle aziende cosiddette energivore, che hanno bisogno di enormi quantità di energia.
La domanda di energia continua a salire anche per via del progressivo abbassamento delle temperature, e al tempo stesso il principale fornitore di gas all’Europa, la Russia, non sembra particolarmente incline ad incrementare i rifornimenti.
Il recente mancato via libera al gasdotto Nord Stream 2 da parte dell’ente regolatore tedesco però fa pensare che se Mosca non smania dalla voglia di fornire energia ai Paesi dell’Ue, questi ultimi dal canto loro non sembra stiano gestendo la situazione nel migliore dei modi.
Complice anche la ‘sfortuna’, che sarebbe responsabile di una serie di coincidenze poco favorevoli come lo spegnimento dei reattori nucleari francesi per manutenzione, l’Europa sembra avviarsi a passo sempre più sostenuto verso il peggiore degli scenari che questa crisi energetica sia in grado di prospettare.
Il blackout generale che le autorità dei vari Paesi Ue da una parte presentano come possibile, e dall’altra minimizzano, non è affatto da escludere se la situazione non si sblocca, almeno sul piano geopolitico. Eppure quello del blackout non è nemmeno l’unico rischio che i Paesi Ue, o meglio i popoli dai Paesi Ue, stanno correndo, né il peggiore.
Nel prossimo futuro, insieme al blackout, potrebbe arrivare infatti la scarsità alimentare, ed anche in questo caso all’origine c’è la crisi energetica, che a sua volta è stata determinata dalle scelte politiche poco lungimiranti di questi ultimi anni e degli ultimi mesi in particolare, vista la scelta di imporre lockdown e pesanti limitazioni nell’ambito della gestione dell’emergenza sanitaria Covid-19.
L’Ue verso l’emergenza alimentare, sospesa la produzione di fertilizzanti
Sono le aziende ‘energivore’ a subire il maggior impatto degli aumenti dei prezzi dell’energia, e tra di esse troviamo quelle che producono fertilizzanti che, per via della crisi energetica, si trovano costrette ad interrompere la produzione.
L’immediata conseguenza è che tra i vari prodotti su cui si registrano aumenti importanti vi sono anche i concimi. In questo caso non solo c’è già stato un raddoppio dei prezzi di quelli disponibili, ma inevitabilmente anche una drastica riduzione dell’offerta proprio per via dello stop alla produzione determinato da prezzi troppo alti dell’energia.
Da una parte abbiamo diverse imprese che quindi si sono trovate costrette ad interrompere la produzione, mentre dall’altra abbiamo un serio problema con l’importazione da Paesi extra Ue.
La Russia è uno dei maggiori produttori di concimi, ed impone delle quote fisse di esportazione, il che significa che non andrà ad incrementare le quantità esportate verso l’Ue per compensare l’interruzione della produzione interna al Vecchio Continente.
Abbiamo poi la Cina, che risulta essere ad oggi il maggior produttore di fosforo, che però non ci verrà incontro visto che sta valutando un blocco dell’export fino a giugno 2022.
Senza concimi le conseguenze sulle culture sono anch’esse inevitabili, ed una eventuale riduzione della resa dell’intero settore non potrebbe che tradursi in una scarsità di tutta una serie di generi alimentari. Le conseguenze andrebbero a toccare tanto i grandi produttori quanto i piccoli agricoltori e si riperquoterebbero sui consumatori finali.
Sul tema è stata presentata una interrogazione parlamentare presso il Parlamento Europeo già nel mese di novembre. In quell’occasione si chiedeva a Bruxelles quali misure stesse valutando di mettere in campo per scongiurare il blocco della produzione di fertilizzanti, e se vi fosse la possibilità di implementare aiuti straordinari da destinare alle aziende agricole per coprire una parte dei maggiori costi sostenuti.
Difficile essere fiduciosi nella possibilità che l’Unione Europea intraprenda delle concrete politiche di sostegno. D’altra parte stiamo toccando con mano la scarsa efficacia della politica anche nell’ambito della gestione di una crisi energetica che continua a presentare prospettive via via peggiori.
In occasione dell’ultimo Consiglio Europeo dei Capi di Stato e di Governo si è cercato di trovare un accordo sulla gestione della crisi energetica, ma i risultati non sono arrivati.
L’Ue continua a presentarsi spaccata in più fronti che remano in direzioni diverse, e per arrivare ad un accordo condiviso sarebbe necessario appianare una lunga serie di controversie tutt’altro che semplici.
Vi è una divergenza di vedute anzitutto sul sistema per lo scambio delle quote di emissioni inquinanti, con alcuni Paesi dell’Est quali Polonia e Repubblica Ceca soprattutto, che non vedono di buon occhio un intervento in tal senso che penalizzerebbe la propria produzione di base dal momento che sono Paesi ricchi di carbone.
Poi ci sono la Germania e i Paesi Bassi che si sono schierati a difesa dell’attuale sistema dei prezzo basato sul libero mercato che, per inciso, è quello che ha determinato l’impennata del prezzo del gas insieme all’aumento dei costi delle quote di emissione di CO2.
Infine abbiamo la Francia e altri Paesi dell’Est che spingono per il potenziamento del nucleare per il medio e lungo periodo, ritenendo questa una fonte di energia ecosostenibile.
Blackout ed emergenza alimentare ci saranno?
Difficile escludere categoricamente la possibilità di un blackout generale dovuto alla crisi energetica, tanto più che invece di migliorare lo scenario nelle ultime settimane non ha fatto altro che peggiorare.
Abbiamo visto un progressivo peggioramento dei rapporti diplomatici tra Mosca e Berlino, e in generale stiamo assistendo ad un incremento della tensione sul confine tra Russia ed Ucraina determinato dalla sempre più ingombrante vicinanza della NATO.
Entrando poi nello specifico della questione delle forniture di gas che dalla Russia dovrebbero raggiungere la Germania e quindi l’Europa, sappiamo che il Nord Stream 2 non ha ottenuto il via libera dall’ente regolatore tedesco, cosa che non giova né ai popoli europei, né alla Gazprom. Nel frattempo poi abbiamo assistito alla chiusura del Yamal, il più piccolo dei tre gasdotti russi che riforniscono l’Europa.
E se parliamo di peggioramento della crisi energetica non possiamo che ricordare che la chiusura di alcuni reattori nucleari francesi di certo non aiuta.
All’orizzonte si intravedono poi altri problemi, con la Bielorussia che minaccia di bloccare il gasdotto Nord Stream 1, che dalla Russia porta il gas in Germania e quindi nel resto d’Europa.
E anche sul versante opposto le cose non vanno per il meglio, con l’Algeria che ha tagliato le forniture che attraverso il Marocco raggiungono la Spagna.
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