Si stava andando in tutt’altra direzione negli ultimi anni, e si era parlato a lungo più e più volte di quanto fosse importante abbandonare le fonti fossili per passare alle rinnovabili, ma la crisi energetica attualmente in atto, il cui impatto più forte sarà l’Europa a subire, ha stravolto tutti i piani.
In queste ultime settimane il problema di trovare fonti green è passato decisamente in secondo piano, la priorità è semplicemente quella di trovare delle fonti. Una delle soluzioni in campo infatti è piuttosto lontana da quelle che sono le scelte green tanto decantate negli ultimi anni, visto che si parla di riaccendere una centrale a carbone.
Ma d’altra parte la situazione è piuttosto grave, le forniture di gas sono sempre più scarse, e persino dalla Francia arrivano cattive notizie, con quattro reattori atomici che sono stati spenti. Inevitabile che i prezzi subiscano quindi un’ulteriore impennata le cui conseguenze colpiranno con forza famiglie e imprese nei prossimi mesi.
In Italia il governo di Mario Draghi sta valutando diverse tipologie di interventi per abbattere i costi in bolletta in vista degli aumenti di gennaio, con 3,8 miliardi di euro messi sul tavolo per attutire l’impatto specie su famiglie con reddito basso e imprese energivore, ma ammesso che queste misure risolvano il problema dei costi, resta da risolvere quello delle forniture.
Ed eccoci al punto in cui l’Enel decide di correre ai ripari rallentando il programma ecologico e riaccendendo la centrale a carbone di La Spezia. È infatti notizia di queste ore che Terna, la società che governa i flussi dell’alta tensione ha richiamato in servizio il gruppo carbone della centrale elettrica di La Spezia.
E pensare che da poco l’Enel aveva ottenuto il via libera per spegnere il gruppo 3 e cambiare tecnologia a favore del metano. La linea numero 3 quindi è già stata riaccesa, i dipendenti in sciopero sono stati richiamati e per il momento il metano dovrà aspettare.
Non si tratta peraltro di un caso isolato, visto che qualcosa di simile era già accaduto una decina di giorni addietro, quando la centrale a carbone dell’A2A situata a Monfalcone in provincia di Gorizia, che era stata spenta per avviare i lavori per il passaggio al metano, è stata riaccesa per continuare a fornire energia elettrica usando il carbone.
E mentre si torna a fonti di energia meno green gli Italiani pagano caro il prezzo degli aumenti, con rincari attesi per il mese di gennaio 2022 che potrebbero aggirarsi intorno al 50% ma che alcuni temono possano raggiungere il 70%.
In Francia spente alcune centrali nucleari
La situazione in cui ci troviamo oggi, che non preannuncia nulla di buono per il prossimo futuro, è determinata da una serie di fattori. Su Il Sole 24 Ore si parla infatti di una “tempesta perfetta” e si svolge una disamina dettagliata che parte proprio dalla Francia, e dalla decisione di EdF di spegnere per manutenzione alcune grandi centrali nucleari.
Si tratta di centrali che da sole coprivano circa il 10% del fabbisogno nazionale, e questo ha chiaramente prodotto delle conseguenze anche nell’immediato. La reazione delle borse elettriche in tutta Europa non si è fatta attendere, e in Italia la quotazione elettrica al Gme per le forniture all’ingrosso di venerdì 17 dicembre ha toccato 329,72 euro per mille chilowattora.
Nel frattempo anche la quotazione della CO2 sale rapidamente, e sui costi delle centrali a metano può comportare un rincaro finale sulla bolletta dell’energia elettrica fino a 25-30 centesimi in più al chilowattora.
Tutto fermo poi per quel che riguarda la liberalizzazione energetica, il che permetterebbe grazie ai contratti a prezzo fisso la possibilità di evitare i rincari. La liberalizzazione completa però non arriverà nemmeno nel 2023, ma slitta addirittura al 2024.
I rincari del metano continuano a preoccupare intanto. D’altra parte si tratta della fonte che determina il prezzo finale del chilowattora in molti Paesi europei tra cui anche l’Italia. In soli cinque giorni di transazioni alla Borsa italiana del gas, Psv ha subito un rincaro del 35% passando da 34 a circa 46 dollari per milione di Btu.
Le ragioni? Sono le stesse che provocano il rincaro del chilowattora vale a dire l’abbassamento delle temperature, la scarsità delle scorte. le forniture di gas dalla Russia che sono inferiori al previsto, e l’aumento della domanda.
Gli effetti sui prezzi della decisione di spegnere quattro reattori nucleari si sono fatti sentire immediatamente, con il picco dei prezzi benchmark europei dell’energia elettrica subito dopo l’annuncio da parte di EdF.
A complicare le cose la previsione del forte calo delle temperature in tutta Europa già a partire da questo fine settimane, da cui un rincaro ancor più consistente del costo energetico con ricadute sui Paesi che importano energia derivante dal nucleare francese come Germania, Francia, Spagna e naturalmente Italia.
È bastato l’annuncio dello spegnimento dei quattro reattori nucleari francesi a far aumentare il costo dell’elettricità tedesca per il 2022 del 10%, portandolo a quota 227 euro per megawattora sull’European Energy Exchange AG.
Anche in Francia il prezzo medio dell’elettricità ha subito un forte aumento. “Il prezzo medio dell’elettricità sul mercato Week-ahead ha avuto un aumento del 20% a 485 euro per mille chilowattora” leggiamo infatti su Il Sole 24 Ore “mentre il contratto di gennaio è aumentato del 36%”.
“Il prezzo dell’elettricità per consegne a gennaio è rincarato in Francia di oltre il 50% a 585 euro per mille chilowattora e in Germania i contratti a gennaio si collocano a 365 euro con un aumento del 19%”.
A La Spezia e Monfalcone si torna alle centrali a carbone
Non restano molte opzioni tra le quali scegliere per tentare di migliorare l’offerta a fronte di una domanda destinata a salire rapidamente nelle settimane a venire nonostante i rincari. Il ministro per la Transizione Ecologica aveva dato all’Enel il via libera per passare dal carbone al metano, quindi il gruppo 3 sarebbe diventato una delle 48 nuove centrali a gas ad alta efficienza, ma il passaggio dovrà attendere.
Terna infatti ha chiesto di sospendere i lavori di smantellamento e ricostruzione del gruppo SP3 al fine di “garantire la continuità del servizio e della sicurezza del sistema elettrico”. E persino lo sciopero straordinario che era già stato annunciato dovrà attendere, gli operai sono già stati richiamati al lavoro.
Anche la centrale elettrica di Monfalcone lungo il canale Valentinis, che era ferma da mesi, dovrà ripartire. Terna ha già fatto sapere ad A2A che con l’ondata di freddo in arrivo e il picco della domanda previsto la centrale deve tornare a produrre.
Parliamo di un impianto la cui costruzione risale a una cinquantina di anni fa, che sorge su 30 ettari di terreno ed è formato da due gruppi indipendenti a carbone, uno da 165 megawatt e un altro da 171.
Il progetto però non era quello di far ripartire la produzione di energia elettrica utilizzando il carbone, bensì lo smantellamento del vecchio impianto e la costruzione di nuove linee alimentate con metano ad alta efficienza con la possibilità di utilizzare anche l’idrogeno. Tra l’altro con la nuova centrale si risparmierà molto spazio e i terreni potranno essere destinati a usi collettivi condivisi con le comunità locali.
L’industria italiana del vetro in crisi
Ad essere maggiormente esposte ai rincari di gas e luce sono inevitabilmente le cosiddette aziende energivore, vale a dire quelle che per le caratteristiche della propria attività di produzione tendono a consumare grandi quantità di energia.
Ecco perché l’industria del vetro italiana, che è la seconda in Europa per volumi prodotti, e che ha un consumo medio di gas naturale oltre 1 miliardo di metri cubi l’anno pari all’1,5% circa del consumo nazionale, rischia di subire le più gravi conseguenze.
Parliamo di un fabbisogno di energia elettrica di 3 miliardi di chilowattora l’anno, pari all’1% dei consumi nazionali. Il costo delle bollette, in situazioni normali, contribuisce per il 33% circa ai costi di produzione, il che implica che con un simile aumento dei prezzi dell’energia la ripresa di questo comparto, dopo lo shock determinato da lockdown e restrizioni, rischia di essere compromessa.
Assovetro, l’associazione nazionale degli industriali del vetro aderente a Confindustria, non può che lanciare l’allarme facendo notare che i costi energetici sono più che quadruplicati e che considerata la volatilità dei mercati del gas, dell’energia elettrica e della CO2 il rischio di ulteriori aumenti è più che concreto.
Il presidente di Assovetro, Graziano Marcovecchio, ha tenuto a sottolineare che “c’è sicuramente un problema geopolitico da affrontare, soprattutto a causa delle incertezze sugli approvvigionamenti di gas, per il quale l’Italia è dipendente dall’estero per circa il 95%“.
“Ma sono necessarie anche iniziative a livello nazionale sia sul mercato del gas naturale, per favorire una maggiore liquidità e abbassare il prezzo, sia sul mercato dell’energia elettrica, allo scopo di ridurre il gap con i Paesi europei nostri competitor” spiega ancora Marcovecchio.
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