La situazione per quel che riguarda le scorte di gas non sembra affatto migliorata, e le prospettive non sono certo diventate meno fosche rispetto a quelle di un paio di settimane fa. La prima notizia che di sicuro non sortisce l’effetto di tranquillizzare i cittadini europei è quella che arriva direttamente da Gazprom, che riferisce che già dai primi cinque giorni di dicembre è stata consumata una fetta importante delle scorte.

Stando al recente rapporto di Gas Infrastructure Europe che è stato citato in una dichiarazione di Gazprom di qualche giorno fa, poi diffusa anche attraverso i social media, il 4 dicembre scorso era già stato prelevato dai depositi sotterranei europei circa il 23,4% del gas stoccato. Circa un quarto delle scorte quindi è stato già bruciato prima che inizi la stagione invernale.

Ma facciamo qualche passo indietro. Il 23 settembre, giorno che precede l’avvio stagionale al riscaldamento, l’Europa poteva contare su stoccaggi sotterranei di gas pieni circa al 72%. Non era certo il migliore degli inizi se si considera che questo è il volume di stoccaggio più basso dal 2011.

Kadri Simson, commissario europeo per l’energia, ha però tenuto a precisare che si tratta di una scorta che sarà sufficiente ad arrivare fino alla fine della stagione fredda. I dubbi tuttavia restano e anzi crescono con il trascorrere dei giorni e il calare delle temperature.

“I volumi sono scarsi, ma sufficienti a coprire la stagione invernale in condizioni normali” aveva dichiarato il commissario Simson il 14 ottobre, ma poi le scorte hanno continuato ad assottigliarsi ad un ritmo piuttosto alto.

A poter contare su depositi di gas particolarmente scarsi sono in particolare Paesi come Austria, Paesi Bassi e Portogallo, con scorte pari rispettivamente al 50,44%, 54,43% e 58,17% della capienza totale.

Ad essere messi meglio sono invece i Paesi baltici, che mediamente possono contare su un livello di gas negli impianti di stoccaggio che si aggira intorno all’80,22%.

I magazzini europei poi hanno iniziato a svuotarsi, ben prima dell’arrivo della stagione invernale, molto prima insomma che le temperature subissero il calo previsto per la stagione fredda. A novembre infatti Gazprom ha riferito che i prelievi di gas dai magazzini sotterranei europei ha raggiunto il livello più alto dall’inizio della stagione di riscaldamento (che ha inizio il 24 settembre).

Dai circa 81,75 miliardi di metri cubi di gas del 3 novembre si è rapidamente passati ai circa 77,4 miliardi di metri cubi al 25 dello stesso mese.

Prezzi del gas in calo ma scorte sempre più basse

Ed eccoci quindi al mese di dicembre, con buone notizie sul fronte dei prezzi, visto che dopo fluttuazioni impazzite per tutto l’autunno, sembra che il prezzo del gas si sia finalmente stabilizzato su importi decisamente inferiori al picco dei 2 dollari per metro cubo raggiunto nel mese di ottobre.

Quanto alle cause che hanno prodotto questo fenomeno, non si può che annoverare prima di tutto la bassa capacità di stoccaggio sotterraneo, la limitazione dell’offerta da parte dei principali fornitori di gas naturale, ed il picco della domanda soprattutto dal mercato asiatico.

Il prezzo del gas però è poi sceso, e si è stabilizzato a novembre intorno al prezzo di 1 dollaro per metro cubo, che è circa la metà del picco raggiunto nel mese di ottobre, ma al tempo stesso è comunque il quadruplo del prezzo di inizio 2021.

Nei giorni scorsi è poi arrivata la notizia della mancata autorizzazione all’attivazione del gasdotto Nord Stream 2, il che ha portato ad una nuova proroga della data di avviamento e quindi alla necessità di trovare altri fornitori altrove.

L’inverno sarà più freddo del solito

Quello nel quale stiamo entrando sarà un inverno più freddo del solito, e naturalmente questa previsione non fa che rendere il quadro complessivo ancor meno rassicurante.

Gas Infrastructure Europe riferisce che il gas attivo in stoccaggio è circa il 23,4% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, per un totale di circa 20,8 miliardi di metri cubi sotto il livello del 2020.

Le previsioni sono di un inverno rigido e questo non può che portare ad un aumento dei consumi, e quindi ad una rapida riduzione delle scorte che porterà inevitabilmente ad un nuovo incremento dei prezzi.

Secondo le previsioni di Stin Jacobsen, chief investiment officer di Saxo Bank, l’Europa dovrà far fronte ad una crisi energetica come non si vedeva dal 1973. Una crisi che in questo caso riguarderà non solo il gas ma anche il petrolio, che subirà un forte aumento dei prezzi. Lo stesso Jacobsen ha riferito: “non sarei sorpreso di vedere i prezzi del petrolio sopra i 100 dollari al barile già nel primo trimestre”.

Ma quali sono quindi le prospettive per quel che riguarda i prezzi in vista di questo gelido inverno? Per Jacobsen si prospetta una ‘tempesta perfetta’, e senza mezzi termini avverte che i prezzi “saliranno ancora, naturalmente”.

Tutt’altro che rassicuranti tra l’altro anche i commenti che arrivano direttamente dalla Gazprom, con il manager Alexander Ivannikov che avverte che “considerato il volume di stoccaggio e l’arrivo della stagione fredda in Europa e in Asia, le quotazioni dei forward sul gas non ipotizzano una riduzione sensibile dei prezzi dei prossimi mesi”. Secondo la compagnia russa in ogni caso la situazione non sarà sostenibile.

La situazione in Francia e Regno Unito

Questi forti rincari che interessano il comparto energetico hanno impattato sia sui consumatori che sull’industria. In Regno Unito diverse aziende hanno ridotto la produzione e si sono rivolte allo Stato per ricevere degli aiuti indispensabili per far fronte ai rincari e all’inevitabile interruzione o riduzione della produzione.

Anche in Francia i prezzi dell’energia hanno toccato dei picchi con pochi precedenti, raggiungento i massimi dal 2012. I cugini d’oltralpe tuttavia possono contare su diverse centrali nucleari, cosa che però non permette comunque di soddisfare il fabbisogno nazionale.

Tra l’altro le restrizioni imposte in chiave anti-Covid hanno ridotto la disponibilità di personale anche all’interno delle stesse centrali, e questo ha fatto ritardare la manutenzione di alcuni reattori causando una importante calo dei livelli di produzione.

Sempre in Francia il governo ha imposto la chiusura delle centrali a carbone, e già dall’inverno 2020-2021 alle famiglie è stato chiesto di ridurre il consumo di elettricità nelle ore di punta.

Per Bloomberg situazione più realistica blackout sistematizzati

Ed eccoci alla situazione attuale, con le famiglie e le imprese che dovranno fare i conti con cali di tensione e blackout anche di un paio d’ore.

Secondo Bloomberg si tratta solo di un assaggio di ciò che realmente potrebbe accadere nelle prossime settimane, man mano che le temperature continueranno a scendere. Non è neppure possibile escludere che tra i Paesi membri si creino delle tensioni nell’intento di preservare le proprie forniture, mentre per i consumatori la prospettiva più realistica è quella di trovarsi ad affrontare blackout sistematizzati.

Intanto la speranza che da Gazprom potessero arrivare rifornimenti più massicci si infrange puntualmente con la constatazione che la quantità di gas fornita corrisponde esattamente a quella oggetto degli accordi contrattuali stipulati.

In altre parole per arrivare alla fine dell’inverno tutto quello che il comparto energetico potrà fare sarà puntare su una riduzione della domanda, come fa notare Fabian Renningen, analista di Rystad Energy.

I due scenari ipotizzati da Bloomberg

Cosa dobbiamo aspettarci quindi nelle prossime settimane e nei prossimi mesi? Le preoccupazioni condivise da comuni cittadini trovano in realtà per buona parte conferma nei due scenari possibili descritti da Bloomberg.

Secondo gli analisti di Bloomberg le possibilità sono sostanzialmente due: se le risorse di gas continuano a scarseggiare, con un peggioramento della situazione che andrà di pari passo con l’abbassamento delle temperature previsto per il resto dell’invernata, i governi nazionali dei Paesi Ue potrebbero decidere di ridurre la vendita di gas naturale ed energia elettrica ad altri Paesi.

L’altro scenario ipotizzato da Bloomberg è che alcuni Paesi, quelli poveri, potrebbero decidere di reindirizzare le risorse di gas verso altri Paesi, quelli ricchi, come ad esempio la Germania.

Marco Alvera, amministratore delegato di Snam Spa, società italiana di infrastrutture energetiche, ha spiegato le dinamiche che potrebbero innescarsi. “Se farà molto freddo, si cominceranno a sentire in Europa discorsi simili: ‘io il gas ce l’ho, quindi prenderò misure straordinarie: vieterò le esportazioni per due settimane'” ha spiegato l’esperto.

Di dichiarazioni simili, almeno per il momento, non ne sono arrivate, ma questo non vuol dire che lo scenario sia da escludere. Anzi, alcune avvisaglie ci sono già in realtà, infatti già nel mese di ottobre il presidente della Serbia, Aleksander Vucic ha avvertito che potrebbe esserci una sospensione delle esportazioni di energia elettrica per “tenere la gente al caldo nelle proprie case”.

Anche in Francia si respira un clima simile, con il governo che ha minacciato di limitare la fornitura alle Isole del Canale per via di una disputa sulle aree di pesca.

In teoria i Paesi dell’Ue sarebbero tenuti a rispettare i principi di solidarietà energetica, sulla base dei quali le esportazioni non possono essere bloccate. Tuttavia in un contesto di crisi energetica le controversie sono inevitabili, resta da vedere quali Paesi riusciranno a tutelare meglio i propri interessi.

Intanto da Mosca fanno sapere che si provvederà ad aumentare le estrazioni nel tentativo di aumentare l’offerta di gas da destinare all’Europa. In questo caso sarebbe sicuramente una buona notizia se il gasdotto Nord Stream 2 venisse avviato, ma tocca alla Germania muoversi in tal senso.

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