La Cina sta facendo da apripista, ma anche le altre grandi economie mondiali andranno nella stessa direzione, quella delle valute digitali. Il colosso cinese ha già dato il via alla sperimentazione dello e-yuan in alcune grandi città, invece per Europa e Usa è tutto ancora da definire, anche se, a quanto pare, gli obiettivi sono piuttosto simili.

Dell’arrivo delle valute digitali nazionali ne parla in questi giorni anche l’Huffington Post, dove leggiamo che persino la Nigeria ha la sua valuta digitale, l’e-naira, e che la banca centrale di Mosca ha avviato la sperimentazione del Rublo digitale.

Queste monete digitali vengono chiamate Central Bank Digital Currencies, e sono meglio note con l’acronimo CBDC. Una novità che potrebbe cambiare radicalmente le vite dei cittadini di tutto il mondo che viene proposta come una soluzione pensata proprio a loro vantaggio, in quanto, prima di tutto “le CBDC risolvono il problema dell’inclusione finanziaria” come spiega la professoressa Paola Subacchi.

La Subacchi è economista del Global Policy Institute alla Queen Mary University di Londra, e a quanto apprendiamo dall’Huffington Post è in grado di spiegare in maniera piuttosto dettagliata quali sono i vantaggi che l’introduzione di queste valute digitali sarebbe in grado di garantire.

“Chi non ha un conto corrente potrà pagare utilizzando lo smartphone come borsellino digitale” spiega l’esperta, e parte da qui la soluzione al problema dell’inclusione finanziaria. Nello scenario descritto dalla Subacchi abbiamo quindi una significativa percentuale di cittadini che vorrebbe utilizzare monete digitali per le proprie transazioni, ma è ‘costretta’ ad utilizzare il contante in quanto non possiede un conto corrente.

Con le CBDC il problema è presto risolto, senza carte di credito e soprattutto senza contante, ma la Subacchi avverte che, effettivamente, in gioco c’è molto altro. La Cina è più avanti di Stati Uniti ed Europa in questo progetto ma “non è solo una competizione geopolitica”, in ballo ci sono anche questioni domestiche.

“Pechino vuole monopolizzare il controllo sul sistema dei pagamenti utilizzato dai suoi cittadini, oggi dominato dalle Big Tech locali” e poi c’è la questione delle criptovalute private, come Bitcoin, Ether, Dogecoin che nel 2021 hanno visto la propria consolidazione.

Un boom, quello delle cripto, che non piace a tutti, e preoccupa ad esempio il presidente della Consob Savona, il quale ha auspicato un coordinamento internazionale che ricorda gli accordi di Bretton Woods.

“Le banche centrali hanno avviato la sperimentazione delle CBDC negli ultimi mesi” spiega la Subacchi “ma in realtà non è una risposta automatica alle cripto private, sulle quali i regolatori hanno già espresso riserve”.

“Molto più semplicemente è una questione di innovazione finanziaria” ha spiegato ancora l’esperta all’Huffington Post, sottolineando la tendenza a lasciare il contante in favore di forme di denaro digitale quali carte di credito o di debito ma anche app di pagamento cosa che però “in Italia si vede di meno. Ma qui in UK ad esmpio non usiamo più le banconote. Basta uno smartphone” racconta la Subacchi da Londra.

Qual è il motivo per cui introdurre le CBDC è così importante per alcuni Stati come, in primis, la Cina? La differenza non sta nel servizio offerto, che attualmente in sostanza esiste già in quanto la tecnologia per i pagamenti digitali, anche senza conto corrente bancario, viene già ampiamente utilizzata, ma nel modo in cui il sistema è strutturato.

“Dal punto di vista pratico non cambia niente” spiega infatti l’esperta “ma a monte c’è una differenza enorme. Oggi quando pago con l’app, il mio acquisto viene comunque caricato su un conto legato ad una carta di credito o alla mia banca. Le CBDC, invece, funzionano esattamente come il denaro contante. Non c’è bisogno di avere un conto corrente”.

Le banche centrali quindi ritengono che attraverso l’introduzione delle valute digitali sarà possibile accelerare il processo di inclusione finanziaria delle persone che non hanno un conto corrente in banca.

A trarne vantaggio sarebbero soprattutto le economie emergenti, dove le persone che possiedono uno smartphone sono miliardi, ma quelle che hanno un conto in banca sono pochissime.

“Pensiamo ai migranti provenienti da questi Paesi che inviano rimesse in patria. Ad oggi, la mancanza di conti bancari li costringe a sottostare al pagamento di commissioni elevate” spiega l’economista, e questo spiegherebbe perché lo Stato di El Salvador ha deciso di introdurre il Bitcoin come valuta legale, cosa che permette ai cittadini di inviare denaro all’estero sotto forma di cripto.

Secondo Subacchi però questo sarebbe stato un errore molto grave in quanto le criptovalute, non avendo alle spalle una banca centrale non hanno una riserva fisica a garanzia del valore. Invece “le CBDC potranno aiutare i migranti ad inviare le rimesse senza commissioni, a velocità istantanea e in totale sicurezza” dice l’esperta.

La Cina davanti a tutti sulle valute digitali

Ed è la Repubblica Popolare Cinese a piazzarsi in pole position per la corsa verso le valute digitali. Pechino parte quindi con un vantaggio notevole rispetto a Stati Uniti ed Europa, come fa notare Alessia Amighini, ricercatrice dell’Istituto Studi di Politica Internazionale a Milano.

“La Repubblica popolare cinese sta già sperimentando lo e-yuan in alune città come Shenzen e Shanghai” sottolinea Amighini, che fa notare che “le buste paga di alcune categorie di lavoratori vengono già accreditate in e-yuan”.

La Cina ha un territorio estremamente vasto e dalle caratteristiche socio-economiche anche molto distanti, con una popolazione di circa 1 miliardo e mezzo di abitanti. In alcune aree, specie nelle zone interne, si trovano dei livelli di inclusione finanziaria molto inferiori rispetto ad esempio alle ricche coste metropolitane.

Proprio per favorire il processo di sviluppo di queste Regioni rimaste escluse dal circuito finanziario nazionale il presidente Xi Jinping nel 2013 ha lanciato le Nuove Vie della Seta – la Belt and Road Initiative – che dovrebbe portare un certo cambiamento in Regioni come Tibet, Mongolia cinese e Xinjiang.

“C’è tutta una parte di Paese, non solo a livello geografico, ma anche sociale, non inclusa nel circuito finanziario nazionale. Si fanno prestiti da soli, l’uno con l’altro. Milioni di Cinesi sono ancora fuori dal sistema”, ma è piuttosto chiaro che non è esattamente quello dell’inclusione l’obiettivo principale dell’introduzione dello e-Yuan.

Sull’Huffington Post si parla di una “esigenza di controllo totalitario delle masse” in particolare dei movimeni di denaro. La Amighini parla di “un controllo facile da gestire, e senza errori” in quanto con lo e-Yuan “il governo saprà tutto di tutti. Cosa hanno comprato, da chi, a che ora e per quanto”.

Ed è esattamente questo che accadrebbe in tutti i Paesi che decidessero di imboccare questa strada, Usa ed Europa non farebbero eccezione. Ma il cerchio si chiuderebbe una volta che il denaro contante venisse bandito, perché in quel caso il controllo, inteso non solo nel senso di monitoraggio, ma anche come esercizio di autorità sul cittadino, sarebbe totale.

Lo e-yuan per scalzare le Big Tech

Ci sono diverse ‘ragioni domestiche’ per le quali la Cina ha deciso di andare con convinzione verso le valute digitali, e tra queste ve n’è una che è legata alla stretta di Pechino sulle Big Tech.

La Subacchi ha ricordato a tal proposito che “la Cina è molto più avanti di noi nel FinTech. Le transazioni digitali, a quelle latitudini, erano già disponibili più di dieci anni fa. Non c’era bisogno del conto bancario. Bastava affidarsi ad Alipay, il braccio finanziario del gigante fondato da Jack Ma“.

Il popolo cinese è molto legato alle tradizioni, e in occasione delle festività vi è l’usanza di regalare denaro ad amici e parenti all’interno di una busta rossa. “La red envelop poteva essere donata digitalmente attraverso Alipay già nei primi anni Dieci” spiega l’esperta, e non dimentichiamo che con lockdown e chiusure varie delle attività fisiche il potere di Alibaba e degli altri colossi e-commerce, è cresciuto ulteriormente e con forza.

“Per questo la banca centrale di Pechino si è mossa molto più speditamente di quelle occidentali. La circolazione digitale del denaro era praticamente passata nelle mani di Big Tech. E con essa, anche il controllo dei dati” e come sappiamo i dati sono una ricchezza non solo per le grandi società private ma anche per il governo, e quello cinese di certo non fa eccezione.

Lo e-yuan anche per turisti e visitatori da gennaio

In Cina non si perde tempo, e gli obiettivi sono tanto ambiziosi quanto vicini. Lo e-yuan potrebbe essere introdotto su vasta scala già dall’anno prossimo, e stando a quanto afferma un report della Banca Popolare Cinese i turisti e i visitatori che da gennaio si recheranno in Cina per le prossime olimpiadi invernali potranno già farsi accreditare i primi e-Rmb sul proprio portafoglio virtuale.

Secondo alcuni esperti l’e-yuan potrebbe rappresentare una minaccia al dominio internazionale del dollaro, ma non tutti sono di questo parere.

“Lo escludo. Può sicuramente facilitare la circolazione dello yuan a livello internazionale” dice la professoressa Subacchi “sarà più comodo utilizzarlo per i cinesi all’estero e per gli stranieri che vanno in Cina. Però non credo che cambierà i rapporti di forza esistenti sui flussi monetari globali, dove il dollaro domina e la valuta cinese non va oltre il 6-7% delle transazioni internazionali”.

“Non sono cifre particolarmente rilevanti. La liquidità dello yuan resterà limitata, soprattutto a causa della politica protezionistica della People’s Bank, che continua a mantenere restrizioni sui movimenti di capitale. Lo Yuan, ad esempio, pul essere scambiato solo su alcune piazze. La sua versione digitale faciliterà la sua circolazione. Ma chi pensa che con lo e-yuan la Cina possa scardinare il dominio del dollaro è fuori strada” conclude Paola Subacchi.

Europa e Usa verso le valute digitali

Nell’Unione Europea e negli Stati Uniti la direzione nella quale si andrà nei mesi e negli anni a venire è la stessa. Il governatore della Federal Reserve fresco di riconferma, Jerome Powell, ha affrontato più volte l’argomento, ma nella Fed ci sono ancora delle opinioni discordanti e le sperimentazioni non sono state ancora avviate.

Attualmente vi è in atto una collaborazione tra la filiale regionale di Boston ed il Massachussetts Institute of Technology (MIT) sul progetto Hampilton, uno studio sugli effetti dell’introduzione di un’ipotetica CBDC basata sul dollaro.

Siamo tuttavia ancora agli inizi, ed uno dei maggiori esperti di politiche monetarie, l’economista Harvard Kenneth Rogoff, ha espresso un certo scetticismo riguardo ad una introduzione del dollaro digitale ormai prossima, osservando che potrebbero volerci invece altri 10 anni.

In Europa sono stati compiuti dei passi avanti verso le valute digitali, e secondo i vertici di Bruxelles introdurre l’euro digitale è diventato una necessità. Ci sarebbe un rischio legato all’utilizzo delle criptovalute private per la stabilità finanziaria dell’Europa.

Fabio Panetta, membro del board della Bce ha spiegato che “l’euro digitale rappresenta la forma più sicura di moneta perché garantita dallo Stato. Le altre cripto si basano sulla passività di operatori privati” in quanto il loro valore è garantito dalla solidità di chi le emette.

“Una garanzia che potrebbe rivelarsi effimera. L’emittente potrebbe gestire la sua liquidità in modo imprudente” fa notare Panetta, come a dire che sull’affidabilità di enti come le banche centrali non vi sono e non vi possono essere né dubbi né ombre.

Ad ogni modo per seguire la strada delle valute digitali, il piano della Banca Centrale Europea prevede che entro il 2023 le sperimentazioni saranno chiuse e entro il 2024 verrà sviluppato un prototipo.

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