Sembrava che tutto stesse filando liscio come l’olio in Gran Bretagna, dove grazie ad una più che efficiente campagna di vaccinazioni anti-Covid, le riaperture stavano arrivando ad un ritmo ben superiore a quello degli altri Paesi europei.
Il timore era già da tempo che la variante indiana potesse costringere il governo di Londra a rimandare le ultime riaperture in programma, e tutto perché non si ha la certezza che i vaccini attualmente in circolazione siano effettivamente in grado di offrire una reale protezione contro questa mutazione del virus.
La variante indiana, anche conosciuta come variante Delta, ora inizia a preoccupare anche gli altri Paesi dell’Europa. Tornano alla mente le parole di un noto virologo italiano che interpellato sulla capacità dei vaccini in circolazione di proteggere dal virus rispose che contro alcune varianti il siero “funzionicchia”.
Insomma si brancola nel buio, ma nonostante questo si continua a somministrare un farmaco sperimentale con effetti nel lungo periodo completamente ignoti, ed effetti sul breve periodo che dovrebbero indurre i ‘vaccinandi’ quantomeno ad una seria valutazione dei rischi e dei benefici, peccato che per alcune categorie si è deciso, quantomeno in Italia, di imporre l’obbligatorietà.
Quali vaccini funzionano contro la variante indiana?
Il rischio è che a fronte dei rischi correlati alla somministrazione del vaccino si aggiunga anche l’incognita sulla sua efficacia nel caso in cui inizi a circolare una variante per la quale gli attuali sieri non offrono una protezione adeguata. Questo tra l’altro manderebbe in fumo tutti quei bei discorsi sul fare il vaccino per riavere la libertà.
Della questione variante indiana e vaccini si parla anche su Il Tempo, dove si legge che infatti la “variante indiana preoccupa l’Europa, con la Gran Bretagna che rinvia le tanto attese riaperture programmate”.
In Italia quindi un paio di domande qualcuno inizia a porsele, e qualche risposta inizia ad arrivare, per cominciare, da Roberto Burioni che via social ha diffuso uno studio scozzese pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet.
Nella ricerca viene approfondito l’aspetto dell’efficacia dei vaccini anti-Covid rispetto alla variante indiana (o variante Delta). Secondo lo studio siamo intorno al 79% se si tratta di vaccino Pfizer-Biontech, ma si scende al 60% con AstraZeneca. “Questa variante sembra più contagiosa e in grado di causare malattia più grave” ha commentato Burioni.
Una maggiore efficacia la dimostrerebbero i vaccini ad mRNA, mentre quelli a vettore virale come AstraZeneca e Johnson & Johnson offrono una copertura meno efficace. “Sappiamo questo” ha quindi spiegato Burioni “chi si è vaccinato con i vaccini mRNA quasi mai si infetta (quasi perché niente funziona al 100%) ma se si ammala 1) la malattia è quasi sempre lievissima, 2) il paziente è poco contagioso”. “Risultato: con questi vaccini si può chiudere la partita COVID” conclude il noto virologo nostrano.
Arriva la variante indiana e Londra frena sulle riaperture
Milioni di cittadini che decidono di sottoporsi alla sperimentazione del vaccino anti-Covid nella speranza che questo garantisca loro il tanto agognato ritorno alla normalità, e il sogno sembra crollare come un castello di carte per l’arrivo della variante indiana.
Il punto è, o almeno questo è il messaggio che stanno passando i vari media nazionali e non, che con la variante Delta non si ha lo stesso livello di protezione che i vaccini sono invece in grado di offrire per le altre varianti. Questo più o meno moderato calo dell’efficacia del vaccino nel contrastare la malattia sembra sia stato più che sufficiente per rivedere il programma delle riaperture in Regno Unito.
Doveva essere il 21 giugno il “Freedom Day” ma niente da fare, il sogno di tornare alla normalità appare quanto mai sfuggevole, una nuova variante e finisce in frantumi almeno fino al 19 luglio. Il giorno della libertà infatti è stato spostato di quasi un mese, ma con la possibilità che si decida alla fine di anticiparlo di un paio di settimane. Naturalmente non si può neppure escludere che slitti ulteriormente.
La strategia per arrivare prima possibile alla totale riapertura del Paese è ancora la stessa. Il premier britannico ha infatti annunciato in conferenza stampa che si dovrà imprimere una ulteriore accelerata al piano vaccinale.
Grazie allo slittamento della data si potranno vaccinare con due dosi un maggior numero di persone, e per accorciare ancora i tempi si è deciso che per gli over 40 tra la prima e la seconda dose di vaccino non dovranno passare 12 settimane ma solo 8.
“Non è il momento di accelerare” ha detto Boris Johnson riferendosi alle riaperture “essendo cauti ora abbiamo la possibilità di salvare molte migliaia di vite vaccinando milioni di persone”.
I nuovi casi di Covid-19 nel Regno Unito sono stati circa 7.000 al giorno negli ultimi sei giorni, e nel 90% dei casi si trattava di variante indiana. Secondo il Public Health of England la somministrazione di entrambe le dosi di vaccino Pfizer-Biontech immunizza al 96% contro l’ospedalizzazione, mentre con il vaccino Oxford-AstraZeneca si scende al 92%.
Questo contenuto non deve essere considerato un consiglio di investimento.
Non offriamo alcun tipo di consulenza finanziaria. L’articolo ha uno scopo soltanto informativo e alcuni contenuti sono Comunicati Stampa
scritti direttamente dai nostri Clienti.
I lettori sono tenuti pertanto a effettuare le proprie ricerche per verificare l’aggiornamento dei dati.
Questo sito NON è responsabile, direttamente o indirettamente, per qualsivoglia danno o perdita, reale o presunta,
causata dall'utilizzo di qualunque contenuto o servizio menzionato sul sito https://www.borsainside.com.