Era il 2 maggio, cioè 15 giorni fa, quando in piazza del Duomo e in altre zone decine di migliaia di tifosi dell’Inter sono scesi in strada per festeggiare la vittoria dello scudetto.
Un episodio che ha fatto storcere il naso a molte persone: a comuni cittadini che a testa bassa e con spirito di abnegazione rispettano tutti i giorni le misure di contenimento imposte, e ai ristoratori, costretti a rinunciare al diritto di lavorare, o nella migliore delle ipotesi a lavorare seguendo rigide linee guida che di certo non favoriscono gli incassi.
In piazza del Duomo il 2 maggio c’erano oltre 30 mila persone stando a quanto riportato dai media. Per la stragrande maggioranza erano giovani come era facile immaginare, molti senza mascherine protettive, e di certo nessuno si preoccupava di rispettare l’orwelliana misura del distanziamento sociale come si può osservare guardando le numerose immagini che circolano in rete.
In questo momento non ci interessa stabilire se la vittoria dell’Inter fosse una ragione valida oppure no per scendere in piazza, se sia stata una mancanza di rispetto nei confronti di chi invece rispetta le regole, o se invece abbiano fatto bene a comportarsi, una volta tanto, da liberi cittadini.
E non ci interessa constatare che per festeggiare la vittoria di una squadra di calcio ci sono state decine di migliaia di persone disposte a scendere in strada, mentre quando si tratta di protestare per difendere i propri diritti non si arriva mai ad una simile partecipazione.
Né vogliamo evidenziare il fatto che quando a scendere in strada sono lavoratori, ristoratori e commercianti le forze dell’ordine intervengono di solito reprimendo e disperdendo i manifestanti, mentre in piazza del Duomo la polizia ha fatto ben poco.
Lasciamo da parte tutte queste considerazioni e cerchiamo di guardare la realtà oggettiva dei fatti, cerchiamo di concentrarci a mente lucida su quello che è successo, ossia un maxi assembramento di oltre 30 mila persone, e sulle sue conseguenze. O meglio sul fatto che, numeri alla mano, di conseguenze sulla diffusione dei contagi non ce ne sono state.
Maxi assembramento a Milano, ecco le conseguenze 15 giorni dopo
Abbiamo detto che vogliamo concentrarci sui dati oggettivi, sui numeri, e così faremo. Il 2 maggio, vale a dire 15 giorni fa, in piazza del Duomo si sono riunite oltre 30 mila persone, spesso senza mascherina a senza rispettare alcun distanziamento sociale, per festeggiare la vittoria dell’Inter.
Stiamo parlando di 30 mila giovani, salvo qualche rara eccezione, come si può vedere anche dalle immagini che circolano in rete, il che significa che parliamo di soggetti non vaccinati per la stragrande maggioranza. L’età delle persone che sono scese in piazza il 2 maggio infatti non rientra nelle fasce già coperte dalle vaccinazioni.
I festeggiamenti vanno avanti per ore, fino alla fine della giornata, sia a piazza del Duomo che in altre zone della città. Parliamo quindi proprio di quei pericolosi assembramenti di cui tanto si parla, quelli che sarebbero assolutamente da evitare in quanto causa del diffondersi del virus.
Tutta la stampa italiana infatti evidenzia proprio questo dato lanciando l’allarme. La Repubblica: “Milano invasa dai tifosi per la festa scudetto dell’Inter: trentamila in centro saltano tutti i divieti”. Il Messaggero: “Milano, assembramenti per lo scudetto, in 30 mila in strada. Interrotta festa dopo coprifuoco: breve carica della polizia”. TgCom 24: “Milano, assembramenti per l’Inter, il prefetto: rischioso chiudere piazza Duomo”.
Il primo dato che abbiamo quindi è uno dei più massicci assembramenti degli ultimi mesi, in una fase in cui stiamo assistendo su tutto il territorio nazionale ad un calo del numero dei contagi attribuito agli effetti delle misure restrittive imposte dall’esecutivo tra le quali ricordiamo il tanto criticato coprifuoco alle 22, i servizi di ristorazione solo all’aperto, il divieto di assembramento, la mascherina all’aperto, palestre, piscine, teatri, cinema chiusi.
Il secondo dato che abbiamo è quello sull’andamento dei contagi in Lombardia negli ultimi 15 giorni. Il 3 maggio sono stati realizzati 15.287 tamponi, e sono emersi 637 nuovi casi positivi, per una percentuale di positivi per tamponi effettuati del 4,1%.
Per poter valutare eventuali conseguenze del maxi assembramenti di Milano però si deve attendere il tempo di incubazione del virus che, stando a quanto riportato sul sito ufficiale dell’Istituto Superiore di Sanità, varia in media tra i 2 e i 14 giorni.
Ed eccoci ad oggi, 17 maggio, coi dati del 14 maggio alla mano (quelli del 15 e 16 maggio non sono disponibili in quanto fine settimana, ma provvederemo a pubblicare i dati di oggi non appena saranno disponibili) per tirare le somme e per scoprire quali sono stati gli effetti del maxi assembramento di 30 mila tifosi in piazza del Duomo.
I dati di venerdì 14 maggio indicano che i tamponi effettuati sono stati in tutto 44.005 (contro i 15mila del 3 maggio) e il numero dei nuovi positivi è di 1.160 per un tasso di positività del 2,6%. Il trend di discesa del numero dei contagi continua senza che il maxi assembramento abbia prodtto alcun picco anomalo.
Anche i dati dei giorni precedenti mostrano un graduale continuo calo del numero dei nuovi casi. Riportiamo qui di seguito le percentuali di positivi per numero di tamponi di tutti i report ufficiali disponibili sul sito LombardiaNotizie.online.
- 3 maggio: 4,1%
- 4 maggio: 3,4%
- 5 maggio: 3,0%
- 6 maggio: 3,9%
- 7 maggio: 3,4%
- 10 maggio: 3,5%
- 11 maggio: 2,3%
- 12 maggio: 2,3%
- 13 maggio: 2,8%
- 14 maggio: 2,6%
Stando ai dati ufficiali quindi il maxi assembramento del 2 maggio non ha influito sul numero dei contagi. Invece di criticare la decisione dei tifosi dell’Inter di scendere in piazza per festeggiare, ritengo che la cosa più intelligente da fare sia prendere atto del fatto che l’assembramento in uno spazio aperto di oltre 30 mila persone spesso senza mascherina non produce alcun effetto sull’andamento del contagio.
E se 30 mila persone assembrate in piazza senza mascherina, dati alla mano, non incidono sull’andamento del contagio, qual è l’utilità, ai fini del contenimento del virus, dell’obbligo della mascherina anche all’aperto, del coprifuoco e del divieto di assembramento?
Per completare l’analisi dei dati, dal momento che qualcuno potrebbe anche obiettare che, se è vero che i contagi hanno continuato a diminuire nonostante il maxi assembramento, potrebbe anche essere vero che se quelle 30 mila persone invece di scendere in piazza fossero rimaste a casa, magari invece del 2,6% adesso avremmo un dato ancora migliore.
Un dubbio legittimo, per quanto ci sia da fare prima di tutto una considerazione, e cioè che se anche ci fossero state delle conseguenze sull’andamento dei contagi, non essendoci stata comunque una inversione del trend, che ha invece continuato ad essere quello di un calo dei positivi, evidentemente un maxi assembramento di 30 mila persone ce lo possiamo comunque permettere, figuriamoci l’abolizione del coprifuoco, del divieto di assembramento e della mascherina all’aperto.
Ma vediamo comunque di fare un confronto ad esempio con la vicina Regione del Piemonte, dove non vi è stato alcun maxi assembramento e dove il trend dei contagi è del tutto in linea con quello della Lombardia.
Sul sito RegionePiemonte.it troviamo i dati ufficiali che riguardano l’andamento del contagio dai quali si evince che
- 3 maggio: 343 nuovi casi, 11.438 tamponi effettuati (3%)
- 4 maggio: 3,0%
- 5 maggio: 4,7%
- 6 maggio: 4,1%
- 7 maggio: 3,3%
- 8 maggio: 2,7%
- 9 maggio: 5,0%
- 10 maggio: 2,5%
- 11 maggio: 2,7%
- 12 maggio: 4,0%
- 13 maggio: 3,2%
- 14 maggio: 595 nuovi casi, 25.018 tamponi effettuati (2,4%)
Alla luce dei fatti quindi non è possibile notare alcuna sostanziale differenza tra l’andamento dei contagi dove non vi è stato il tanto additato maxi assembramento per lo scudetto dell’Inter e dove invece i tifosi sono scesi in piazza ignorando le regole imposte dal governo.
Tra l’altro è sicuramente interessante notare che proprio a Milano e provincia siamo passati dai 306 nuovi casi del 3 maggio ai 298 del 14 maggio. Un calo molto lieve potrebbe notare qualcuno, ma in realtà il calo è stato ben più marcato se si considera che il dato del 14 maggio emerge a fronte di un numero di tamponi circa 3 volte superiore di quello del 3 del mese.
Alla luce di un dato così eloquente ci si dovrebbe domandare quindi se era proprio necessario tener chiusi bar, ristoranti, alberghi, cinema, teatri, campi di calcetto, impianti sciistici, palestre, piscine e le tantissime attività commerciali che alla fine hanno chiuso o rischiano di chiudere, nonostante in quei contesti fosse tra l’altro sempre o quasi sempre possibile garantire anche un certo rispetto delle distanze che invece non c’era durante i festeggiamenti in piazza del 2 maggio.
Il prezzo delle chiusure e delle limitazioni delle libertà individuali in Italia si misura prima di tutto sul danno economico prodotto. A partire dal primo trimestre 2020 in Italia sono stati persi circa 1 milione e mezzo di posti di lavoro, con oltre 300 mila aziende che hanno chiuso a causa del crollo dei consumi nel solo 2020, e altre decine di migliaia che rischiano di chiudere.
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