Se n’è parlato molto fin dall’inizio, di quel che stava succedendo in Svezia, un Paese che si è rifiutato di imporre il lockdown e che ha limitato al minimo indispensabile le altre restrizioni. In Svezia sono state introdotte delle misure di contenimento molto blande come sappiamo, sono stati vietati gli eventi con grande partecipazione di pubblico, e introdotti dei limiti quali il numero massimo di persone al tavolo nei locali.

Niente obbligo di mascherina, né negli spazi chiusi né tantomeno all’aperto, ma sì alla mera raccomandazione di rispettare la distanza di sicurezza. Insomma alcune regole sono state stabilite anche lì, ed anche in Svezia ad indicare una direzione al governo sono stati degli esperti del mondo scientifico, come in tutti i Paesi.

La Svezia senza lockdown e restrizioni un anno dopo: la tragedia preannunciata

Della situazione svedese si è parlato molto spesso, soprattutto in Italia dove i cittadini sopportano da oltre un anno pesanti limitazioni delle libertà individuali garantite dalla Costituzione nella speranza che questo possa ridurre drasticamente il rischio di contrarre il Covid-19, e quindi incida positivamente sul bilancio delle vittime.

Una politica, quella di imporre lockdown, nazionali prima e a macchia di leopardo poi, che ha avuto un caro prezzo e che ha precipitato il Paese in una condizione che definire disastrosa è un eufemismo. Nel giro di un anno abbiamo avuto un aumento esponenziale dei casi di depressione grave e dei suicidi, siamo passati da circa 4,6 milioni di persone in condizione di povertà assoluta a circa 5,6 milioni, e molto altro.

In Svezia invece hanno scelto una strada completamente diversa e ad un anno di distanza ne parla l’Huffington Post, ricordando che il Paese scandinavo “è uno dei Paesi che hanno scelto l’approccio meno restrittivo di fronte al Covid-19, cercando di salvaguardare l’economia e confidando nello spontaneo distanziamento sociale”.

Uno dei Paesi ma non l’unico, conferma anche l’Huffington Post. Ma com’è andato l’esperimento svedese? l’epidemiologo dell’Agenzia per la Salute pubblica svedese, Andres Tegnell, che è colui che ha indicato al governo la strada poi imboccata dal Paese, aveva detto dodici mesi fa: “giudicatemi tra un anno”, ed eccoci qua.

Nell’articolo dell’Huffington Post viene subito precisato che da quando il virus ha fatto la sua comparsa, in Svezia “il bilancio delle vittime rispetto alla popolazione è diventato tra i più alti d’Europa”.

In realtà ad essere precisi abbiamo prima la Rep. Ceca con 2.632 decessi per milione di abitanti, segue l’Ungheria (2.543), poi la Bulgaria (2.153), il Belgio (2.030), la Slovacchia (1.977), l’Italia (1.913), la Gran Bretagna (1.865), il Portogallo, la Spagna, la Polonia, la Francia e finalmente arriviamo alla Svezia con i suoi 1.352 decessi per milione di abitanti.

Abbiamo opportunamente evitato di menzionare tutti i Paesi con meno di 5 milioni di abitanti, altrimenti in cima alla classifica avremmo avuto San Marino che con 94 decessi in tutto, risulta avere una media di 2.791 decessi per milione di abitanti. E naturalmente abbiamo saltato i Paesi fuori dall’Europa come gli USA (1.738), il Brasile (1.694) e altri ancora che hanno un dato sui decessi decisamente peggiore di quello svedese.

Lockdown e conseguenze sull’economia, chiudere tutto ha un prezzo

A guardare i numeri ufficiali circa i decessi Covid risulta difficile cogliere la differenza tra un Paese europeo che adotta severe misure restrittive, e un Paese che non le adotta. Sembra che tutto sommato lockdown, chiusure delle attività e mascherine incidano ben poco sul numero dei decessi, visto che i Paesi che hanno scelto questa strada hanno numeri spesso molto peggiori di quelli che hanno scelto la direzione opposta.

Lockdown e chiusure delle attività incidono però, e in maniera tangibile, sulle condizioni economiche dei cittadini. In Svezia, stando a quanto riportato dall’Huffington Post “il Pil nazionale è diminuito di circa il 3%, meglio della media europea, ma simile al calo di altri Paesi nordici che hanno scelto le chiusure” ma a parte questo tutto nella norma.

Nessuna esplosione di povertà, nessuna impennata del rapporto debito/Pil come avvenuto in Italia dove in un anno siamo passati dal 134,6% al 155,6%, con una perdita di PIL dell’8,9%. Ma non dimentichiamo che non è il Pil che misura lo stato di benessere economico dei cittadini, e mentre in tutti i Paesi che hanno scelto la strada delle restrizioni sono sempre più numerosi i lavoratori disperati che scendono in Piazza, in Svezia tutto questo non succede.

L’immunità di gregge resta un miraggio?

In Svezia si contava di raggiungere in breve tempo la tanto agognata immunità di gregge, cosa che anche il primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson, aveva dichiarato inizialmente di voler fare, salvo poi allinearsi su un modello simile a quelli adottati dai grandi Paesi dell’Ue. Alla fine l’immunità di gregge in Svezia non è stata raggiunta, spiega infatti l’Huffington Post.

“Nell’aprile 2020 alcuni ricercatori dell’Università di Upssala, adattando un modello dell’Imperial College di Londra, avevano calcolato che, proseguendo con poche restrizioni, il 50% dei soggetti fragili svedesi si sarebbe infettato entro trenta giorni, provocando oltre 80 mila morti entro il mese di luglio” leggiamo sul noto quotidiano online.

Attualmente in Svezia si contano circa 13.000 decessi Covid, e secondo le previsioni di chi si aspettava il fallimento del modello svedese avrebbero dovuto essercene 80.000 circa 8 mesi fa. Niente immunità di gregge insomma, ma forse è più interessante notare come le previsioni indicavano uno scenario completamente diverso.

E tale dovrebbe essere, come minimo, la differenza tra un Paese che adotta lockdown e chiusure che distruggono l’intero tessuto socio-economico del Paese, e un Paese che sceglie la strada della Svezia, affinché si possa dire che il gioco vale la candela.

“Nonostante tutto il bilancio delle vittime non ha raggiunto tali livelli. Per quali motivi?” domanda l’Huffington Post che fornisce subito una risposta ‘scientifica’ citando un articolo apparso su The New Yorker firmato da Siddhartha Mukherjee che parla di un “mistero epidemiologico”, e prova poi ad elencare una serie di ipotesi che danno tanto la sensazione di una clamorosa arrampicata sugli specchi. 

Paese che vai misure restrittive anti-Covid che trovi

Per quanto possa sembrare strano a chi magari non ha avuto il tempo o la voglia di approfondire la questione, il Covid è stato gestito in modo diverso in ogni Paese del mondo, da quello che ha adottato le misure di contenimento più soft, come la Svezia ma non solo naturalmente, a quelli che hanno adottato lockdown e misure molto pesanti, come l’Argentina che ha il record del lockdown più lungo al mondo.

In ogni Paese misure diverse quindi. Ed ogni Paese ha stabilito misure diverse in base a pareri del mondo scientifico diversi. È bene avere molto chiaro che le scelte fatte in Italia non sono ‘quelle giuste’ perché abbiamo fatto quello che dicono gli scienziati, perché altrettanto è stato fatto anche negli altri Paesi, dove però sono stati presi in considerazione i pareri di esperti che dicevano evidentemente qualcosa di diverso. E in ogni caso spetta poi al legislatore il compito di adattare le indicazioni del mondo scientifico alla vita reale.

La decisione di ascoltare e seguire le indicazioni di determinati esperti invece che di altri, è una decisione che viene presa da chi amministra la cosa pubblica, cioè da politici, ed è la loro decisione politica a fare la differenza tra un Paese che finisce in lockdown e un Paese che invece conserva una vita complessivamente normale.

Il paradosso è costituito dal fatto che a decidere a quali esperti del mondo scientifico dare credito non sono persone esperte, ma comuni politici, come il nostro ministro della Salute Roberto Speranza per fare un esempio, che è un comune cittadino laureato in scienze politiche.

Questo a rigor di logica dovrebbe essere più che sufficiente a far cadere il falso paradigma secondo cui in Italia stiamo facendo ‘quello che dice la scienza’ mentre dove l’emergenza Coronavirus viene affrontata in modo diverso, magari con meno restrizioni, la scienza viene invece ignorata.

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